Il Sole 24 Ore - 01.09.2019

(Jacob Rumans) #1

Il Sole 24 Ore Domenica 1 Settembre 2019 13


Visioni di frontiera nòva


Controproducente che l’Europa rincorra Usa e Cina sul loro terreno: conviene puntare


su soluzioni più sociali e attente alla persona. Per questo l’Italia ha carte da giocare


Principi d’intelligenza artificiale umana


UNA POLICY PER L’AI


Alla ricerca di una strategia


Dino Pedreschi

L


e proposte per una strate-
gia italiana per l’intelligen-
za artificiale elaborate dal
gruppo di esperti del Mini-
stero per lo Sviluppo eco-
nomico e aperte alla con-
sultazione pubblica sono un’ottima
occasione per riparlare di Ai e del suo
impatto trasformativo sulla società.
Anche se con il termine Ai si intende
un ecosistema di modelli e tecnologie
per la percezione, il ragionamento,
l’interazione e l’apprendimento, il
prepotente ritorno alla ribalta negli
ultimi anni è legato soprattutto a que-
st’ultimo aspetto, il machine learning,
grazie all’emergere dei Big data. Il mix
è esplosivo: i dati raggiungono la
massa critica di esempi da cui appren-
dere, gli algoritmi scoprono modelli
predittivi e pattern nascosti nei dati, le
architetture ad alte prestazioni rie-
scono a sopperire con le risorse di cal-
colo e di memorizzazione necessarie.
In questo quadro si evidenzia tutta
la forza e la debolezza della situazione
attuale. Da un lato cresce la capacità
dei modelli di deep learning di genera-
lizzare da dati di allenamento sempre
più grandi e di maggiore qualità, e
questo spiega gli straordinari pro-
gressi nel riconoscimento di immagi-
ni e nella visione robotica, nella com-
prensione del testo e del parlato, nella
traduzione automatica, nella diagno-
si medica, nella valutazione del ri-
schio, nella manutenzione predittiva.
Dall’altro lato, cresce il divario con gli
altri aspetti dell’Ai, in particolare il ra-
gionamento e l’interazione persona-
macchina, aspetti centrali per uno svi-
luppo umano, etico, antropocentrico
dell’Ai che giustamente l’approccio
europeo enfatizza, e che il documento
del Mise riprende. L’obiettivo a cui
tendere è una Human Ai rivolta al be-
neficio della persona umana sia a li-
vello individuale che sociale, sistemi
che incorporano i valori etici europei
by-design, che sono in grado di com-
prendere e adattarsi agli ambienti re-
ali, interagire in situazioni sociali
complesse, ed espandere le capacità
umane, in particolare a livello cogniti-
vo. È questa la frontiera su cui Europa
e Italia possono meglio eccellere, non
rincorrendo Stati Uniti e Cina sulla
strada della potenza “muscolare” e
dell’innovazione irresponsabile.
Ma c’è ancora molto da fare e da in-
ventare su questa strada: la comunità
scientifica è consapevole delle sfide e

si sta organizzando a livello trans-na-
zionale e trans-disciplinare. I proble-
mi aperti sono numerosi e difficili. Ad
esempio, cresce l’opacità e la natura
di black box dei modelli di Ai, insieme
con il rischio di creare sistemi esposti
ai bias nei dati di allenamento, siste-
mi che nemmeno gli esperti riescono
a comprendere. Mancano strumenti
per consentire agli sviluppatori di Ai
di certificare l’affidabilità dei loro
modelli. Per disegnare sistemi Ai che
conversano con gli umani per aiutarli
a migliorare la qualità delle loro deci-
sioni. Per passare dall’ottimizzazione
delle decisioni individuali all’ottimiz-
zazione dell’effetto aggregato. Per
comprendere gli effetti di rete e ar-
monizzare gli obiettivi individuali
con quelli collettivi, ed evitare che una
folla di individui singolarmente intel-
ligenti sia, collettivamente, stupida
(gli esempi abbondano, dal traffico,
alla finanza, alla formazione delle
opinioni online). Per misurare, pre-
vedere e preservare la sostenibilità e
la resilienza dei sistemi (tecno-)so-
ciali interconnessi che abitiamo. Per
disegnare nuove modalità di intera-
zione fra persone e macchine in modo
che le prime raggiungano livelli più
alti di consapevolezza e le seconde li-
velli più alti di apprendimento e di

comprensione del contesto e del ra-
gionamento umano. E infine per di-
segnare nuove modalità decentraliz-
zate e distribuite per la raccolta e la
gestione dei dati, l’energia che ali-
menta l’Ai, superando la fase attuale
di estrema centralizzazione da parte
di poche corporation monopoliste,
che stanno ostacolando la scienza
aperta, l’innovazione, la finalità al be-
ne comune e, con i loro mostruosi da-
ta center, la sostenibilità ambientale.
Per tutti questi motivi la strategia
per l’Ai deve svilupparsi su due piani
sinergici: da un lato è indispensabile
innovare, sperimentare e valutare a
tappeto l’applicazione dello stato del-

