La Stampa - 18.09.2019

(Kiana) #1

1


CARLOS ZANÓN


C


apire dove si trovi
ora e quali strade
percorrerà ciò cui
ci riferiamo con th-
riller (noir o giallo)
è un'impresa tanto
difficile, quanto è vasto lo spa-
zio che attualmente questo ge-
nere occupa. Se lo riducessi-
mo al cliché di genere popola-
re, violento, urbano, fatto di li-
bri di intrattenimento da legge-
re d’un fiato in un fine settima-
na, sarebbe di gran lunga più
semplice. Ma quello non è più
il noir. O, per meglio dire, è
una corrente che pur esisten-
do non rappresenta più di una
singola provincia della nazio-
ne sconfinata che chiamiamo
romanzo giallo.
Il noir, da ormai molto tem-
po, è un genere letterario intri-
so di talento. Non è una ten-
denza, una moda o un modo di
raccontare una trama, ma è
certamente la modalità più vo-
race e duttile fra tutte in parte
perchè estranea a problemi di
identità o nobiltà. Non ha biso-
gno di rendere conto a padri
fondatori, accademici o puri-
sti. È un genere invasore, onni-
voro e insaziabile che irrompe
incessantemente negli altri –
fantasy, romantico,costumbri-
sta, storico, fantascientifico,
fantapolitico, di viaggio, liri-
co, psicologico, femminista o
gotico – per fare incetta di qua-
lunque elemento necessario al-
la sua sopravvivenza.
Il thriller è il qui e adesso.
Guarda Netflix, legge Thomas
Pynchon e sfoglia una rivista
nella sala d’attesa del dentista.
Ascolta Beethoven, e accompa-
gna Rosalía tra le borgate o
quando si scatena in un trap
nella banlieu parigina. Si infi-
la nel cassetto delle posate in

cucina e nello zaino che ti cari-
chi sulle spalle per sapere co-
me uccide Jo Nesbø a Oslo. Og-
gi il noir raggiunge e fagocita
tutto, è la corrente portante,
sono le orde di turisti che inva-
dono Roma, Firenze o Barcel-
lona in agosto. Il romanzo gial-
lo non pensa, nemmeno per
un istante a fare prigionieri.
Anche se l’editoria non sa co-
me ammetterlo, il vampiro pre-
senta qualche sintomo di ane-
mia, di collasso e affaticamen-
to per come affronta non solo
la sua cifra distintiva per eccel-
lenza ovvero il poliziesco, ma
anche per come approccia il

territorio del Male, la mente
dell’assassino e della vittima o
l’ingiustizia delinquenziale si-
stemica, gli sfrattati delle no-
stre società.
Le case editrici quando fan-
no una scoperta che incontra il
gusto del pubblico, tendono a
rimpinzarlo, proponendo lo
stesso prodotto in confezioni
diverse. Ormai ne abbiamo ab-
bastanza di psicopatici, folli as-
sassini dalla straordinaria in-
telligenza e di delitti strava-
ganti. Abbastanza di poliziotti
tormentati e donne che hanno
perso la memoria insieme all’o-
rientamento nel bosco. Tutto
il processo si reinventa di fron-
te alle nuove piattaforme tele-
visive e, senza tanti pregiudi-
zi, ha fatto ricorso al thriller an-
fetaminico o al True Crime tra-
sformatosi in genere seconda-
rio, che oggi conosce un perio-
do fortunato.
D’altro canto è probabile
che si stia aprendo una nuova
finestra per il romanzo giallo
dalle declinazioni più sociali,
al pari del nuovo cinema co-
me abbiamo visto all’ultima
Mostra di Venezia e ciò, a mio
modo di vedere, è un’ottima
notizia. Un primo sintomo di
questo corso, probabilmente
suscitato dall’impatto della
globalizzazione capitalistica,
è stato un ritorno a un certo lo-
calismo sia nelle trame che nel-
la scelta di protagonisti e pae-
saggi. Come se ci sentissimo
più sicuri rifugiandoci nel vec-
chio album delle foto di Mai-
gret mentre fuori infuria l’ura-
gano provocato da Larsson e i
suoi hacker. In Spagna siamo

