la Repubblica - 01.08.2019

(ff) #1

Crescita zero...


La protesta


Ecobonus, imprese in rivolta


“Noi costrette ad anticiparlo”


di Roberto Petrini

ROMA — La sindrome dello “zero” in-
veste l’Italia. Il Pil, il prodotto inter-
no lordo, cioè la misura della ric-
chezza di un Paese, non cresce più.
Inchiodato, bloccato a quota zero:
da cinque trimestri, poco meno di
un anno e mezzo, il Pil si muove im-
percettibilmente sopra e sotto il li-
vello dello zero. La conferma dello
stato di “stagnazione” dell’econo-
mia italiana, come l’ha definita ieri
in una nota il ministro dell’Econo-
mia Tria, è giunta dai dati dell’Istat
sul secondo trimestre di quest’an-
no: nel periodo aprile-giugno la cre-
scita rispetto ai tre mesi precedenti
è stata nulla, uguale a zero anche la
crescita “tendenziale”, cioè rispetto
al secondo trimestre del 2018.
Sente l’esigenza di commentare
la difficile fase della nostra econo-
mia, da Via Venti Settembre, Giovan-
ni Tria: «Il dato era atteso e riflette
in larga parte il rallentamento dell’e-
conomia dell’Eurozona», recita una
nota. Ma Tria non minimizza, am-
mette la «stagnazione», fa appello a
«perseverare nello sforzo di rilancia-
re la crescita», conta su un andamen-
to migliore dell’economia nella se-
conda parte dell’anno e giudica an-
cora «raggiungibile» l’obiettivo del-
lo 0,2 per cento per il 2019 fissato
dal Def in aprile.
Operatori e centri studi sono scet-
tici. A partire da Andrea Montanino,
capoeconomista di Confindustria,
per il quale ormai la crescita di que-
st’anno è «compromessa» e «difficil-
mente andremo oltre lo zero». D’al-
tra parte, aggiunge, la produzione
industriale sta «scendendo molto»,

aspetto assai preoccupante per un
paese manifatturiero.
Oggettivamente le possibilità di
raggiungere lo 0,2 del governo resta-
no appese ad un filo: il Pil dovrebbe
segnare una crescita dello 0,2 per
ciascuno dei due trimestri della re-
stante seconda metà dell’anno.
Eventualità che molti ritengono
piuttosto remota, visto il dato di lu-
glio della produzione industriale
che, secondo Confindustria, è cadu-
ta dello 0,6 per cento sul mese prece-
dente. In ogni caso, anche chi si
aspetta un “rimbalzo” estivo dell’in-
dustria, come Paolo Mameli di Inte-
sa Sanpaolo, non va oltre una stima
di crescita del Pil a fine anno di 0,
per cento.
Il rischio che emerge dai commen-
ti di ieri è che la fase prolungata di
stagnazione possa incancrenirsi. «Il
paese si sta abituando a non cresce-
re», commenta rassegnato Lucio Po-
ma di Nomisma. E i dati sull’occupa-
zione di ieri per molti celano in con-
troluce bassa produttività e lavoro

di scarsa qualità, mentre la bassa in-
flazione è segno di consumi in frena-
ta: una situazione dunque che si fa
giorno dopo giorno sempre più diffi-
cile. «Nel secondo semestre dell’an-
no, dopo cinque trimestri di stagna-
zione si farà sentire l’effetto sull’oc-
cupazione e sui consumi», annota
Fedele De Novellis del centro studi
Ref.
Anche l’analisi delle cause della
lunga stagnazione italiana non con-
fortano: l’Istat nei dati preliminari
di ieri si limita a segnalare che dal la-
to della domanda vi è un «contribu-
to nullo» sia della componente na-
zionale sia di quella estera. Del resto
il commercio mondiale frena, la cre-
scita dell’Eurozona è allo 0,2 nel se-
condo trimestre, come ha reso noto
Eurostat ieri, la Germania rallenta.
Tutti elementi che pesano su un pae-
se che fa conto sull’export come l’Ita-
lia, ma ugualmente incidono i con-
sumi di cui ieri la Confcommercio in-
dicava la «scarsa dinamicità».
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Primo piano I numeri del Paese


