Ian Stevenson, Bambini che ricordano altre vite Una conferma della reincarnazione

(C. Jardin) #1

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tribuito questa differenza alla maggiore attenzione e agli incoraggiamenti a parla­
re che subiscono i soggetti di un caso risolto, da parte delle persone che li cir­
condano. Contrariamente, i parenti di un bambino che fa affermazioni che non
trovano una verifica pratica, possono rapidamente perdere interesse per quanto
dice, inducendolo quindi a smettere di parlare dell'argomento. Inoltre, i soggetti
dei casi risolti, scambiano quasi sempre delle visite con la loro precedente fami­
glia e, queste visite, potrebbero contribuire a mantenere vivi i loro ricordi e a
posticiparne quindi l'affievolimento.
In terza analisi, i soggetti dei casi che non giungono a soluzione, tendono a
ricordare di essere morti, nel corso della loro precedente esistenza, in modo più
violento degli altri. Fra i casi risolti, le morti violente si sono verificate nella mi­
sura del 51% mentre, fra quelli non risolti, del 91%. Ci si può chiedere se, nei
casi non risolti, non si tratti solo di un'immaginazione da parte dei soggetti. Poi­
ché le loro affermazioni non trovano delle conferme, è logico supporre che si
possa trattare unicamente di fantasticherie; tuttavia, è anche possibile che, alcuni
soggetti appartenenti a tale gruppo, abbiano realmente dei ricordi di una prece­
dente vita, pur arricchendoli di particolari fantastici quali quello di una morte
violenta.
Forse però, può non trattarsi di semplici fantasie. È possibile, infatti, che es­
si abbiano dei reali ricordi della precedente esistenza, carenti tuttavia dei detta­
gli verificabili (o non esenti da errori ed imprecisioni) che si possono invece ri­
scontrare nei racconti dei soggetti di quei casi che giungono a soluzione. Sebbe­
ne, come ho spiegato precedentemente, i casi irrisolti differiscano da quelli che
pervengono ad una soluzione per ciò che riguarda tre principali caratteristiche,
vi sono anche altrettante condizioni che li rendono in qualche modo simili. I
soggetti di entrambi i casi, infatti, cominciano a parlare della loro precedente vi­
ta alla stessa età, ricordano la causa del loro decesso e rivelano fobie relative alla
morte. Tali similitudini suggeriscono che entrambe le casistiche possono rientra­
re all'interno di uno stesso genere o tipologia.
Tornando per un momento a non considerare tali due serie di casi in modo
separato, abbiamo riscontrato che, mentre il 72% dei soggetti ricorda perfetta­
mente il modo in cui la precedente personalità perse la vita, solo il 63% ne ricor­
da il nome. Fra i casi risolti (in cui la causa del decesso viene quindi accertata), il
94% dei soggetti ricorda l'esperienza della morte solo quando questa si è verifi­
cata in modo violento, mentre solo il 52% la ricorda se avvenuta in modo natu­
rale. La statistica dimostra invece che il nome della precedente personalità viene
ricordato solo da un 76% dei soggetti. Volendo far credito all'ipotesi reincarna­
zionistica si può dedurre che, una persona morta in modo violento la quale, dna­
scendo in un altro corpo, abbia pochi ricordi della sua precedente esistenza,
avrà più facilità a ricordare l'evento drammatico della sua morte che non a ricor­
dare quello che fu il suo nome. Questa particolarità potrebbe quindi essere re­
sponsabile della maggiore incidenza di morti violente registrate fra i casi irrisolti.
(Non sto suggerendo, tuttavia, che questo sia l'unico fattore che contribuisce al­
l'esistenza di questa importante differenziazione fra casi risolti e casi irrisolti).
Con ciò credo di aver esaurito quanto posso dire al momento a proposito
dell'analisi di un vasto numero di casi. Nelle pubblicazioni precedenti ho utiliz­
zato il termine universali per designare quelle caratteristiche comuni che ricorro-


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