rimasti ancorati lí. La parte al-
ta della classifica dei libri più
venduti ci restituisce autori e
spesso trame che si dipanano
nelle loro stesse città (Domin-
go Villar, Dolores Redon-
do...). Certo ci resta sempre la
possibilità di un tentativo di
evasione. Quando iniziano a
ruggire i venti involutivi e l’i-
deale di un’Europa unita si in-
crina, esposti al demone della
globalizzazione, possiamo
contare sulla resurrezione di
un sottogenere già dichiarato
morto e sepolto: il romanzo di
spionaggio di scrittori di quali-
tà come Mick Herron, Charles
Cumming o Daniel Silva. O su
bravi autori in grado di far con-
volare Storia e Giallo (James
Ellroy, il romanzo postumo di
Phillip Kerr...)Il noir continua
a funzionare benone come gui-
da di viaggio, il che comporta
un certo manierismo nell’auto-
re consapevole di ciò, che scri-
ve un romanzo e un itinerario
guidato al contempo.
Che nostalgia di quegli auto-
ri che reinventavano la geogra-
fia e non andavano a controlla-
re se una certa via girava a de-

stra o a sinistra o se il 7 febbra-
io del 43 a Londra pioveva o
brillava il sole (anche se con
ogni probabilità pioveva).
Dennis Lehane, Elmer Mendo-
za, Don Winslow o Antonio
Manzini continueranno ad
avere i loro lettori così come
Massimo Carlotto, Giménez
Bartlett, Claudia Piñeiro o
Fred Vargas, autori dotati di
personalità sufficiente per
creare un marchio e un territo-
rio. Alla sempiterna domanda
sul destino del romanzo, John
Banville/Benjamin Black ha ri-
sposto con ottimismo, a patto
che – però aggiunge - le donne
continuino a leggere. Afferma-
zione indiscutibile. La maggio-
ranza femminile che costitui-
sce il pubblico lettore ha sanci-
to la trasformazione in rosa
del mondo dell’editoria, favo-
rendo il moltiplicarsi di figure
femminili dietro le quinte del
libro che si è popolato di scrit-
trici, la maggior parte delle
quali si sono tolte alla prima oc-
casione utile le etichette di Da-
me del Crimine e altre scioc-
chezze simili.
Nel mio Paese il marketing
scandinavo del «Femicrime»
non ha funzionato mentre ha
dato ottimi risultati il cosiddet-
to «noir domestico», ragione
per cui persino un Premio Gon-
court come quello di Leila Sli-
mani è stato considerato co-
me una ramificazione del ge-
nere noir. Uno sguardo diver-
so, più paranoide, arrivato per
cambiare la prospettiva, i fan-
tasmi delle stanze, che viene a
rivendicare a ragione un di-
scorso inclusivo della parte
femminile. Un sottogenere
che sembra volerci dire che il
Male si chiude dentro casa in-
sieme a noi, non resta fuori e
lì, dietro la porta nessun poli-
ziotto verrà a salvarci. —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

Tommaso Paradiso: i Thegiornalisti non esistono più


MASOLINO D’AMICO


L


a televisione ingle-
se ha sempre ado-
rato le serie in co-
stume ambientate
nella nazione
quando questa si
accingeva a diventare un
impero. Soprattutto, non è
mai sembrata saziarsi delle
riduzioni dei romanzi di
epoca napoleonica della
prediletta Jane Austen -
«Ragione e sentimento»
(tre serie, 1971, 1981,
2008), «Orgoglio e pregiu-

dizio» (tre serie, 1980,
1995 - quella famigerata e
stracitata con Colin Firth -,
2014, «Northanger Abbey»
(due serie, 1985, 2002),
«Mansfield Park (1983).
Con il tempo il gusto per
queste storie di rigidi costu-
mi del passato e di abissi so-
ciali tra le classi si diffuse nel
resto del mondo, a partire
probabilmente dal grande
successo dell’insuperato
film di Robert Altman «Go-
sford Park» (2001), ambien-
tato in una grande magione

di campagna ancora gestita,
negli anni 1930, come un se-
colo prima: successo subito
replicato e sublimato sul pic-
colo schermo dalla fonda-
mentale serie «Downton Ab-
bey» (2010-2016), ad opera
dello stesso scrittore, l’ari-
stocratico Julian Fellowes,
uno che può vantare una di-
retta conoscenza di quel
mondo e dei suoi epigoni.
Rispetto alle precedenti
serie in costume ottocente-
sco o protonovecentesco,
«Gosford Park» introdusse
una novità della quale in se-
guito non si poté più fare a
meno. Novità relativa, be-
ninteso - in arte non si in-
venta mai nulla -, anticipa-

