Ian Stevenson, Bambini che ricordano altre vite Una conferma della reincarnazione

(C. Jardin) #1

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di tali casi, sono molto più consistenti dei ricordi che abitualmente vengono at­
tribuiti all'ereditarietà. Quando usiamo la frase memoria ereditaria o la parola
istinto, di solito ci riferiamo ai ragni che tessono la tela e agli uccelli che costrui­
scono il loro nido, senza che ciò gli venga insegnato. La nostra concezione di
comportamento istintivo non prende abitualmente in considerazione il fatto che
il ragno e l'uccello abbiano delle immagini consce di tele e nidi precedentemen­
te costruiti. Tali attività sono meglio classificate come memorie comportamenta­
li. Forse, tuttavia, i suoni con cui gli animali comunicano fra di loro, prendiamo
ad esempio il canto degli uccelli, hanno una qualche somiglianza con i ricordi di
eventi passati. Se le cose stanno così, si può riconoscere che i soggetti potrebbero
ereditare dei ricordi di immagini così come di comportamenti.
N ella maggior parte dei casi, una spiegazione basata sulla memoria genetica,
finisce tuttavia per sollevare una serie di obiezioni. Innanzitutto, l'intervallo fra
la morte e la nascita è abitualmente troppo breve e raramente supera i cinque
anni (14). Un soggetto nato in una differente famiglia, pochi mesi o anni dopo la
morte della precedente personalità, difficilmente potrebbe esserne un discen­
dente.
Inoltre, le memorie trasmesse geneticamente, non potrebbero comprendere
eventi accaduti dopo il concepimento del bambino. Ne consegue che, il ricordo
della morte di una persona, non potrebbe quindi essere trasmesso geneticamen­
te; mentre, invece, la maggior parte dei bambini coinvolti in questi casi ricorda
benissimo - anche quando le sue reminiscenze sono molto deboli e scarne di
particolari - il modo in cui morì la loro personalità precedente. Può essere utile
considerare il caso (riassunto nel capitolo 2) di Mary Magruder, la quale aveva
un incubo ricorrente in cui veniva rincorsa da un Indiano Pellirossa intenziona­
to ad avere il suo scalpo. Ho già detto precedentemente che potremmo spiegare
il suo caso utilizzando il concetto di memoria ereditaria; ma vi è una condizione
essenziale per poter ricorrere ad una tale interpretazione. Se la ragazza attaccata
dall'Indiano, riuscì a scappare al suo persecutore, ed in seguito ebbe dei bambi­
ni, essi potrebbero avere ereditato il ricordo di questo avvenimento continuan­
do a trasmetterlo ai loro discendenti, fino a raggiungere Mary Magruder. Tutta­
via, se l'Indiano la catturò e la uccise, tale ricordo non avrebbe potuto essere tra­
smesso alle generazioni successive, da alcuno dei figli che ella aveva precedente­
mente messo al mondo (15).


(14) Intervallo fra la morte della personalità precedente e la nascita del soggetto
Ho pubblicato altrove (Stevenson, 1983a) dei dati relativi all'intervallo medio esistente fra la morte
della personalità precedente e la nascita del soggetto, prendendo in esame una serie di casi appartenenti a
sette differenti culture. T aie intervallo si aggira dai sei ai quarantotto mesi.
(15) Memoria genetica della morte di un'altra persona
Uno dei miei collaboratori ha suggerito che,. un bambino nato in seguito alla morte di uno dei due
genitori, potrebbe conoscere i dettagli di tale avvenimento e potrebbe trasmettere tali dettagli genetica·
mente ai suoi discendenti. Dato che, nel contesto di tale discussione, stiamo ammettendo che qualunque
memoria possa venir trasmessa geneticamente, non possiamo di certo escludere questa possibilità. Tale
suggerimento, tuttavia, non spiega adeguatamente la forte emotività che quasi sempre accompagna i sog·
getti quando ci raccontano come è morta la loro personalità precedente. Io dubito che si possa sperimen·
tare la morte di un'altra persona allo stesso modo in cui si sperimenta la propria; ed è proprio l'esperien·
za personale, non quella di qualcun altro, che il soggetto sembra comunicare.


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