Ian Stevenson, Bambini che ricordano altre vite Una conferma della reincarnazione

(C. Jardin) #1

46 l Bambini che ricordano altre vite


La credenza nella reincarnazione, come altre credenze, può godere o meno
del favore di particolari nazioni o culture. Se analizziamo questa opinione in un
lungo lasso di tempo possiamo vedere dei chiari esempi di come tale fede possa
essere sorta presso alcune popolazioni ed in seguito scomparsa presso altre che
l'avevano conservata a lungo.
I Tibetani forniscono un esempio di uno sviluppo nell'idea della reincarna­
zione - o forse sarebbe meglio dire di un particolare tipo di idea - che non
esisteva affatto prima. Il Buddismo raggiunse il Tibet ove si diffuse fra il settimo
e il decimo secolo d.C.. La versione di Buddismo che fu introdotto prevedeva la
credenza nella reincarnazione, ma questa, provenendo dall'India, non conteneva
quegli elementi che più tardi furono autonomamente sviluppati dai Tibetani e
che resero la loro idea della reincarnazione e la maggioranza dei loro casi assai
diversi da quelli di altri popoli. Mi riferisco alla concezione secondo la quale dei
monaci spiritualmente avanzati (lama) possano acquisire la capacità di controlla­
re le loro vite successive e, dopo la loro rinascita, offrire delle indicazioni sulla
loro identità precedente. (Tali persone vengono chiamate tulku dai Tibetani).
Questi concetti si svilupparono in Tibet fra l'undicesimo e il quindicesimo seco­
lo d.C.. In seguito vennero codificati e, in una certa misura, anche cristallizzati, in
un sistema di successione che garantiva, per mezzo della reincarnazione, il con­
trollo del grado di abate nei monasteri. Nonostante che il concetto Tibetano di
reincarnazione non abbia avuto origine con i Dalai Lama, essi e i loro subordina­
ti, i Gelupta, lo adottarono ugualmente sviluppandolo, in seguito, a tal punto che
i procedimenti rituali adottati per identificare ogni nuovo Dalai Lama furono
considerati come modello per identiche scoperte di altri lama anziani (23).


Fra i casi di popolazioni che un tempo credevano alla reincarnazione e che
ora hanno cessato di prestarvi fede sono da citare i Musulmani dell'India che
forniscono, fra l'altro, un interessante esempio. Sappiamo che solo un piccolo
gruppo dei milioni di Musulmani che oggi vivono in India possono essere consi­
derati i discendenti diretti dei cavalieri islamici invasori che fondarono l'impero
Mogul che governò l'India per ben quattro secoli. La maggioranza dei Musulma­
ni dell'India contemporanea sono i discendenti di antenati lndù convertiti dal-


Coloro che credono che la morte comporti l'oblio, spesso la temono e cercano in tutti i modi di evi­
tarla, persino quando le loro vite sono divenute ormai miserabili a causa di gravi malattie e quando, persi­
no coloro che li circondano, si rendono conto che « non valga più la pena di viverle ». La spiegazione di
Patanjali (1953) di questo enorme timore nei confronti della morte può senz'altro soddisfare tali casi, ma
è possibile applicare un'altra spiegazione. Durante le nostre vite finiamo per attaccarci enormemente al
flusso di coscienza cui noi ci riferiamo con il termine di « io ». La sua cessazione per sempre ci sembra
del tutto ripugnante e qualcosa contro cui opporsi e combattere strenuamente. Una persona che creda
che il suo « io » continui in qualche modo dopo la morte, abbandonerà tranquillamente il suo corpo fisi­
co non appena questo non gli sarà più utile.
Tuttavia la paura della morte non sempre denuncia una forma egoica. I morenti spesso si affliggono
per coloro che restano molto più di quanto quest'ultimi non facciano per loro (Aldrich, 19 63). E i bambi­
ni che ricordano una loro vita precedente in cui avevano lasciato un compito a metà (dei cui casi ho par­
lato abbondantemente nel capitolo 9) ci aiutano a capire come alcune persone vorrebbero vivere più a
lungo per poter continuare ad aiutare gli altri.
(23) Il modello Tibetano della reincamazione
Beli (19 3 1), Snellgrove e Richardson (1968) descrissero lo sviluppo del sistema dei tulku, che si dice
siano le successive incarnazioni di lama molto avanzati.

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