ta in particolare da una se-
rie del 1971-75, poi rifatta
nel 2010-12: «Upstairs Do-
wnstairs», commedia socia-
le che seguiva parallela-
mente le vicende dei padro-
ni aristocratici ai piani nobi-
li e quelle della servitù nel
seminterrato. Tutti ricorda-
no come questo conflit-
to/convivenza fu genial-
mente esposto in «Gosford
Park», dove i domestici era-
no interpretati da attori co-
me Allan Bates e Derek Ja-
cobi, non meno importanti
di quelli che facevano i si-
gnori. La saga di «Downton
Abbey» sviluppò golosa-
mente questo contrasto.
A tali precedenti si rifà og-

gi anche una serie ormai
giunta alla terza annata,
«Victoria», non su tutto il
lungo regno della grande so-
vrana ma per ora solo sui pri-
mi decenni di questo. A diffe-
renza delle popolarissime
serie suelencate, questa non
si basa su personaggi di in-
venzione, ma fa parlare la
Storia, e per questo il suo
principale punto di riferi-
mento sarà piuttosto la me-
gaserie «The Crown», che
Netflix sta dedicando, con
passo lento e accurato ed
enorme dispendio di mezzi,
all’altrettanto se non ancora
più lungo regno della regina
Elisabetta tuttora in carica.
Ma per quanto riguarda la

confezione - costumi molto
curati, ambienti veri o vero-
simili, attenzione al lato pit-
toresco di un’epoca ripropo-
sta realisticamente, accento
su certe magari stravaganti
usanze inglesi che tutto il
mondo adora - questo «Vic-
toria» punta certamente al
pubblico che, affascinato da
«Downton Abbey», ne acco-
glie avidamente le imitazio-
ni. Donde il tentativo, pro-
prio su quell’esempio, di se-
guire le vicende di due classi
sociali incompatibili, chi sta
in alto e chi sta in basso. Qui
però il gioco riesce meno: co-
me si fa a proporre figure di
popolani sconosciuti che ri-
sultino non meno interes-

santi di autentici sovrani,
duchi e primi ministri? Nel-
le prime due serie Vittoria e
Alberto giovani sposi affron-
tavano i problemi di ogni
coppia inesperta, e identifi-
carsi con loro era facile,
mentre i «commoners» evo-
cati passavano senza lascia-
re tracce.
Questa situazione si ripe-
te anche adesso, nella terza
serie (è in onda in prima tv
ogni venerdì su laF – Sky

135). E’ il ‘48, l’anno delle ri-
voluzioni in mezza Europa e
alla coppia regale capita ino-
pinatamente a chiedere
ospitalità il collega Luigi Fi-
lippo, spodestato e cacciato
dalla Francia, proprio quan-
do di propria iniziativa l’al-
tezzoso, ambizioso, prepo-
tente Lord Palmerston, mini-
stro degli esteri, ha salutato
l’abbattimento di un tiran-

no. Amico dei fermenti re-
pubblicani all’estero, que-
sto Palmerston è però rea-
zionario in patria; per fortu-
na Vittoria si impone per im-
pedirgli di schiacciare il mo-
vimento dei cartisti, che
chiedono il diritto di voto...
L’autrice Daisy Goodwin af-
ferma di essersi molto docu-
mentata, ma naturalmente
le sue agili scenette semplifi-
cano didascalicamente. In
ogni caso, risultano ben più
avvincenti e meno prevedi-
bili di quelle del tutto inven-
tate. Per esempio, della rica-
matrice (figlia addirittura
di Ned Ludd! se ho sentito
bene) che introdotta a palaz-
zo per la sua destrezza con
l’ago apre gli occhi della regi-
na sulla condizione dei suoi
sudditi meno abbienti.
Quanto alla regina stessa,
che ha già messo al mondo
cinque marmocchi e ora ne
produce un sesto, Jenna Co-
leman, con i suoi 157 cm so-
lo di poco più alta dell’origi-
nale, è convincentemente
graziosa, desiderosa di im-
parare, e adeguatamente
provvista di aura. —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

