Ian Stevenson, Bambini che ricordano altre vite Una conferma della reincarnazione

(C. Jardin) #1

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non si tratti quindi di informazioni di seconda mano. (Sfortunatamente, in Asia e
in Africa, non essendovi un luogo privato in cui poter parlare, nel corso delle in­
terviste si intromettono anche dei passanti, che devono perciò essere allontanati
gentilmente). Spesso, alcuni membri della comunità (non appartenenti alla fami­
glia del soggetto), come ad esempio il capo villaggio o gli istruttori scolastici,
qualora abbiano sentito il soggetto parlare della sua precedente vita, ci possono
fornire delle informazioni molto importanti. Essi sono molto più distaccati dal
caso di quanto non lo siano i parenti del soggetto e possono quindi ascoltare le
affermazioni del bambino in modo meno emotivo - senza entusiasmarsi o infa­
stidirsi. Queste persone spesso ci aiutano a valutare l'attendibilità dei testimoni
principali, ovvero del soggetto e dei suoi genitori. Quando qualcuno ci dà la sua
opinione su un'altra persona, infatti, finisce generalmente col rivelare molto più
di se stesso che dell'altro, deve dire comunque qualcosa dell'altra persona e riten­
go che, un informatore, possa contribuire spesso a comprendere il valore di un
altro.
Dopo avere annotato (di solito tramite degli appunti scritti, ma a volte viene
utilizzato anche un registratore) ciò che il soggetto e la sua famiglia hanno da dir­
ci, ci rivolgiamo ai parenti della personalità precedente (quando è possibile iden­
tificarli) e cominciamo a svolgere una simile serie di interviste con i membri di
tale famiglia e della comunità.
Nella maggior parte dei casi non si hanno delle possibilità di verifica fino a
quando il soggetto ed i suoi familiari non incontrano i parenti della personalità
in questione. Tuttavia, se non sono riusciti ad identificare tali parenti, quando si
ritiene che vi siano delle possibilità che l'operazione possa avere successo o
quando è comunque importante fare un tentativo, ce ne occupiamo noi. Così,
anche quando il bambino non fornisce un gran numero di informazioni sulla sua
precedente famiglia, ci diamo da fare per trovarne una che corrisponda al meglio
a quanto da lui esposto. Credo che un tale sforzo giustifichi appieno il tempo
speso poiché, avendo già registrato i dati fornitici dal soggetto, se l' operazione ha
successo, possiamo aggiungere questo caso ai pochi in cui si può escludere fer­
mamente la possibilità che gli informatori possano, in seguito, dimenticarsi ciò
che il soggetto disse realmente prima che le famiglie si incontrassero. Come spie­
gherò successivamente, gli errori di memoria da parte degli informatori mi sem­
brano la spiegazione più plausibile a tali casi, volendo escludere la teoria reincar­
nazionistica.


Come vengono condotte le interviste. All'inizio di un'intervista con un testimo­
ne adulto (dopo aver fatto un'appropriata introduzione ed aver spiegato cosa
stiamo tentando di fare), porgiamo una domanda diretta o facciamo una richiesta
più generale, del tipo: « Ci racconti come ha avuto inizio il caso », « Qual è stata
la prima cosa che ha notato », oppure: « Ci racconti tutto quello che sa a propo­
sito di questo caso ». Registriamo tutte le informazioni che ci vengono comuni-


visto: è un testimone oculare. Se narra solo ciò che qualcuno gli ha riferito è invece un testimone di se­
conda mano ovvero, in termini legali, qualcuno che riferisce per aver udito; ancora peggiore è la testimo­
nianza di colui che racconta cose che non ha nemmeno udito.

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