l’arte in Ai e data science in tutti i setto-
ri produttivi, scientifici e sociali, ma
non basta. Dall’altro lato occorre in-
tensificare gli sforzi di ricerca per af-
frontare i problemi aperti. È evidente
la necessità di un approccio multidi-
sciplinare, che faccia perno sulle ec-
cellenze in Ai nell’informatica accade-
mica e degli enti di ricerca per costrui-
re un’alleanza forte con le altre scien-
ze dure e con le scienze sociali, della
cognizione e dell’etica.
La comunità italiana della ricerca,
censita dal Laboratorio di Ai e Intelli-
gent systems del Cini, presenta punti
di eccellenza internazionale nei set-
tori chiave (data science, machine le-

arning, natural language processing,
vision, robotica, knowledge represen-
tation and reasoning, algoritmica ad
alte prestazioni), ma c’è un problema
di scala, di massa critica dei laborato-
ri di ricerca, di integrazione inter-di-
sciplinare. Per crescere, si deve impa-
rare dalle migliori esperienze euro-
pee, sviluppando una strategia na-
zionale in sintonia con queste,
adattandole. C’è bisogno di un pro-
getto finalizzato nazionale sull’Ai.
Negli anni ’ e ’, il progetto fina-
lizzato informatica creò e consolidò
la ricerca scientifica e l’innovazione
industriale in It nel nostro paese.
Oggi una iniziativa simile potreb-
be far fare un analogo salto alla ricer-
ca e all’innovazione in AI, consoli-
dandola come nuova disciplina. Si
potrebbe seguire l’esempio francese
e selezionare su base competitiva al-
cuni (pochi) hub nazionali da poten-
ziare, ecosistemi territoriali in grado
di integrare le risorse per tendere a
eccellere nella ricerca e nell’innova-
zione AI. A gennaio  in Francia
sono stati selezionati quattro hub fi-
nanziati con  milioni di euro cia-
scuno per cinque anni. L’idea è quella
di valorizzare e potenziare i migliori
ecosistemi che hanno già aree di ec-
cellenza ed esperienze di collabora-
zione inter-disciplinare e industriale,
piuttosto che far partire nuove realtà
da zero. Simile è l’idea finlandese del
Finnish Center for Ai. Un approccio
per certi aspetti analogo è quello del-
l’Alan Turing Institute britannico, un
laboratorio distribuito dei migliori
centri Gb di data science e Ai, con un
ufficio centrale leggero alla British
Library. Iniziative collaterali possono
essere un dottorato nazionale in Ai
-idea attualmente in gestazione sotto
il coordinamento del Cnr - e bandi
nazionali per la ricerca di base.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Scenari musicali.
Il robot Hellga
Torr impegnato in
un assolo alla
chitarra all’ultima
edizione della
Fiera di Hannover

Offensiva Ue.
SoBigData,
l’infrastruttura di
ricerca per Big
data e social
mining, è uno dei
progetti finanziati
dalla Ue in ambito
Ai. Ci sono anche
Humane-Ai, che
mira a integrare la
comunità
scientifica, AI4EU,
consorzio tra
industrie,
università e centri
di ricerca, oltre a
diversi progetti
Erc

FORMAZIONE

Tutte competenze


da creare (in fretta)


S


ul piano delle risorse umane
legate all’intelligenza artifi-
cale si dovrebbe seguire
l’esempio olandese e tedesco
e lanciare un piano straordinario di
reclutamento di professori e ricerca-
tori specializzati. Nel gruppo di lavoro
del Miur (di cui l’autore fa parte, ndr)
è stato convenuto di stimolare la for-
mazione interdisciplinare in data
science e Ai ai vari livelli degli studi
universitari, ma la scarsità di docenti
e ricercatori è un ostacolo enorme. In
Germania e Olanda questa lacuna è
emersa come prioritaria, e si stanno
lanciando numerosi bandi di selezio-
ne di professori e ricercatori focaliz-
zati su machine learning e data science.
La Francia bandirà centinaia di posti
da professore e migliaia di posti di
dottorato. Occorre darsi rapidamente
una mossa: l’emorragia di talenti, già
forte, verso i paesi più risoluti nell’in-
vestimento sulle risorse umane è de-
stinata ad acutizzarsi sempre più. Il
nostro sistema è in grado di generare
talenti e di esportarli con facilità e suc-
cesso, ma il flusso è quasi esclusiva-
mente in uscita. Persiste anche un
grande problema di gender balance: le
donne sono sotto-rappresentate nella
ricerca in Ai e questo non è solo un
problema per le donne, ma crea limiti
insormontabili nell’immaginare la
società e la tecnologia del futuro.
Esiste inoltre un grande problema
di educazione sulle opportunità e i li-

