16 Venerdì 23 Agosto 2019 Il Sole 24 Ore
Commenti
DIRETTORE RESPONSABILE
Fabio Tamburini
VICEDIRETTORI:
Roberto Bernabò
(sviluppo digitale e multimediale)
Jean Marie Del Bo
Alberto Orioli
CAPOREDATTORE CENTRALE
Roberto Iotti
CAPO DELLA REDAZIONE ROMANA
Giorgio Santilli
UFFICIO CENTRALE
Fabio Carducci (vice Roma)
Balduino Ceppetelli,
Giuseppe Chiellino, Laura Di Pillo,
Mauro Meazza (segretario di redazione) ,
Federico Momoli, Marco Morino
LUNEDÌ
Marco Mariani
Franca Deponti (vice caporedattore)
UFFICIO GRAFICO CENTRALE
Adriano Attus (creative director)
Francesco Narracci (art director)
RESPONSABILI DI SETTORE
Marco Alfieri (Online)
Luca Benecchi (Economia & Imprese)
Luca De Biase (nòva.tech)
Maria Carla De Cesari (Norme & Tributi)
Marco Ferrando (Finanza & Mercati)
Attilio Geroni (Mondo)
Lello Naso (Rapporti)
Christian Martino (Plus)
Francesca Padula (.moda)
Stefano Salis (Commenti)
Alfredo Sessa (Domenica)
Giovanni Uggeri (.casa)
SOCIAL MEDIA EDITOR
Michela Finizio,
Marco lo Conte (coordinatore)
Vito Lops, Francesca Milano
Il responsabile del trattamento dei dati raccolti in banche dati di uso redazionale è il direttore responsabile a cui, presso il Servizio Cortesia, presso Progetto Lavoro, via Lario, - Milano, telefono ( o ) ., fax ( o ) ., ci si può rivolgere per i diritti previsti dal regolamento generale sulla Protezione dei Dati /. Manoscritti e fotografie, anche se non pubblicati, non si restituiscono. —
Modalità di abbonamento al quotidiano: Prezzo di copertina in Italia: , da lunedì a sabato, , per l’edizione della domenica. Prezzo Abbonamento Italia per mesi al quotidiano in versione cartacea: , in caso di consegna postale. L’Abbonamento alla versione cartacea non comprende i magazine “IL – Intelligence in Lifestyle” e “How to Spend It”. Sono disponibili altre formule di abbonamento all’indirizzo
http://www.ilsoleore.com/abbonamenti. Per l’abbonamento estero in Svizzera e Costa Azzurra, rivolgersi al Servizio Abbonamenti (tel. ... oppure servizio.abbonamenti@ ilsoleore.com). Per il resto del Mondo è disponibile solo l’abbonamento al quotidiano in versione digitale. Per sottoscrivere l'abbonamento è sufficiente inoltrare la richiesta via EMAIL all'indirizzo servizio.abbonamenti@ ilsoleore.com
oppure via FAX al N. ., oppure per POSTA a Il Sole ORE S.p.A. - Servizio Abbonamenti - Casella Postale - Milano, indicando: NOME / COGNOME / AZIENDA / VIA / NUMERO CIVICO / C.A.P. /LOCALITÀ / TELEFONO e FAX/EMAIL. — Servizio abbonamenti: Tel. ... (con operatore da lunedì a venerdì :-:) - Fax . - Email: servizio.abbonamenti@ilsoleore.com
— Servizio arretrati per i non abbonati: (Non disponibili le edizioni cartacee più vecchie di mesi dalla data odierna). Inoltrare richiesta via email all'indirizzo servizio.cortesia@ilsoleore.com oppure contattare telefonicamente il numero .. allegando la fotocopia della ricevuta di versamento sul c.c.p. intestato a Il Sole ORE S.p.A. oppure via fax al numero opp .. Il costo di una
copia arretrata è pari al doppio del prezzo di copertina del giorno richiesto. Non verranno rimborsate le istanze relative ad edizioni più vecchie di mesi dalla data odierna. — Stampatori: Il Sole ORE S.p.A., via Busto Arsizio, - Milano e via Tiburtina Valeria, Km , - Carsoli (AQ) - Stampa Quotidiana S.r.l. “Sassari” - zona industriale Predda Niedda, strada n. - Sassari (SS) - S.e.s. Società
Editrice Sud S.p.A., contrada Lecco s./n. - Rende (CS). — Distribuzione Italia: m-dis Distribuzione Media S.p.A., via Cazzaniga - Milano, Tel. . — Certificato Ads n. del .. — Registrazione Tribunale di Milano n del .. — La tiratura del Sole Ore di oggi, Agosto è stata di . copie
PROPRIETARIO ED EDITORE
Il Sole ORE S.p.A.
