la Repubblica - 03.08.2019

(Brent) #1
contagio illiberale che parte da
Mosca e coinvolge i partiti fratelli
dell’impero sovranista come la
Lega di Salvini?
«Abbiamo anche recentemente
testimoniato con le nostre inchieste
quanto sia difficile svolgere il
mestiere di giornalista nella Russia di
Putin. Naturalmente la situazione
della libertà di stampa nei Paesi
occidentali guidati dall’estrema
destra, come il vostro, non è ancora ai
livelli della Russia. Ma non
dimentichiamo che non c’è solo la
Russia. In Occidente c’è Trump.
Anche lui ha dimostrato in più
occasioni di avere un’idea autoritaria
dei rapporti tra la politica e
l’informazione».
Come difenderla dunque la
libertà di stampa?
«Lavorando insieme. Facendo
insieme, giornali diversi di Paesi
diversi, le inchieste importanti,
quelle che possono dare fastidio a
questo o quel politico. Le più
importanti testate europee hanno
già cominciato a farlo anche se poi
ciascuno resta indipendente. Oggi
più di prima dobbiamo essere vigili,
tutelare la libertà di stampa.
Difenderla dalla propaganda».

I democristiani erano insuperabi-
li, nell’arte di non rispondere alle
domande. «Presidente, si rende
conto che ci sta parlando da un
quarto d’ora senza dirci assoluta-
mente nulla?» chiese una volta ad
Arnaldo Forlani un impertinente
giornalista. «Potrei continuare
per delle ore», rispose lui, serafi-
co. Però parlavano, i democristia-
ni. Non si nascondevano. Matteo
Salvini invece finirà nel Guinness
dei primati come il ministro italia-
no che è riuscito a non rispondere
al maggior numero di domande (e
per il secondo tempo più lungo,
dopo il record di Silvio Berlusco-
ni).
Su Facebook fa lo spavaldo, ma
alla prima contestazione, alla pri-
ma accusa, alla prima domanda,
lui scappa. Cercando ogni volta
una nuova scusa, un nuovo prete-
sto, per evitare il confronto con la
realtà. Puntualmente, quando il
nodo arriva al pettine lui ha sem-
pre qualcos’altro da fare. Qualco-
sa di più urgente, di più importan-
te, di più impellente che spiegare
l’ultimo pasticcio che ha combina-
to al Viminale, in spiaggia, su una
nave militare o a Mosca.
Così, quello che all’inizio sem-
brava solo l’imbarazzo di chi, pre-
so alla sprovvista, non sa come ca-
varsi d’impaccio, a poco a poco si
è rivelato un metodo: il metodo
del fuggitivo.
Il copione infatti è sempre lo
stesso. C’è una prima scena in cui
lui fa lo spaccone, dice «me ne fre-
go» e sghignazza in diretta video.
E poi c’è la seconda parte, quella
della fuga con inseguimento, che
adesso prevede anche l’irrisione
pubblica dei giornalisti che osano
fare il loro lavoro: fargli le doman-
de.
Ricordate la diretta Facebook
in cui lui aprì — davanti ai suoi tre
milioni e mezzo di follower — la
busta con l’avviso di garanzia per
sequestro di persona, per la nave
Diciotti? Aveva la baldanza di un
Trump senza ciuffo, con lo studio
all’ultimo piano del Viminale al
posto dell’Oval Office, e beveva
una lattina di aranciata mentre
strappava la busta della Procura
di Catania, poi appendeva la lette-
ra al muro («È come una meda-

glia») e mostrava quello che la re-
torica chiama un supremo sprez-
zo del pericolo: «Rischio quindici
anni di carcere? Pazienza, mi ver-
rete a trovare a San Vittore». Se-
guì, qualche mese dopo, la secon-
da scena: quella di un Salvini che
chiede al Senato di evitargli il pro-
cesso con la voce rotta, «perché

sto parlando di un reato», e grazie
al soccorso giallo dei grillini evita
di dover rispondere al Tribunale
dei ministri.
Stesso copione quando è scop-
piato lo scandalo Moscopoli. Pri-
ma minacciava querele a tutto il
mondo, «perché non ho preso un
rublo, un euro o un dollaro dalla

