17 4 l Bambini che ricordano altre vite
tribuito questa differenza alla maggiore attenzione e agli incoraggiamenti a parla
re che subiscono i soggetti di un caso risolto, da parte delle persone che li cir
condano. Contrariamente, i parenti di un bambino che fa affermazioni che non
trovano una verifica pratica, possono rapidamente perdere interesse per quanto
dice, inducendolo quindi a smettere di parlare dell'argomento. Inoltre, i soggetti
dei casi risolti, scambiano quasi sempre delle visite con la loro precedente fami
glia e, queste visite, potrebbero contribuire a mantenere vivi i loro ricordi e a
posticiparne quindi l'affievolimento.
In terza analisi, i soggetti dei casi che non giungono a soluzione, tendono a
ricordare di essere morti, nel corso della loro precedente esistenza, in modo più
violento degli altri. Fra i casi risolti, le morti violente si sono verificate nella mi
sura del 51% mentre, fra quelli non risolti, del 91%. Ci si può chiedere se, nei
casi non risolti, non si tratti solo di un'immaginazione da parte dei soggetti. Poi
ché le loro affermazioni non trovano delle conferme, è logico supporre che si
possa trattare unicamente di fantasticherie; tuttavia, è anche possibile che, alcuni
soggetti appartenenti a tale gruppo, abbiano realmente dei ricordi di una prece
dente vita, pur arricchendoli di particolari fantastici quali quello di una morte
violenta.
Forse però, può non trattarsi di semplici fantasie. È possibile, infatti, che es
si abbiano dei reali ricordi della precedente esistenza, carenti tuttavia dei detta
gli verificabili (o non esenti da errori ed imprecisioni) che si possono invece ri
scontrare nei racconti dei soggetti di quei casi che giungono a soluzione. Sebbe
ne, come ho spiegato precedentemente, i casi irrisolti differiscano da quelli che
pervengono ad una soluzione per ciò che riguarda tre principali caratteristiche,
vi sono anche altrettante condizioni che li rendono in qualche modo simili. I
soggetti di entrambi i casi, infatti, cominciano a parlare della loro precedente vi
ta alla stessa età, ricordano la causa del loro decesso e rivelano fobie relative alla
morte. Tali similitudini suggeriscono che entrambe le casistiche possono rientra
re all'interno di uno stesso genere o tipologia.
Tornando per un momento a non considerare tali due serie di casi in modo
separato, abbiamo riscontrato che, mentre il 72% dei soggetti ricorda perfetta
mente il modo in cui la precedente personalità perse la vita, solo il 63% ne ricor
da il nome. Fra i casi risolti (in cui la causa del decesso viene quindi accertata), il
94% dei soggetti ricorda l'esperienza della morte solo quando questa si è verifi
cata in modo violento, mentre solo il 52% la ricorda se avvenuta in modo natu
rale. La statistica dimostra invece che il nome della precedente personalità viene
ricordato solo da un 76% dei soggetti. Volendo far credito all'ipotesi reincarna
zionistica si può dedurre che, una persona morta in modo violento la quale, dna
scendo in un altro corpo, abbia pochi ricordi della sua precedente esistenza,
avrà più facilità a ricordare l'evento drammatico della sua morte che non a ricor
dare quello che fu il suo nome. Questa particolarità potrebbe quindi essere re
sponsabile della maggiore incidenza di morti violente registrate fra i casi irrisolti.
(Non sto suggerendo, tuttavia, che questo sia l'unico fattore che contribuisce al
l'esistenza di questa importante differenziazione fra casi risolti e casi irrisolti).
Con ciò credo di aver esaurito quanto posso dire al momento a proposito
dell'analisi di un vasto numero di casi. Nelle pubblicazioni precedenti ho utiliz
zato il termine universali per designare quelle caratteristiche comuni che ricorro-