PRESIDENTE
Edoardo Garrone
VICE PRESIDENTE
Carlo Robiglio
AMMINISTRATORE DELEGATO
Giuseppe Cerbone
SEDE LEGALE - DIREZIONE E REDAZIONE
Via Monte Rosa, - Milano - Tel. . - Fax
AMMINISTRAZIONE
Via Monte Rosa, - Milano
REDAZIONE DI ROMA
P.zza dell’Indipendenza b/c - - Tel. . - Fax .
e-mail: letterealsole@ilsoleore.com
PUBBLICITÀ
Il Sole ORE S.p.A. – SYSTEM
DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE
Via Monte Rosa, - Milano - Tel. . - Fax .
e-mail: segreteriadirezionesystem@ilsoleore.com
© Copyright Il Sole ORE S.p.A.
Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo quotidiano può essere ripro-
dotta con mezzi grafici o meccanici quali la fotoriproduzione e la registrazione.
PREZZI
con “Gli Stangati” € , in più;
con “Con tanto affetto ti ammazzerò” € , in più;
con “Chi l’ha detto?” € , in più;
con “Segnali di fumo” € , in più;
con “Il Grande Gualino” € , in più;
con “Norme e Tributi” € , in più;
con “Aspenia” € , in più;
con “Processo Tributario Telematico” € , in più;
con “Decreto Sblocca Cantieri” € , in più;
con “How To Spend It” € , in più;
con “IL Maschile” , € , in più.
Prezzi di vendita all’estero : Monaco P. € (dal lunedì
al sabato), € , (la domenica), Svizzera S ,
LA CARTA DI BUSINESS ROUNDTABLE
MANCA LO STATO
NELLA SVOLTA ETICA
DI WALL STREET
«S
ono un capitalista, ma anch’io cre-
do che il capitalismo sia ammala-
to», lo dice Ray Dalio, capo di Brid-
gewater, uno degli hedge funds
americani di maggiore successo. È
dagli anni Trenta che non si senti-
vano giudizi tanto severi da parte di esponenti della finanza
statunitense.
Lunedì scorso, la Business Roundtable, che riunisce qua-
si tra i principali capi azienda statunitensi, ha diffuso
una dichiarazione dal titolo «Lo scopo dell’impresa» alla
quale hanno dato, insolitamente, grande rilievo i media in-
ternazionali e italiani, definendola rivoluzionaria. La ragio-
ne è semplice: nell’ultimo quarto di secolo la stessa Roundta-
ble ha sempre affermato che lo scopo dell’impresa era soddi-
sfare unicamente i propri azionisti, massimizzando il profit-
to. L’idea, sostenuta da buona parte della teoria economica,
era che attraverso la “creazione di valore” l’impresa svolges-
se il proprio unico compito sociale, quello di aumentare la
ricchezza, lasciando ad altri attori e istituzioni il compito di
distribuirla, purché in modo da non intralciarne la crescita.
La dichiarazione odierna è rivoluzionaria perché affer-
ma che la creazione di valore per gli azionisti non è più la
principale priorità dell’impresa la quale deve invece foca-
lizzare la propria attenzione sulla promozione di un’«eco-
nomia che serva tutti gli americani». Un mese fa, in vista del
G di Biarritz, anche Medef, la federazione degli imprendi-
tori francesi, aveva promosso un documento congiunto dei
rappresentanti delle imprese e dei lavoratori dei sette Paesi
affermando che «l’economia globale non può essere soste-
nibile se esclude dai benefici della crescita una larga parte
della popolazione».
