La Stampa - 18.09.2019

(Kiana) #1
CARLO BERTINI
ROMA

«O


ra il governo
non sarà più
schiacciato
a sinistra,
con noi - annuncia il deputato
renziano Roberto Giachetti -
si sposterà su un asse riformi-
sta».
Intende dire che ora che vi
siete dati una fisionomia, va
riscritto da capo il program-
ma?
«No, intendo dire che andrà
trovata una sintesi sugli atti le-
gislativi che andranno fatti.
Oltre alla posizione di Pd,
5Stelle e Leu, si dovrà tener
conto della nostra linea».
Suona minacciosa, Conte
dorma preoccupato.

«No, affatto, lealtà assoluta al
governo».
Facciamo ordine. Lei era con-
trario all’alleanza con i grilli-
ni ed è uscito dal Pd. E ora en-
tra in un movimento il cui lea-
der ha lanciato questa allean-
za. Strano no?
«Facciamo ordine, appunto.
Sono uscito dalla Direzione
Pd perché ho riconosciuto di
aver commesso un errore di
valutazione. Comprendo la
giustezza di fare un governo
coi 5 stelle, ma siccome sono
stato un frontman della linea
“mai coi cinque stelle”, ho trat-
to le conseguenze e mi sono di-
messo per aver sostenuto una
posizione sbagliata. Tanto è
che ho votato la fiducia e quin-
di ho scelto di concorrere a
questa azione».
Insomma, lei da radicale ha
fatto suo il vecchio metodo

del “centralismo democrati-
co” che vigeva nel Pci. Votare
a favore anche quando non si
è d’accordo.
«Io ero d’accordo con la nasci-
ta di questo governo e ho vota-
to la fiducia dopo aver ammes-
so il mio precedente errore di
sottovalutazione del pericolo
Salvini».
Altra cosa. Lei hai fatto lo
sciopero della fame per il
maggioritario, ma ora sta in
una forza che fa del propor-
zionale la sua ragione socia-
le. Contraddittorio no?
«A leggere ciò che ha detto
Renzi, mi pare di no: il pro-
porzionale è nell’accordo di
governo ma lui è contrario.
Io continuerò a fare questa
battaglia, ma se alla fine si
arriverà ad un accordo ov-
viamente voterò in maniera
leale. Non so se sia centrali-
smo democratico, da radica-
le faccio le mie battaglie ma
se la maggioranza decide in
altro modo, non faccio co-
me mi pare».
Il Pd è un partito pluralista,
visto che hanno cittadinanza
sia Orlando sia Franceschi-
ni, sia Castagnetti, sia Genti-
loni, con cui lei ha creato la
Margherita. Possibile che
non vi sia cittadinanza solo

per il riformismo renziano?
«Questo è dimostrato dai fat-
ti. Abbiamo 5 anni alle spal-
le in cui siamo stati vissuti co-
me corpo estraneo. E’ eviden-
te che fossimo mal tollerati,
ma la nuova linea del Pd,
sconfessa quanto fatto dal
governo Renzi. In segretaria
il responsabile lavoro è colui
che ha sempre contestato il
jobs act, Giorgis alle riforme
e nel governo è colui che ave-
va fatto i comitati per il No. Il
Pd ha assunto una linea che
non è riformista».
E ora Conte dovrà vedersela
con voi. Giusto?
«Si possono fare contratti e
quello che si vuole. Ma c’è
un’infinita serie di situazio-
ni nel quotidiano che vanno
gestite con atti parlamentari
e lì si dovrà ragionare. Al pro-
gramma abbiamo lavorato
tutti e come si tradurranno
in atti parlamentari sarà da
vedere. Per esempio, non vo-
glio mettere zeppe, ma an-
che se non fanno parte
dell’accordo di governo mi
auguro che su Ius soli e suici-
dio assistito sia possibile fa-
re passi avanti. Sarà nella ca-
pacità del premier trovare
una sintesi».—
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FABIO MARTINI
ROMA

S


i è fatta notte, la gior-
nata più lunga è finita,
i riflettori di “Porta a
Porta” si sono spenti e
Matteo Renzi la può dire tutta:
«Finalmente mi sono ripreso
la mia libertà...». E quanto alla
sua nuova Cosa, della quale
tutti gli chiedono, il suo proget-
to è un po’ diverso da quel che
lui stesso racconta pubblica-
mente. E infatti nei suoi pour-
parler spiega: «Non sarà di de-
stra o di sinistra...». Sembra
una cosa già sentita ma per
Renzi è il preannuncio di una
novità autentica: Italia viva
(questo il nome prescelto) sa-

