La Stampa - 18.09.2019

(Kiana) #1

LA STAMPA


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LA TIRATURA DI MARTEDÌ 17 SETTEMBRE 2019


È STATA DI 161.543 COPIE


L’


Amazzonia non è solo la testimonian-
za della straordinaria ricchezza della
natura e delle biodiversità, è un test
della capacità di affrontare un tema
di interesse planetario con il necessa-
rio rispetto delle sensibilità e della so-
vranità dei Paesi dell’area. Se a Biarritz la nuova
emergenza della deforestazione amazzonica, gra-
vida di implicazioni sul piano globale, è iscritta
all’ordine del giorno del G7, è lecito dubitare che il
metodo adottato sia corretto ed efficace. Dire una
cosa giusta nel modo sbagliato equivale spesso a di-
re una cosa sbagliata.
L’appello di Macron a una mobilitazione a favo-
re dell’Amazzonia ferita dagli incendi, per salva-
re «la nostra casa in fiamme», ha provocato scintil-
le soprattutto in Brasile, anch’esse incendiarie sul
terreno politico. Con la sua reazione, dura e scom-
posta, Bolsonaro ha rivendicato un diritto di auto-
determinazione sul suo territorio e respinto la
pretesa, alquanto infelice, di abbordare la que-
stione senza neanche interpellarlo. Oltre al Brasi-
le, la preservazione dell’Amazzonia riguarda gli
altri sette Paesi membri dell’Otca, l’Organizzazio-
ne del trattato di cooperazione amazzonica (Boli-
via, Colombia, Ecuador, Guyana, Suriname e Ve-
nezuela), pur in presenza di un interesse globale,
sulla spinta di una nuova, incoraggiante coscien-
za ambientale specie dei più giovani.
In Rondonia, nel nord-ovest del Brasile, il cielo
livido illustra la portata degli incendi in Amazzo-
nia meglio di parole e cifre. Niente di nuovo in
quella regione remota e violenta, da anni minac-
ciata nel suo equilibrio ecologico, dove aleggia il

ricordo di Chico Mendes, sindacalista e politico
ambientalista ucciso trentuno anni fa. Inedita è
però l’impennata della distruzione della foresta.
Nei primi otto mesi dell’anno sono bruciati 1700
chilometri quadrati, l’anno scorso 526. I governi
di Brasilia e dei vicini sono seriamente impegna-
ti nel contrasto degli incendi illegali, provocati
per conquistare nuove terre per le coltivazioni di
soia se non di coca? Se lo chiede anche il Papa.
Anziché condanne ex cathedra, servirebbero
confronti pragmatici, attenti alle suscettibilità di
chi si sente giudicato in casa propria. Nutrire pre-
occupazioni per il destino dell’ambiente compor-
ta esser pronti a contribuire senza paternalismi
alla sua tutela. Ad esempio nello scorso decen-
nio l’Italia ha già realizzato qualcosa di buono in
quell’area, con interventi di cooperazione mirati
d’intesa con le autorità locali (Amazonas sem fo-
go). Riprendere l’idea di un cammino condiviso
potrebbe stimolare nuovi programmi nazionali
ed europei, consapevoli anche di condiziona-
menti e resistenze, interessanti per tutti.
Nei prossimi giorni il presidente Conte sarà a
New York al vertice dell’Onu sul clima. A otto-
bre su iniziativa della Farnesina ospiteremo a
Roma la conferenza Italia-America latina, dedi-
cata alla crescita sostenibile. Per fine anno è in-
detta la Coop 25, per aggiornare gli impegni già
assunti. Tre appuntamenti di rilievo, in cui por-
tare esperienze e proposte italiane e declinare
anche sul piano internazionale la priorità che il
nuovo governo, in linea con l’Ue, assegna al
«new green deal». —
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TM


S


ebbene l’ex-premier e
ex-leader del Pd si sforzi in
pubblico di rassicurare tut-
ti, prometta che si occuperà
di giovani e di futuro, non ri-
vendichi poltrone, s’è capi-
to perfettamente cosa ha in testa.
Con una quarantina di parlamenta-
ri, di cui quindici senatori indispensa-
bili per avere una maggioranza al Se-
nato, Renzi non ha alcun bisogno di
chiedere nulla a nessuno. Deve solo
aspettare che lo chiamino, lo consulti-
no, lo accarezzino, e gli chiedano il per-
messo per fare qualsiasi cosa.
Il messaggio è rivolto al Pd, nei con-
fronti del quale il senatore di Firenze di-
chiara di non aver alcun rancore, ma
verso cui cova ancora il risentimento
per le umiliazioni subite dopo la sconfit-
ta al referendum del 2016 e il crollo suc-
cessivo nelle elezioni del 2018. Ma an-
che ai 5 stelle, e segnatamente a Di Ma-
io, con cui ha raccontato di aver parlato
per la prima volta al telefono due sere
fa, un disgelo tra vecchi avversari e da
oggi in poi uomini destinati a capirsi.
Non sarà neppure necessario che
Renzi rivendichi una sedia al tavolo
della nuova maggioranza giallo-rossa
dove finora erano seduti il capo politi-
co pentastellato e il segretario del Pd.
Avendo in odio le liturgie tradizionali,
i vertici, le correnti, le verifiche e ciò
contro cui, in tempi che sembrano più
lontani di quanto dica il calendario, si
era battuto nell’epoca della rottama-
zione, cercherà in ogni modo di starne
lontano. Farà il prezioso, aspetterà
che il governo decida se davvero è ve-
nuto il momento di tornare al sistema
proporzionale, in funzione anti-Salvi-