Si tratta di idee che, in varie forme, sono intrinseche alla
cultura delle socialdemocrazie europee, dell’economia so-
ciale di mercato, della dottrina sociale della Chiesa cattolica.
La novità sta nel fatto che esse emergano oggi nel cuore
stesso del capitalismo organizzato.
John Maynard Keynes arrivò a definire il capitalismo
come «moralmente ripugnante». Eppure contribuì come
pochi altri al pensiero che salvò quello stesso capitalismo
dalla rovina degli anni Trenta. Non fu una contraddizione.
Il capitalismo è stato ed è il solo sistema in grado di fare
crescere rapidamente la produzione di beni e servizi, so-
prattutto stimolando l’invenzione, l’innovazione, il pro-
gresso tecnico. Lasciato a se stesso si è però dimostrato
incapace di diffondere equamente i benefici della crescita.
L’eredità degli anni e della guerra consistette nel creare
un capitalismo regolato e uno stato sociale che ambiva a
offrire a tutti i cittadini i benefici della pensione, dei sussi-
di alla disoccupazione, della sanità e dell’istruzione gra-
tuite. Keynes e William Beveridge, seppure entrambi non
ben compresi e infine traditi, ispirarono la rinascita del-
l’economia europea nei “trenta (anni) gloriosi” seguiti al
conflitto mondiale.
Oggi sembra che all’arroganza intellettuale del capitali-
smo statunitense, cresciuta soprattutto nei “ruggenti anni
” si sostituiscano, nel suo stesso cuore, dubbi sulla vitali-
tà e sostenibilità del sistema sinora conosciuto. In sé è una
buona notizia, anche se, per un giudizio informato biso-
gnerà attendere i dettagli che mancano nel documento del-
la Roundtable. Intanto possiamo chiederci perché queste
dichiarazioni non siano nate, come negli anni , nel mo-
mento più duro della crisi ma compaiano oggi, al culmine
di una delle più lunghe - e forse inclusive - fasi espansive
dell’economia statunitense. Non è stata la disoccupazione
di undici anni fa a ispirarle ma è stata la crescita del populi-
smo o magari il timore che le elezioni del consegnino
la Casa bianca a un Sanders o a una Warren.
Agli occhi di un osservatore europeo, ma l’ha notato per
primo l’ex segretario al Tesoro americano, Larry Summers,
colpisce nella dichiarazione della Roundtable l’assenza di
un importante stakeholder, lo Stato. Sembra quasi che le
imprese si sentano oggi tanto grandi e dotate di risorse
tanto abbondanti da ritenere di poter fare tutto da sole:
produzione e investimenti (profitti), promozione del be-
nessere dei lavoratori e delle comunità in cui operano, tute-
la del creato, auto-regolazione della qualità dei prodotti. Ma
è difficile pensare che queste azioni, pur necessarie e ben-
venute, possano essere socialmente sostenibili marginaliz-
zando o ignorando i poteri pubblici, eletti democratica-
mente e tenuti a rispondere agli elettori. Quanto sono con-
vinti gli autori della dichiarazione che lo Stato, un buono
Stato, capace di coordinare, regolare, sancire, tassare e
spendere sia indispensabile alla creazione della società in-
clusiva che le imprese vogliono ora promuovere? In attesa
di avere maggiori dettagli e di vedere come si comporteran-
no le grandi fortune americane nel finanziamento della
prossima campagna elettorale, sembra questa la principale
domanda che pone la promettente svolta annunciata da
quasi grandi imprese americane.
gtoniolo@luiss.it
© RIPRODUZIONE RISERVATA
di Gianni Toniolo
PERCHÉ SERVE UNA SUPER MANOVRA COME NEL ’
U
n governo “di transi-
zione” con il solo sco-
po di fare una legge di
bilancio per il
che consenta di evita-
re l’aumento dell’Iva e
finanziare le spese obbligatorie con
una manovra da miliardi di euro
(visto che miliardi servono solo
per non far aumentare l’Iva) sareb-
be un governo di corto respiro che
rinvierebbe alla prossima primave-
ra tutti i problemi. La crescita po-
trebbe passare dallo zero allo ,%
ma la nostra finanza pubblica ri-
marrebbe in condizioni fragili e
precarie, con in più le varie crisi che
si profilano sul piano internaziona-
le ed europeo.