rà una formazione corsara,
che in Parlamento e nei talk
show alzerà continuamente il
prezzo, contratterà ogni prov-
vedimento, incasserà tutto
quello che riuscirà a portare a
casa. Spiazzando il Pd – ecco il
punto – una volta a destra e
una volta a sinistra.
Appoggiandosi su una leva
potentissima: a “Porta a Por-
ta” Renzi ha annunciato che so-
no con lui 25 deputati e 15 se-
natori. Ed è proprio questo il
numero-chiave: con i 15 sena-
tori “italianivivi” (dei quali 13
di area Pd) Renzi diventa deci-
sivo e su questo costruirà una
rendita di posizione, con la
quale plasmerà ogni provvedi-
mento e ogni discussione pub-
blica. Lo spiegano i numeri par-
lamentari: il governo Conte-

ha ottenuto la fiducia con 169
sì, dai quali occorre sottrarre
tre senatori a vita, spesso as-
senti e poiché la maggioranza
a palazzo Madama è conven-
zionalmente posta a quota
161, questo significa che sen-
za i 13 ex-Pd la maggioranza
scende a 153, ben otto voti sot-
to il quorum.
Ecco perché Renzi ha la
“golden share” del governo,
ecco perché la vera notizia
che sta dietro alla scissione
del Pd è proprio questa: l’ex
presidente del Consiglio sarà
uno dei “padroni” della nuo-
va maggioranza. Ecco per-
ché, al termine di una giorna-
ta nella quale il quartier gene-
rale del Pd ha provato a smon-
tare l’operazione-scissione,
sottolineando il flop in perife-
ria, il commento più significa-
tivo è stato quello di Giorgio
Gori, il sindaco di Bergamo
che è amico di Renzi: «Il desti-
no del suo progetto? Dipende
da noi. La sfida è sull'agenda
riformista: innovazione, com-
petitività, semplificazione, so-
stenibilità, inclusione sociale.
Ogni passo indietro del Pd, gli
regalerà spazio. Io voglio be-
ne a Renzi, ma vorrei proprio
evitare di spianargli la via».
Visto da casa Pd il rischio è
proprio questo: un’operazio-
ne nata nel Palazzo, che po-
trebbe via via allargarsi. Per
Renzi è stata la giornata dedi-
cata al pubblico televisivo di
“Porta a Porta”, a spiegare
una scissione che continua a
presentarsi carente di motiva-
zioni politiche. Renzi ha pro-
vato a spiegare quella che a
prima vista appare una piroet-
ta, sua e del Pd: «Io rivendico
quello che ho fatto. Se nel
marzo 2018 avessimo fatto
l'accordo con i no Vax, no
Tap, no Ilva saremmo stati
spazzati via. Io rivendico quel
no. Adesso è diversa la situa-

zione. In primis perché su al-
cune questioni sono cambiati
loro. Adesso la Tav c'è, l'Ilva
c'è. Di No Vax non parla più
nemmeno la Taverna. Noi ab-
biamo fatto un accordo sul No
Tax, non sul No Tav».
Renzi ha dato anche una no-
tizia, quando ha scandito i
suoi numeri: i senatori in pro-
cinto di aderire al suo gruppo
dovrebbero essere 15. Di que-
sti 12 ex Pd, uno dovrebbe esse-
re Riccardo Nencini, già segre-
tario del Psi, mentre due do-
vrebbero provenire da Forza
Italia, ma non dall’area Carfa-

gna. I nomi dei senatori sono
quelli noti da giorni e tra que-
sti non c’è il presidente del
gruppo Pd Andrea Marcucci,
amico da sempre di Renzi e
renziano doc.
In questi giorni Marcucci
non si era espresso in nessun
modo rispetto alla scissione e
ieri ha diffuso una post via Fa-
cebook. Diviso in due parti:
«Resto a fare il mio lavoro nel
Pd, non condivido la scelta di
Matteo». Ma poi nella seconda
parte del post, Marcucci cam-
bia tono: «Non sarò mai un ne-
mico di Matteo. Nel Pd mi sen-

to ancora a casa mia, se si do-
vesse trasformare in un sogget-
to sempre più simile al Pds, mi
sentirei un estraneo».
Aver rispolverato la sigla
Pds, prima denominazione
del Pci dopo il cambio del no-
me nel lontano 1991, signifi-
ca che Marcucci si lascia un
porta aperta. Se, dopo la scis-
sione fredda di queste ore,
“Italia viva” dovesse mostrar-
si più viva delle origini, non
sarà soltanto Marcucci a pen-
sare di ricongiungersi con
Matteo Renzi. —
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i gruppi renziani