miti dell’Ai che raggiunga il grande
pubblico. Cos’è effettivamente? Che
impatto avrà sulla mia vita e sul mio
lavoro? Che impatto avrà sulla socie-
tà? A queste domande cerca di rispon-
dere un corso online, popolare e di al-
ta qualità, lanciato dal programma Ai
finlandese, Elements of Ai (https://
course.elementsofai.com/). Dovrem-
mo promuovere iniziative analoghe,
rivolte in primo luogo a studenti e in-
segnanti, ma in generale alla cittadi-
nanza, per sostenere un dibattito
pubblico più consapevole.
Gli sviluppi dell’Ai stanno facendo
emergere nuove industrie, trasfor-
mando tutte le altre e influenzando
quasi ogni aspetto della nostra vita,
con un potenziale denso di opportu-
nità e pericoli. A seconda della dire-
zione che prenderà, l’Ai potenzierà la
nostra capacità di fare scelte consape-
voli oppure ridurrà la nostra autono-
mia; espanderà l’esperienza umana
oppure la rimpiazzerà; creerà nuove
forme di attività oppure distruggerà
il lavoro; aiuterà a redistribuire risor-
se e benessere oppure aumenterà la
disuguaglianza; espanderà la demo-
crazia oppure la metterà in pericolo.
La strada giusta non sarà imboccata
per caso, ma solo grazie a uno sforzo
pubblico lucido e poderoso e una rin-
novata fiducia nel sistema della ricer-
ca scientifica e tecnologica.
—D.Pe.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

CROSSROADS

LA COMPLESSITÀ


CHE ESISTE PIÙ


NELLA PRATICA


CHE IN TEORIA


L


a teoria della complessità,
verrebbe da dire, è un argo-
mento difficile. Innanzitut-
to, perché la complessità
esiste molto più nella pratica che
nella teoria. In secondo luogo per-
ché implica un modo di pensare
aperto, lontano dalle banalizzazio-
ni, orientato a guardare al lungo
termine e alla profondità dei feno-
meni, oltre le apparenze lineari e
dentro le coevoluzioni meno ovvie.
Il che è più facile a dirsi che a farsi.
Un esempio? Consideriamo una
domanda apparentemente sem-
plice: la moltiplicazione delle foto-
grafie resa possibile dal digitale ha
conseguenze positive o negative?
Kate Eichhorn ne parla introdu-
cendo il suo bellissimo libro: “The
end of forgetting. Growing up with
social media” (Harvard University
Press, ). La possibilità di foto-
grafare senza limiti i bambini e i
giovani, di condividere le foto, di
connettere le persone a distanza
grazie alle immagini digitali di fa-
miliari e amici è stato un meravi-
glioso arricchimento. Ma ha anche
costruito una gabbia di memorie
che non scompaiono mai e che in
qualche misura mettono in discus-
sione il passaggio del tempo: «Si
può mai superare l’infanzia se la
sua immagine persiste indipen-
dentemente dalla volontà dei sog-
getti fotografati?» si domanda Ei-
chhorn. Come si è visto nella pluri-
decennale narrazione dello svilup-
po di internet, una tecnologia
ecosistemica non si comprende
senza consapevolezza della com-
plessità. Ma la banalizzazione è una
tentazione troppo forte. E questo
spiega perché nell’analisi della rete
digitale le incomprensioni hanno
superato le conoscenze sostanziate
e solidamente convincenti per tutti.
Le incomprensioni logicamente si
sono annidate soprattutto nelle
culture estremiste: la convenzio-
nale banalizzazione dei molti che
hanno detto che internet “cambia
tutto” e lo scettico ostruzionismo di
chi ha visto nella tecnologia più le
conseguenze negative sull’esisten-
te che le opportunità positive sulla
progettazione dell’avvenire. Ma
anche per chi coltiva atteggiamenti
meno estremi, la complessità na-
sconde conseguenze indirette che
emergono alla coscienza in ritardo
rispetto ai fatti. Le fotografie, ap-
punto, che molti ricominciano a
stampare e a conservare in album
cartacei per goderne in modo con-
sapevole del tempo che passa, oggi
sono entrate in un nuovo contesto:
sono diventate dati che alimentano
un’economia totalmente separata
dalle relazioni umane implicate da
quelle immagini e che si basa sullo
sviluppo di una tecnologia come
l’intelligenza artificiale. Che a sua
volta non si comprende senza un
approccio serenamente consape-
vole della complessità. Chiara Sot-
tocorona ne parla in un libro intito-
lato “A.I. Challenge. Amica o nemica?
Come l’intelligenza artificiale cam-
bia la nostra vita” (Hoepli ).
Sottocorona ha fatto ricerca sulla
tecnologia digitale fin dall’inizio
dell’esplosione di internet e non ha
mai cessato di studiare: questo la
rende una voce autentica e non
unilaterale. La sua ricostruzione
della vicenda dell’intelligenza arti-
ficiale porta il lettore attraverso le
sue dinamiche immediate, per ar-
rivare a porre le domande umana-
mente più rilevanti, dai diritti uma-
ni alla polarizzazione economica e
cognitiva. Se l’attualità è soprattut-
to americana e asiatica, la prospet-
tiva potrebbe essere prevalente-
mente europea. Purché a quelle do-
mande umanamente rilevanti si
dia l’importanza che meritano.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

di
Luca
De Biase

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