ni, e poi calerà le sue carte. Perché il
proporzionale è il luogo della partito-
crazia, in cui i due schieramenti di cen-
trodestra e centrosinistra dominatori,
seppure con qualche acciacco, dell’ulti-
mo quarto di secolo, saranno destinati
a sparire e si avvierà una completa
scomposizione del quadro attuale.
Si vedrà allora se i quaranta di Ren-
zi sono destinati a crescere, allargan-
do i confini di «Italia viva» a destra ol-
tre che a sinistra, e soprattutto se nel
frattempo il leader che alle Europee
di cinque anni fa era riuscito a portare
il Pd al quasi 41 per cento avrà ricon-
quistato credibilità tra gli elettori,
che adesso nei sondaggi lo collocano
a fondo classifica. Se insomma, defini-
tivamente stanchi del panorama poli-
tico dominato da pulsioni radicali, in-
sulti, minacce e da un’obiettiva inca-
pacità a governare il Paese, gli italia-
ni, o quella parte di loro fondamental-
mente democristiana nell’animo, al
di là di tutte le disillusioni degli ultimi
anni, sceglieranno di rivolgersi di
nuovo al centro e puntare su un’area
moderata. Al momento, va detto, è
una scommessa. E non è affatto detto
che sia una soluzione, e che Renzi pos-
sa incarnarla fino in fondo.
Nel frattempo, con quei 15 senatori
che hanno scelto di seguirlo, e con i 25
deputati (in realtà anche di più, dal
momento che tanti sono in bilico e i bi-
glietti di ingresso nel nuovo partito
non sono ancora disponibili), Renzi
potrà divertirsi a tenere il governo sul
filo. Non è bello, non è giusto, dopo
aver contribuito a costruirlo ad ago-
sto, non è neppure una gran prospetti-
va. Ma in politica, si sa: la vendetta è
un piatto che si mangia freddo. —
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L


a gente si interessa sempre di più al-
le nostre gare perché si è alzato il li-
vello dello spettacolo. È questo il
volano dello sport paralimpico.
Ma attenzione, dobbiamo proteg-
gere il nostro mondo dal doping.
Lottare per difenderlo e chissà che in un doma-
ni non si riesca a trascinare anche lo sport dei
normodotati. Purtroppo gli atleti sono a ri-
schio, perché sono vulnerabili. Io ho 52 anni e
mi sfinisco di allenamenti e fatica per passione
ma certi meccanismi perversi possono far leva
su ragazzi più giovani e fragili.
Non so fino a quando farò l’atleta, di certo non
posso continuare a lungo. E so anche di sicuro
che non diventerò un manager: ora sono in te-
sta al ranking mondiale. e vivo il mio sogno, la
mia passione profonda, ma l’orizzonte di tutti
noi atleti sono le Olimpiadi di Tokyo 2020.
Le gare mi divertono tantissimo ma la parte
che mi piace di più durante la competizione è
l’inizio. Perché sei lì solo con te stesso e stai per
intraprendere un viaggio pieno di incognite e
difficoltà e le devi superare. Un esempio? Ai
Mondiali di ciclismo siamo andati benissimo,
così come in quelli di nuoto. Abbiamo vinto 59

medaglie con 26 ori, 20 argenti e 13 bronzi.
Siamo nel gotha dello sport paralimpico. E
dobbiamo ringraziare personaggi come Bebe
Vio, Annalisa Minetti o Simone Barlaam se la
percezione della società nei nostri confronti è
cambiata. Sono tanti i ragazzi e le ragazze che
si stanno facendo largo. Ed è grazie alle loro fa-
tiche, che toccano le corde più profonde di chi
ci segue, se l’Italia oggi ha un posto importan-
te nel gotha di queste discipline.
Quando incontro i giovani nelle scuole spie-
go loro che è importante essere curiosi e guar-
darsi attorno per imparare a scegliere dove an-
dare. Io sono figlio di un idraulico e di una casa-
linga ma i miei genitori mi hanno sempre dato
fiducia e lasciato fare. Mio papà mi diceva “ri-
cordati che se ogni giorno fai un passo prima o
poi le cose accadono”. Così cerco di far capire
loro che se ti metti al lavoro prima o poi i risul-
tati e le occasioni arrivano. All’Italia dello
sport paralimpico è successo proprio così. Il la-
voro di tutto il movimento è stato ripagato,
ora noi azzurri siamo sul tetto del mondo e il
nostro esempio è importante per tutti. A parti-
re dalla lotta al doping. —
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PROTEGGIAMO LO SPORT DAL DOPING


ALEX ZANARDI


LI


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PER SALVARE L’AMAZZONIA


BISOGNA COINVOLGERE IL SUDAMERICA


MICHELE VALENSISE


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Illustrazione
di Camilla Zaza

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MERCOLEDÌ 18 SETTEMBRE 2019LA STAMPA 23

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