di Roberto Rho

MILANO — Si chiama “decreto Cresci-
ta”, eppure i suoi effetti immediati,
appena entrato in vigore, sono la pa-
ralisi del mercato della riqualifica-
zione energetica e il rischio fallimen-
to per centinaia di piccole imprese e
artigiani. E non è neppure un erro-
re, un incidente sfortunato, perché
quell’articolo 10 il governo – in parti-
colare il M5S (il decreto è figlio del
ministero di Luigi Di Maio) – lo ha for-
temente voluto, nonostante le prote-
ste delle associazioni imprenditoria-
li. Che ora, a decreto approvato e
convertito in legge, ne chiedono a
gran voce l’abrogazione.
Se l’Italia si dibatte nella palude
della crescita zero non solo per la
frenata tedesca, le guerre commer-
ciali, la debolezza strutturale della
domanda interna. Forse è anche per-
ché i provvedimenti che il governo
ha messo in campo non producono
risultati, o peggio. Il contestatissi-
mo articolo 10 del decreto crescita
(appena entrato in vigore, dunque i
suoi effetti andranno valutati nel
tempo) è già candidato a diventare
uno dei boomerang governativi. Nel
dettaglio, stabilisce che i clienti fina-
li delle ristrutturazioni, al posto del-

le detrazioni Irpef spalmate su dieci
anni, possano optare per uno scon-
to “tutto subito”. In sostanza, se la
fattura ammonta a 100 euro, ne pa-
gheranno solo 50. Le imprese che
eseguono i lavori (infissi, serramen-
ti, tetti, pergole, impianti di climatiz-
zazione, caldaie, pannelli solari...)
trasformeranno l’equivalente del
maxisconto in un credito d’imposta
«da utilizzare esclusivamente in
compensazione». Qui nasce il pro-
blema, perché prima di vedere quei
soldi gli artigiani che hanno esegui-
to le opere dovranno aspettare me-
si. Parliamo per la maggioranza dei
casi di imprese piccole o piccolissi-
me, con una struttura finanziaria
spesso fragile, indebitate: il maxi-
sconto finirebbe per assottigliare pe-
ricolosamente la loro liquidità e per
ammazzare i bilanci. In teoria, ci sa-
rebbe la possibilità di trasferire i cre-

diti fiscali al piano superiore, quello
dei fornitori di macchine e materiali
che le imprese utilizzano nei loro la-
vori. «Ma è un’opzione che nei fatti
non esiste – spiega Guido Pesaro, re-
sponsabile Installazione e impianti
della Confederazione nazionale
dell’artigianato – poiché già moltissi-
mi fornitori hanno comunicato ai
clienti la totale indisponibilità all’as-
sunzione dei crediti fiscali. Morale,
noi artigiani siamo i vasi di coccio
tra i vasi di ferro dei fornitori e dei
clienti finali».
Risultato: il mercato si è fermato.
I clienti chiedono lo sconto che il de-
creto garantisce loro, le piccole im-
prese sono al bivio: o rifiutano, e per-
dono il cliente, oppure eseguono i la-
vori, scontano il 50% e si mettono in
speranzosa attesa del rimborso. Stia-
mo parlando di «almeno 60 mila
aziende», secondo i calcoli della

Cna, tra la filiera degli impianti, l’e-
dilizia e il legno. «Con queste regole
nel giro di un anno e mezzo moltissi-
mi entreranno in crisi di liquidità –
conferma Emanuele Orsini, presi-
dente di Federlegno, galassia confin-
dustriale –. I cittadini devono sapere
che l’impresa che dice “no” non è
un’impresa di evasori fiscali o mal-
fattori. Semplicemente, rischiereb-
be di chiudere. Abbiamo tanti difet-
ti ma l’obiettivo di un’azienda è ven-
dere, non stare ferma». È il parados-
so – o forse l’ennesimo pasticcio – di
un decreto che si chiama “crescita”
ma ottiene l’effetto opposto.
Il mondo delle piccole e medie im-
prese e degli artigiani è in rivolta.
Una sessantina di imprenditori asso-
ciati a Cna hanno fatto ricorso
all’Antitrust e alla Commissione eu-
ropea, sostenendo che la regola così
formulata avvantaggia «le grandi im-
prese, le multiutility e gli ex mono-
polisti del settore dell’energia, i veri
beneficiari dell’articolo 10». Cna ha
lanciato una petizione online – già
2.700 sottoscrizioni – per chiedere
al Parlamento l’abrogazione dell’ar-
ticolo 10. «Ci sono anche le firme di
alcuni parlamentari della maggio-
ranza, speriamo che si siano resi
conto del danno che hanno fatto».
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La protesta
Corteo delle
lavoratrici del
gruppo La Perla
che nei giorni
scorsi hanno
sfilato a Bologna
contro il rischio
licenziamenti

0%


Aprile-giugno
Nel secondo
trimestre
dell’anno il Pil è
rimasto
invariato. Molto
difficile
raggiungere
l’obiettivo del
governo di
crescita allo 0,2%

Il dato


Nel secondo trimestre ferma


l’economia, il 2019 sarà piatto


Anche Tria vede la stagnazione


Lo sconto immediato


sulle riqualificazioni


per la casa crea


problemi di liquidità


pagina. 2 Giovedì, 1 agosto 2019

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