Russia». Poi, quando è fallito il ten-
tativo di disconoscere l’amico Sa-
voini, è diventato accomodante:
«Vado in Parlamento e rispondo a
quello che mi chiedono». Ma alla
fine ha fatto dietrofront, fuggen-
do. «Non vado in aula a parlare di
fantasie», ripeteva, e quando Con-
te ha rivelato al Senato che «il mi-
nistro competente» (cioè lui)
«non ha fornito informazioni» si è
inventato una riunione al Vimina-
le per disertare la seduta.
Qualunque sia la domanda, se
la faccenda è imbarazzante il lea-
der leghista si rifugia dietro una
battuta. La Corte dei Conti apre
un’inchiesta dopo che Repubblica
ha scoperto che il ministro ha uti-
lizzato i voli di Stato per i suoi spo-
stamenti nella campagna elettora-
le? «Non rispondo agli insulti»
commenta lui. La Commissione
europea boccia la manovra di bi-
lancio italiana? «Non rispondo
agli sproloqui di Bruxelles». Il
commissario Pierre Moscovici gli
rimprovera di far salire lo spread?
«Non rispondo a Moscovici».
Salvini, insomma, non risponde
a nessuno. Neanche ai suoi follo-
wers di Facebook, le cui domande
vengono automaticamente bloc-
cate se contengono le parole proi-
bite contenute nella blacklist se-
greta, come «49 milioni» (quelli
spariti) o «Siri» (quello indagato).
Lui che nei suoi videomessaggi ri-
pete sempre «che ne dite, ami-
ci?», accetta solo elogi e compli-
menti.
E se non risponde ai suoi fan, fi-
guriamoci a quei rompiscatole
dei giornalisti, che osano doman-
dargli come spiega che il suo ami-
co Savoini chiedesse soldi agli
amici russi, o chi ha ordinato di
identificare minacciosamente il
videomaker che documentava la
gita fuori ordinanza del suo figlio
sedicenne sulla moto d’acqua del-
la polizia. Se poi non basta la rispo-
sta standard, «Non parlo di figli e
di bambini», nonostante le infradi-
to il ministro è capace di aggredi-
re con allusioni da caserma il cro-
nista che osa insistere. Fuggendo
subito via, prima che qualcuno
possa domandargli cosa ci faces-
se a Bibbiano dieci giorni fa, lui
che di figli e di bambini non parla.

Il personaggio

Dalla Diciotti al Papeete


Identikit di un ministro


che scappa e non risponde


Primo piano L’ultima spiaggia


3


STEFANO CAVICCHI/ LAPRESSE

Ellekappa


1


Le domande a Matteo Salvini


Perché Gianluca


Savoini, un suo


stretto collaboratore


che in passato


l’ha aiutato ad


accreditarsi presso


i russi, era a Mosca


a trattare una


tangente in nome


della Lega? kSalvini jr. sulla moto d’acqua della polizia


Quello di Milano


Marittima è stato un


“errore da papà” o


piuttosto l’errore di


un ministro che ha


abusato del suo


ruolo? Chi può


utilizzare così una


moto d’acqua della


polizia?


2


Perché il ministro


dell’Interno non


chiede scusa al


giornalista per le


intimidazioni subite


mentre faceva il


proprio lavoro?


Quegli agenti


appartenevano


alla sua scorta?


Moscopoli
Sbloccato il cellulare di Savoini, al vaglio dei pm

I tecnici della procura hanno “sbloccato” il cellulare di Gianluca
Savoini, ex portavoce di Matteo Salvini e presidente dell’associazione
Lombardia-Russia, indagato per corruzione internazionale con
l’avvocato Gianluca Miranda e il consulente finanziario Francesco
Vannucci. I tre erano all’incontro al Metropol di Mosca, lo scorso 18
ottobre, insieme a tre russi per discutere della compravendita di
petrolio che avrebbe dovuto garantire 65 milioni di dollari alla Lega.
Alcuni contenuti presenti nel telefono erano protetti e non accessibili
agli investigatori, che solo ora potranno iniziare ad analizzarli.
L’udienza relativa al ricorso contro i sequestri dei cellulari e dei pc,
presentato dai legali dei tre indagati, è previsto per il 5 settembre. I
pm Gaetano Ruta e Sergio Spadaro hanno depositato al tribunale del
Riesame pochi documenti: la trascrizione dell’audio dell’incontro al
Metropol, la perizia che ne attesta la genuinità, e il verbale con le
dichiarazioni in procura di uno dei due giornalisti dell’Espresso che
per primi hanno raccontato i legami tra i russi e i leghisti vicini a Salvini.

di Sebastiano Messina

. Sabato, 3 agosto 2019^ pagina^3

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