L’ex premier e il vizietto di copiare i nomi altrui

Italia Viva era lo slogan di Veltroni nel 2008

25 deputati


Giachetti, Nobili,
Ascani, Anzaldi, Carè,

Librandi, Boschi,
Di Maio, Mor, Marattin,

Fregolent, Scalfarotto,
Rosato, Migliore,

Annibali, Del Barba,
Paita, Gadda,

De Filippo, Rossi.
Incerti: Noia,

D’Alessandro, Tabacci,
Fusacchia e Magi

IL PUNTO


La storia del Pd, vista da Matteo Renzi, è
un po’ come il maiale: non si butta via
nulla. E in epoca di educazione al rici-
clo, l’ex rottamatore è tornato nell’officina
del partito che ha appena abbandonato per
vedere che pezzi avanzavano. E così si è ritro-
vato a battezzare la sua nuova creatura con il
nome “Italia Viva”, che a tutti suonerebbe im-
mediata con le parole invertite, come un gri-
do di libertà, di rivalsa patriottica o come una
canzone di Francesco De Gregori. Eppure nel
Pd, appena Renzi ha svelato il nome del grup-
po che sogna di farsi movimento e poi partito,
subito è suonato all’orecchio un ricordo.
2008: lo slogan scelto per la campagna di Wal-
ter Veltroni è: “L’Italia Viva”. Anzi sul pull-
man che lo porterà per 45 tappe lungo tutte le
province italiane campeggiava quella scritta
con accanto la W, di Walter ma anche di Viva.
E quale sarà lo slogan scelto da Renzi per le
primarie del 2012 contro Pier Luigi Bersani?
“Viva l’Italia Viva”, con il blu e il rosso che fa-
ceva un po’ americano. In realtà “Viva l’Italia
Viva” è la seconda opzione, che a metà corsa
per la guida del Pd sostituì il più suggestivo

“Adesso!”, a sua volta copiato da Dario Fran-
ceschini che lo usò da candidato alle primarie
tre anni prima. E così di plagio in plagio, Ren-
zi non ha mai perso il vizietto della scopiazza-
tura, fino alla frettolosa scelta dell’ultimo no-
me. Anche perché il penultimo - Azione Civile


  • era la sigla del partito guidato da Antonio In-
    groia che da buon ex magistrato ha sintetizza-
    to la mania di Renzi in un reato: «È un tentati-
    vo di furto». — c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
    Il deputato Roberto Giachetti è entrato nella formazione “Italia viva”


ALESSANDRO BARBERA
ROMA

Sono giorni complicati per
Roberto Gualtieri. Nell’enor-
me ufficio del ministro con
tende di broccato a via XX set-
tembre è un viavai di colle-
ghi e funzionari. Nel calenda-
rio di Palazzo Chigi è già cer-
chiato venerdì 27 settembre.
Restano dieci giorni per scri-
vere la nota di aggiornamen-
to al Documento di econo-
mia e finanza, la cornice del-
la Finanziaria 2020. Stamat-
tina è prevista la riunione
clou. Ci saranno i vertici tec-
nici del ministero, e attorno
al tavolo verranno discusse
tutte le ipotesi.
La situazione dei conti pub-
blici è meno rosea di quel che
Giovanni Tria ha lasciato in-
tendere prima di passare le
consegne al collega. Il nuovo
viceministro Antonio Misiani
del Pd ha annunciato la volon-
tà di «tornare all’unificazione
fra Imu e Tasi», un’ipotesi che
sembra preludere alla rimo-
dulazione delle imposte sulla
prima casa. Ma per finanziare
un aumento degli sgravi fisca-
li ai redditi medio-bassi e allo
stesso tempo cancellare gli au-

menti Iva occorrono scelte
più coraggiose di così: leggasi
tagli. La riflessione fatta dagli
esperti della Ragioneria e con-
divisa da Gualtieri è la seguen-
te: inutile mettere mano alla
cosiddetta «quota cento», il
meccanismo che ha permes-
so di mandare in pensione an-
ticipata i 62enni con 38 anni
di contributi versati. La misu-
ra è prevista in via sperimen-
tale per un triennio e metterci
mano rischia di creare incer-
tezza tanto alle aziende che
hanno programmato le uscite
quanto ai pensionandi. Se oc-
corre rafforzare i risparmi,
meglio ridimensionare il red-
dito di cittadinanza. I numeri
di due giorni fa dell’Inps - que-
sto il ragionamento degli uffi-
ci del Tesoro - confermano la
natura di puro sussidio.
Le domande accolte sono
poco più di 960 mila, quelle
respinte 409 mila: una su
due. Se si allarga il calcolo ai
nuclei familiari, la misura ha
raggiunto due milioni e 350
milioni di persone, per un as-
segno medio da 480 euro: po-
co più della media del reddi-
to di inclusione immaginato
dal governo Renzi e varato