Il vero rischio sarebbe allora
quello di spostare alla prossima pri-
mavera la fine della legislatura e il
ricorso a nuove elezioni politiche.
Pertanto, l’unica vera alternativa
alle elezioni a ottobre è quella di un
governo di legislatura.
Ma prima di parlare di chi lo vo-
terebbe in Parlamento, di chi lo for-
merebbe e di chi lo guiderebbe è as-
solutamente prioritario indicare
quale “programma” deve proporre
e realizzare il più rapidamente pos-
sibile a partire proprio dalla prossi-
ma legge di bilancio .
Ecco allora che si pone un pro-
blema di “quantità” e di “qualità”
della manovra.
Le manovre degli ultimi anni,
con in testa quella del governo Le-
ga-MS, sono state di “quantità”
minuscola e di “qualità” pessima.
È evidente infatti che con mano-
vre pari o sotto all’% del Pil non si
va da nessuna parte perché gli effet-
ti sulla crescita non possono che es-
sere modesti ed effimeri. È come
sperare di far correre un Tir con il
motore di un Fiat prendendo a
debito pochi litri di benzina.
Per di più la “qualità” è stata pes-
sima. Si è aumentata la spesa pub-
blica corrente, si sono aumentate le
tasse ai tartassati e si sono ridotti gli
investimenti pubblici.
Pertanto, se si vuole sul serio
spingere la crescita e l’occupazio-
ne in modo strutturale e perma-
nente occorre una “quantità” pari
a circa il -% del Pil, cioè -
miliardi di euro. Più o meno come
fece il governo Amato nel a
fronte di una gravissima crisi della
lira e il governo Prodi nel per
entrare nell’euro. Questa volta si
tratterebbe di non uscire dall’euro
ed evitare il baratro di un autole-
sionistico nazionalismo economi-
co, finanziario, valutario con con-
seguente isolamento europeo e in-
ternazionale. Si tratta cioè di ri-
mettere l’Italia al posto che le
compete in Europa, senza battere
i pugni, ma avendo le carte in rego-
la per proporre e partecipare pie-
namente ai passi in avanti verso
una integrazione “politica” euro-
pea. Certo, occorre anche chiama-
re l’Europa a una seria politica del-
l’immigrazione, nella consapevo-
lezza però che la vera emergenza
italiana non sono più le poche mi-
gliaia di disperati che cercano di
entrare, ma gli oltre centomila gio-
vani italiani che ogni anno escono
ed emigrano all’estero.
È evidente che una manovra di
queste dimensioni non può essere
fatta in deficit.
Annunciare tagli di tasse e au-
menti di spesa per miliardi senza
indicare dove si prendono i soldi,
magari con il retropensiero di fare
tutto a deficit, è un pericoloso ma-
sochismo. In poche settimane l’au-
mento dei tassi sui titoli del debito
pubblico brucerebbe sul nascere le
stesse velleità degli annunci.
Dall’altra parte però non basta
neanche indicare cinque temi di
confronto senza dare né numeri,
né tempi.
Per questo si deve partire dalle
coperture.
Una mirata spending review può
dare un potenziale di risorse in due
specifiche voci di spesa (acquisti e
fondi perduti) per circa miliar-
di. Una seria revisione delle tax
expenditure potrebbe liberare altri
miliardi.
Quelle coperture, senza un euro
in più di deficit e di debito, consenti-
rebbero l’eliminazione totale e defi-
nitiva delle clausole di salvaguardia
e i restanti miliardi potrebbero
essere usati per miliardi di sgravi
Irpef sui redditi medio-bassi con
una riforma Irpef a aliquote (%
fino a mila euro, % tra e
mila euro e % sopra i mila
di Mario Baldassarri
LA PRODUTTIVITÀ FERMA È LA CAUSA
DELLA CRISI ECONOMICA E POLITICA
C’
è la crisi di gover-
no. L’incertezza
inquieta i merca-
ti. È verosimile
che scelte che la
tensione della fi-
nanza pubblica impone saranno
nuovamente eluse. La crescita, già
debole, ne risentirà. E se le Camere
saranno sciolte, una destra radicale
e demagogica potrebbe guadagnar-
si i voti per governare da sola.
