Ian Stevenson, Bambini che ricordano altre vite Una conferma della reincarnazione

(C. Jardin) #1

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sopravvissuti alla morte e avere contribuito alla formazione della nuova indivi­
dualità (e alla personalità) del bambino.
Non sono contrario all'utilizzo della parola anima come riferimento agli ipo­
tetici elementi di una persona che sia in grado di sopravvivere alla morte e rein­
carnarsi. Ma, dal momento che questa parola possiede i connotati tipici di un
punto di vista religioso, tendo ad evitarla preferendo ad essa, per indicare questi
potenziali elementi in grado di sopravvivere, il termine personalità. Nel mio voca­
bolario faccio uso anche della parola mente quando mi riferisco, in modo parti­
colare, ad un qualcosa che viene sperimentato direttamente da una persona e
che la riguarda personalmente.
Due altri termini necessitano di una definizione: casi risolti e casi insoluti. I
primi si presentano quando sia io che i miei collaboratori ci sentiamo pienamen­
te soddisfatti delle affermazioni di un bambino in merito ad una persona in par­
ticolare e solo a quella, gli altri, quando manca una simile precisione.
I soggetti, di solito, hanno due diversi tipi di ricordi della vita che ritengono
di rammentare. I primi sono dei ricordi immaginatz; ovvero ricordi di eventi che si
presentano al soggetto - sembra - allo stesso modo in cui si manifestano nor­
malmente i comuni ricordi dei primi eventi della nostra vita. Ho incluso in que­
sta categoria anche le informazioni che il soggetto può avere a proposito di nomi
di persone e di luoghi, qualche volta anche di date e di epoche, che non riesco­
no ad essere facilmente interiorizzate e rappresentate in forma immaginata. Que­
sti ricordi differiscono da quelli del secondo tipo che ho chiamato memorie com­
portamentalz:
Il significato di ciò che ho chiamato memoria comportamentale è così impor­
tante per ciò che riguarda i casi e la loro interpretazione che sarà meglio spiegare
in dettaglio quello che si intende con questo termine. Gli psicologi hanno già
studiato la manifestazione ripetuta di un comportamento, come un'abitudine o
una reazione apparentemente irrazionale ad un dato evento, che sorge senza che
il soggetto sia consapevole del modo in cui questa ha avuto origine. La suggestio­
ne postipnotica rappresenta un valido strumento per indagare questa separazio­
ne fra il comportamento e i ricordi della sua origine. La suggestione postipnoti­
ca, lo ricordiamo, è una pratica in cui l' ipnotista chiede al soggetto in stato di ip­
nosi di compiere, una volta uscito dallo stato ipnotico, una determinata azione;
ma quando l'operatore effettua la prima suggestione spesso ne compie anche
un'altra che ha l'intenzione di far dimenticare la prima. L'ipnotista, ad esempio,
potrebbe ordinare al soggetto, una volta uscito dallo stato ipnotico, di aprire un
ombrello nel momento stesso in cui lui getterà a terra il suo fazzoletto. Lo spe�
cialista dirà poi al soggetto di non ricordare questa suggestione e lo condurrà
fuori dallo stato ipnotico. Dopo un certo periodo il terapeuta farà cadere come
per caso il suo fazzoletto a terra. Il soggetto potrebbe indugiare e rimanere per­
plesso per un attimo ma poi procederà ad eseguire l'azione. L'ipnotista potrebbe
allora chiedergli la ragione di questo suo comportamento e il soggetto potrebbe
tentare di spiegarglielo adducendo motivazioni causali quali delle crepe sul sof­
fitto, l'arrivo di una bufera ed il suo desiderio di aprire l'ombrello nel caso che
l'acqua gocciolasse giù dal soffitto o semplicemente per assicurarsi che l'ombrel­
lo funzioni alla perfezione. Con queste risposte egli dimostra così di aver dimen­
ticato completamente che il suo gesto di aprire l'ombrello deriva dalle istruzioni

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