da quello di Gentiloni. Di qui
l’ipotesi al momento ancora
tutta da verificare politica-
mente: perché non riportare
il cosiddetto reddito di citta-
dinanza alle origini, rispar-
miando così due e più miliar-
di utili a finanziare gli sgravi
alle famiglie?
Se così fosse, l’intera archi-
tettura del reddito di cittadi-
nanza andrebbe rivista. L’An-
pal, l’agenzia per le politiche
attive, ha già assunto i «navi-
gator», i funzionari ai quali -
lo dice la legge che ha intro-
dotto il reddito - i percettori

dovranno obbligatoriamen-
te rivolgersi per la ricerca di
un lavoro. In alcune regioni
la macchina burocratica gira
a pieno ritmo (ad esempio
nelle Marche) in altre (in
Campania) mancano ancora
alcuni passaggi. L’idea che
circola al Tesoro è di separa-
re in maniera più chiara le co-
siddette politiche attive (ov-
vero il sostegno al reddito di
chi cerca un lavoro) con il me-
ro sussidio ai poveri, persone
che spesso non hanno alcuna
speranza di trovare una collo-
cazione stabile.

Inutile dire che per Gualtie-
ri la questione è delicatissi-
ma. Da un lato ci sono i Cin-
que Stelle, che hanno fatto di
quella misura il più grande
successo politico, dall’altra il
Pd e gli scissionisti renziani.
«Quota cento è una follia e so-
no contrario al reddito di cit-
tadinanza. Spero solo che fun-
zioni», fa sapere l’ex premier.
Ieri mattina, dopo aver letto i
giornali, una delle prime tele-
fonate Gualtieri l’ha fatta pro-
prio a Renzi. Il neoministro si
è voluto sincerare della deter-
minazione di Renzi a evitare

problemi ad una maggioran-
za appena nata e già presa dal-
la più delicata delle missioni:
la legge di bilancio. Secondo i
racconti di entrambe le parti
la telefonata è andata bene.
«Siamo a sua disposizione»,
racconta l’ex premier a Bruno
Vespa. Ma Gualtieri - già espo-
nente della corrente di sini-
stra dei giovani turchi - non
ha rinunciato a mandargli
una frecciata: «Caro Matteo,
penso tu abbia fatto un errore
politico...». —
Twitter @alexbarbera
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La strategia dell’ex segretario per spiazzare il Pd sui singoli provvedimenti: “La formazione non è di destra né di sinistra”


I numeri al Senato gli consegnano la “golden share” dell’esecutivo. Il sindaco di Bergamo Gori: “Non spianiamogli la via”


“Finalmente mi sono ripreso la libertà”


Le mani di Renzi sul futuro del governo


15 senatori


Renzi, Bonifazi,
Bellanova, Faraone,

Magorno, Cerno,
Comincini, Garavin,

Ginetti, Grimani,
Cucca, Marino,

Giacobbe,
Ferrazzi e Laus

480 euro
Il valore medio erogato

ai beneficiari del reddito
di cittadinanza

(dati Inps)


ROBERTO GUALTIERI


MINISTRO DELL’ECONOMIA


LAPRESSE


ROBERTO GIACHETTI


DEPUTATO RENZIANO


«Viva l’Italia viva», lo slogan di Renzi nel 2012

Il rischio per i dem:
l’operazione nata

nel Palazzo potrebbe
via via allargarsi

LAPRESSE


«L’Italia viva» era lo slogan usato da Walter Veltroni nella campagna per le elezioni politiche del 2008 (foto archivio)

ILARIO LOMBARDO


LE MOSSE DEI PARTITI LE MOSSE DEI PARTITI


Io ero e resto

per il maggioritario

ma il proporzionale

è nell’accordo

di governo e lo voterò

960 mila

I beneficiari del reddito
di cittadinanza,

409 mila sono
le domande respinte

Caro Matteo,

penso tu abbia fatto

un errore politico

INTERVISTA


ROBERTO GIACHETTI Il renziano: “Noi saremo leali e riformisti: servono passi avanti su Ius soli e suicidio assistito”

“Ora l’esecutivo non è più schiacciato a sinistra


D’ora in avanti dovranno fare i conti con noi”


Ero un frontman

della linea “mai

con i cinque stelle”,

avevo sottovalutato

il pericolo Salvini

I tecnici del Tesoro


“Meglio tagliare


il reddito dei grillini


che Quota 100”


Rivedere la misura del M5S libererebbe oltre 2 miliardi


Gualtieri telefona a Renzi: niente veti sulla manovra


LAPRESSE


Il capo del M5S Luigi Di Maio con il ministro dell’Economia e delle finanze Roberto Gualtieri

LAPRESSE


RETROSCENA


MERCOLEDÌ 18 SETTEMBRE 2019 LASTAMPA 5


PRIMO PIANO

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