È un momento pericoloso. È
dunque un buon momento per fare
un passo indietro e chiedersi perché
l’Italia sia giunta a questo punto.
Questa domanda è pressoché as-
sente dal dibattito pubblico. La forte
scossa segnata dal voto del marzo
, dopo il “terremoto” del e
le speranze del -, e la stessa
vampata dei consensi per la Lega
suggeriscono che il malessere della
società italiana sia grave e resti acu-
to. Eppure in questi anni il Paese
non ha puntato lo sguardo sui som-
movimenti che l’attraversano, forse
soggiogato dalle sue inquietudini,
ed è parso ipnotizzato dalle incre-
spature che appaiono alla superfi-
cie. Nelle settimane precedenti la
crisi, per esempio, le prime pagine
dei giornali erano piene di immigra-
zione, sicurezza, Tav, tattica politi-
ca, cronaca nera.
Riflettere sulle cause di quel
malessere è invece urgente, per
evitare i pericoli maggiori. Manca
un’analisi scientifica approfondita
e largamente condivisa: ma già
un’ipotesi plausibile potrebbe es-
sere utile alla discussione pubbli-
ca. Ne avanzo una, sulla base di un
libro che ho pubblicato di recente,
e parto dal sintomo più visibile, lo
scontento politico.
Le cause non sono solo interne,
naturalmente. Le elezioni del e
del registrarono una ribellione
dei ceti vulnerabili e dei “luoghi ab-
bandonati” simile a quelle che deci-
sero la Brexit, per esempio, o l’ele-
zione di Trump. Il fenomeno è co-
mune a pressoché tutte le democra-
zie occidentali, e comuni paiono
essere le cause prossime: la globa-
lizzazione, il cambiamento tecnolo-
gico, l’aumento della diseguaglian-
za economica, l’assottigliarsi delle
classi medie, la Grande recessione.
I ceti e i territori più colpiti si sono
rivoltati contro le élite politiche che
avevano governato nei decenni pre-
cedenti, per premiare forze, spesso
demagogiche, che offrivano loro
protezione economica o culturale.
Queste spiegazioni però non ba-
stano, perché nell’Europa occiden-
tale è solo in Italia che partiti nazio-
nalisti o populisti hanno conquistato
la maggioranza dei voti e il governo.
Una ragione può essere la parti-
colare debolezza delle élite politiche
italiane, di centro-destra e di cen-
tro-sinistra. Una ragione più pro-
fonda è verosimilmente economica.
Perché se è vero che nessuna grande
economia europea ha brillato negli
ultimi decenni, con la parziale ecce-
zione della Germania, solo l’Italia ha
sostanzialmente perduto un quarto
di secolo: in termini reali, il reddito
medio degli italiani è pressoché fer-
mo al livello del , mentre in
Francia, Germania e Spagna è cre-
sciuto di circa un quarto.
La mia ipotesi è che i mali politi-
ci ed economici dell’Italia abbiano
radici largamente comuni. Perché
mi pare indubbio che la principale
causa prossima dei nostri proble-
mi economici sia il ristagno della
produttività, e soprattutto della
sua componente che riflette l’in-
novazione tecnologica e organiz-
zativa, ed è molto verosimile che
ciò dipenda principalmente dalla
debole intensità della concorrenza
e dal fatto che le leggi sono troppo
spesso violate.
La ragione è intuitiva. La cresci-
ta fondata sull’innovazione, la sola
veramente sostenibile nel lungo
periodo, è un processo conflittuale,
nel quale nuove innovazioni scal-
zano le precedenti: il treno elettri-
co rimpiazza il treno a vapore. Ma
se i mercati non sono aperti alla
concorrenza e le regole non sono
eguali per tutti, gli innovatori
avranno poco spazio e il ciclo delle
innovazioni rallenterà.
