Ian Stevenson, Bambini che ricordano altre vite Una conferma della reincarnazione

(C. Jardin) #1

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nell'altra. Essi sono convinti, invece, che l'anima passi attraverso una successione
di vite dotate di caratteristiche diverse in ognuna delle quali deve fare il suo me­
glio per raggiungere la perfezione morale. Il riuscirvi o meno non influenza le
sue future condizioni. Alla fine, tuttavia, durante il Giudizio Universale, si esami­
neranno le sue azioni riportate sul Gran libro, quelle buone e quelle cattive ver­
ranno sommate e, a seconda della ricompensa, l'anima verrà assegnata da Dio al
Paradiso o all'Inferno per l'eternità (32).
I popoli dell'Africa Occidentale hanno una concezione della reincarnazio­
ne che non ha quasi nessun nesso con la condotta morale. Con ciò non intendo
dire che questi popoli non abbiano sviluppato delle concezioni morali; al contra­
rio, hanno elaborato un sistema di codici morali e di sa nzioni per farli valere. Il
loro concetto di reincarnazione, non ha quasi nessun rapporto con questi codici.
Essi considerano la vita che fondamentalmente è piacevole e desiderabile. (Questo
atteggiamento contrasta con l'attitudine negativa verso la vita politica degli Indù e
dei Buddisti). Queste popolazioni, di conseguenza, considerano il post-mortem co­
me un limbo da cui lo spirito disincarnato è ansioso di ritornare sulla terra. Essi
sperano in una nuova incarnazione in cui le condizioni sociali o le circostanze sia­
no più favorevoli, ma non si aspettano che ciò possa essere la conseguenza di una
condotta meritoria. Essi attribuiscono un'importanza maggiore ai desideri di mi­
glioramento che una persona esprime durante l'arco della sua vita (33).
I Tlingit della zona Sud-Orientale dell'Alaska hanno delle credenze simili.
Come gli Africani, non credono che la condotta morale governi o abbia un qual­
che effetto su ciò che accadrà nella vita successiva; essi credono inoltre che i de­
sideri espressi in una vita possano· plasmare la successiva. Per questo spesso tro­
viamo qualche anziano Tlingit che avvertendo il vicino trapasso sceglie i genitori
dei quali desidera essere figlio; egli può.anche alludere a lati di se stesso che vor­
rebbe modificare nella vita successiva, potrebbe desiderare, ad esempio, di esse­
re più forte, avere una migliore educazione e non avere i piedi piatti (3 4).
Esiste un quarto concetto che riguarda il collegamento di una vita con la
successiva che potrebbe essere considerato il più importante; ed è l'unico del

(32) Credenza nella reinc:amazione fra i M usulmani Sc:iiti
I Drusi del Libano e della Siria e gli Alevi della Turchia mantengono la credenza descritta in questo
paragrafo del testo (Stevenson, 1980).
Obeyesekere (1968, 1980) distinse due tipi di credenza nella reincarnazione: quello «istintivo>> e
quello « morale ». A suo parere, le persone che abbracciano il primo tipo di credenza non uniscono i loro
valori morali al processo di reincarnazione mentre, coloro che abbracciano il secondo tipo di credenza, lo
fanno. Obeyesekere citò i Trobriander e gli Igbo come esempi di popolazioni che manifestano la prima di
tali due tendenze; gli Indù ed i Buddisti fornirebbero invece un ovvio esempio di credenza etico-morale.
Obeyesekere si sbagliò, tuttavia, asserendo che il risultato della moralizzazione della credenza nella rein­
carnazione equivalga in qualche modo al concetto di karma sviluppato dagli Indù e dai Buddisti. I Drusi
hanno abbinato i loro valori morali alle loro idee relative alla reincamazione; senza tuttavia dar luogo ad
un simile concetto.
(33) Credenza nella reinc:amazione nell'Africa Occidentale
Ulteriori informazioni possono essere rinvenute in Parrinder (1956), Stevenson (1985) e Uchendu
(1965). Il mio articolo sulla credenza nella reincamazione fra gli Igbo della Nigeria contiene dei riferi­
menti a discussioni fatte precedentemente a proposito dello stesso argomento.
(34) Credenza nella reinc:amazione fra i 11ingit
Ho riassunto altrove il concetto di reincamazione esistente fra i Tlingit (Stevenson, 1966; 1974b/
1966).

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