A Pordenone

Domenica la lectio

dell’erede

di Montalbán

3


BBC


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LO SCRITTORE CATALANO CHE HA “RESUSCITATO” PEPE CARVALHO


Giallo senza confini

Una volta era un genere

ora è tutta la letteratura

FOTOSEDE


Alla fine è accaduto. Tommaso Paradiso ha scelto di sciogliere la band
(con Marco Primavera e Marco Antonio Musella) affidandosi a Instagram.
«Tra qualche giorno uscirà una nuova canzone - scrive -Non uscirà come
Thegiornalisti ma come Tommaso Paradiso. D'ora in poi tutto ciò che scri-
verò e canterò lo firmerò io». E ancora: «Inutile raccontare le dinamiche. I
problemi ce li teniamo per noi. Per me i Thegiornalisti non esistono più».

Il noir raggiunge

e fagocita tutto
Il thriller
non fa prigionieri

2


AP


123RF


PORDENONELEGGE, ANTEPRIMA DELLA SERIE TV IN ONDA SU LA F DELL’AUTRICE DAISY GOODWIN


Dio salvi la Regina (e il suo format)

Da “Victoria” alla Austen, la tv sogna in costume


Carlos Zanón è lo scrittore
catalano che ha ridato vita al
personaggio del detective
Pepe Carvalho, a 15 anni dal-
la morte del suo autore, Ma-
nuel Vázquez Montalbán.
Carvalho. Problemi di identi-
tà è il titolo del suo libro
(pubblicato in Italia da Sem)
e anche dell’intervento che
terrà domenica a Pordenone-
legge (ore 12, Palazzo Mon-
tereale Mantica, con Luca
D’Andrea), che anticipiamo
in questa pagina. La 20ª edi-
zione di Pordenonelegge si
apre oggi alle 18,30 con lo
scrittore spagnolo Javier
Cercas che racconterà i libri
che ha amato, e proseguirà fi-
no a domenica con oltre 600
protagonisti. Alla scrittrice
premio Nobel Svetlana Ale-
sievič sarà consegnato il pre-
mio Crédit Agricole FriulA-
dria «La storia in un roman-
zo». Per informazioni
http://www.pordenonelegge.it

La chiave è quella di
seguire parallelamente

le vicende di nobili e


servitù


TM


TEMPI


MODERNI


CULTURA, SOCIETÀ


E SPETTACOLI


Una tendenza

sospinta dalla
crescente importanza

delle lettrici

Rutelli: Videocittà torna a illuminare Roma

Video talk e video art, mostre immersive (Claude Monet - Van Gogh), show
come quello di Alex Braga con Boosta dei Subsonica, eventi visivi come So-
lid Light, eventi di videomapping come il gioco di luci sul Palazzo dell'Eni
all'Eur. Tutto questo è Videocittà, il Festival della Visione ideato da France-
sco Rutelli, presidente dell'Anica, al via il 20: «Il nostro obiettivo è far dialo-
gare il cinema e le altre realtà trasformative dell'immagine in movimento»

A Ligabue il Premio Pierangelo Bertoli 2019

Va a Luciano Ligabue l'edizione 2019 del Premio Pierangelo
Bertoli dedicato al cantautore di Sassuolo scomparso 17 anni
fa. Il riconoscimento - per artisti che abbiano inciso e pubblica-
to, nella loro carriera, più di quindici album - sarà consegnato il
18 ottobre al teatro Storchi di Modena. Premiati anche la Pfm,
Raphael Gualazzi ed Enrico Nigiotti.


  1. Jemma Coleman in «Victoria»: venerdì a PORDENONELEGGE una serata dedicata al royal drama con la proiezione dei primi due episodi della
    terza serie, stagione che è in onda in prima tv ogni venerdì su laF. 2. «Downton Abbey». 3. Colin Firth in «Orgoglio e Pregiudizio». 4. «The Crown»


I «royal drama» britannici sono una garanzia di successo
dalle riduzioni dei classici come «Orgoglio e pregiudizio»
alla fondamentale «Downton Abbey» di Julian Fellowes
Fino a «The Crown» che Netflix dedica a Elisabetta

MERCOLEDÌ 18 SETTEMBRE 2019 LASTAMPA 25


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