Siccome concorrenza e rispetto
delle regole corrispondono all’inte-
di Andrea Capussela
OPERAZIONE
DA 80-100 MILIARDI
PUNTANDO SU
REVISIONE DELLE
TAX EXPENDITURE
E SPENDING
euro); miliardi potrebbero anda-
re a riduzione del cuneo fiscale con
azzeramento dell’Irap e miliardi
ad aumentare gli investimenti pub-
blici per infrastrutture materiali,
piano per il dissesto ambientale e
idrogeologico, messa a norma di
scuole, ospedali ed edifici pubblici,
investimenti immateriali su nuove
tecnologie e formazione di capitale
umano, cioè scuola e università.
Gli effetti sull’economia sarebbe-
ro di una crescita strutturale sopra il
% e una disoccupazione sotto l’%,
con più equità e coesione sociale.
Il deficit pubblico si azzererebbe
in due anni. Il debito pubblico scen-
derebbe di oltre il % all’anno ri-
spetto al Pil.
Questo sì che sarebbe un governo
del “vero cambiamento”.
“Questo” governo sarebbe pie-
namente legittimato a durare fino a
fine legislatura, incassando a medio
termine i risultati positivi di una po-
litica economica seria e strutturale,
dopo aver avuto il coraggio di rea-
lizzarla sin da subito.
Qualcuno ha detto che i numeri
dell’aritmetica parlamentare ci so-
no. Ma i numeri del bilancio pubbli-
co, dell’economia, delle famiglie che
devono arrivare a fine mese e delle
imprese che devono far quadrare i
bilanci dove sono? E chi vuole anda-
re a votare a ottobre è consapevole
di questi numeri?
Presidente del centro studi
Economia reale
© RIPRODUZIONE RISERVATA
resse generale, tuttavia, affinché
entrambi siano deboli occorre che le
élite politiche siano sufficientemen-
te protette dalla pressione dell’elet-
torato da poter favorire gli interessi
di chi teme le future innovazioni
(perché riscuote le rendite di passa-
te innovazioni).
Occorre, in altre parole, che sia
debole anche la responsabilità poli-
tica delle autorità pubbliche (ossia il
complesso di regole formali e infor-
mali che le costringono a tener con-
to degli interessi e delle aspirazioni
dei cittadini comuni). Ma dove la re-
sponsabilità politica è debole la
qualità degli eletti e delle politiche
pubbliche tipicamente degenera, i
cittadini si sentono male rappresen-
tati e governati, e sfiducia e sconten-
to si diffondono.
Sicché un plausibile punto di
partenza per la discussione pubbli-
ca è l’intreccio tra debole concor-
renza, scarso rispetto delle regole,
e debole responsabilità politica.
Non è molto, ma permette una pri-
ma, provvisoria conclusione, che
può essere utile per le decisioni dei
prossimi giorni: partiti avversi al-
l’etica delle regole, desiderosi di in-
vestiture plebiscitarie, o insoffe-
renti alla dialettica pubblica aperta
e ragionata sono inadatti a risolvere
i principali problemi politici ed eco-
nomici dell’Italia.
á@AndreaCapussela
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il volume. Andrea
Capussela ha
scritto The
Political Economy
of Italy’s Decline
(Oxford
University Press,
2018), pubblicato
in Italia col titolo
Declino. Una
storia italiana
(Luiss University
Press, 2019). Ha
guidato l’ufficio
economico della
missione
internazionale
che sorvegliava il
Kosovo, e ora è
visiting fellow alla
London School of
Economics.
MIX PERICOLOSO
FRA DEBOLE
CONCORRENZA,
ELITE FRAGILI
E POCO RISPETTO
DELLE REGOLE
La svolta. Nei
giorni scorsi,
la Business
Roundtable, una
delle più influenti
associazioni
della Corporate
America con oltre
180 gruppi,
ha promosso una
nuova Carta etica
fondata sulla
promessa
di riequilibrare
la missione
aziendale a favore
dell’impatto
sociale. Sul Sole
del 21 agosto
l’analisi di Andrea
Goldstein;
sul giornale
di ieri l’intervista
a Francesco Caio,
presidente
Saipem.