Ian Stevenson, Bambini che ricordano altre vite Una conferma della reincarnazione

(C. Jardin) #1
Dodici casi di bambini l 9 3

gli esseri umani possono rinascere in corpi di animali (cosa che lei considerava
impossibile), ma non aveva mai sentito parlare di reincarnazione in un altro cor­
po umano.
Nonostante tutto i membri della famiglia avevano la sensazione che Winnie
sarebbe in un qualche modo ritornata fra loro. Dopo circa sei mesi dall'avveni­
mento, Sharon sognò che Winnie sarebbe ritornata presso la famiglia e, quando
due anni dopo la madre rimasa incinta, sognò di nuovo la stessa cosa. Nel 1964
quando la Sig.ra Eastland si trovava nella sala parto per la nascita del nuovo
bambino il suo primo marito (il padre di tutti i suoi bambini) credette di udire la
voce di Winnie che distintamente diceva:« Papà, sto tornando a casa >>. La bam­
bina quindi si trovò a nascere in una famiglia che aveva perduto una figlia solo
pochi anni prima e che desiderava in un certo modo che la stessa bambina rina­
scesse presso di loro. Dobbiamo ricordarci di questi fatti nella nostra valutazione
delle caratteristiche mostrate da Susan in rapporto alla vita di Winnie.
Quando Susan ebbe due anni fece delle affermazioni che sembravano rife­
rirsi alla vita di Winnie. Quando qualcuno le chiedeva quanti anni avesse, lei ri­
spondeva sei (l'età di Winnie al momento della morte). La sua convinzione di es­
sere più cresciuta di quanto fosse in realtà persistette fino ai cinque anni poiché
a quell'età insisteva di essere più grande del fratello Richard che aveva undici
anni. Winnie aveva avuto tre anni in più di Richard per cui l'affermazione di Su­
san poteva essere considerata giusta dal punto di vista di Winnie ma ovviamente
errata considerando la sua età in rapporto a quella di Richard.
Susan espresse un notevole interesse per due fotografie di Winnie dicendo:
« Questa sono io ». La Sig.ra Eastland credette di averle detto che quelle erano
delle fote di Winnie ma sicuramente non credeva che Susan fosse la reincarna­
zione di Winnie. Non solo Susan si identificava con quelle foto, ma insisteva an­
che nel volerle tenere. Ne mise una vicina al letto e continuò a portarsi appresso
l'altra per diverse settimane sempre dicendo che quella era una foto sua.
Susan non chiese mai di essere chiamata Winnie, ma, in una occasione,
quando poteva appena scarabocchiare prese una matita colorata e, sulla porta
della cucina scrisse la parola « WINNI » omettendo perciò la E finale e dispo­
nendo la I su un lato invece che tenerla diritta.
Durante lo stesso periodo, Susan spesso impiegava la frase: « Quando anda­
vo a scuola», riferendosi anche a quando si divertiva andando sull'altalena della
scuola. Susan non era ancora mai andata a scuola e, sebbene fosse andata sul­
l'altalena nel giardino dei suoi genitori, non era mai stata su quella della scuola.
Winnie, d'altro canto, prima di essere uccisa già andava a scuola, e le piaceva an­
dare sull'altalena.
Quando Winnie era ancora presente, la Sig.ra Eastland aveva un recipiente
per i biscotti sul cui coperchio vi era un disegno di un gatto. Giocando con i fi­
gli, se qualcuno di loro voleva un biscotto, lei chiedeva al gatto quanti biscotti
doveva avere il bimbo; imitando poi il gatto con una voce un po' stridula diceva:
« Maoo, ne puoi prendere uno ». (Il numero di biscotti che la madre concedeva
variava a seconda dei meriti o della fame dei bambini). Dopo la morte di Win­
nie, la Sig.ra Eastland mise via quel recipiente e se ne dimenticò, rimase impac­
chettato e nascosto per diversi anni. Quando Susan aveva circa quattro anni la
madre riprese il recipiente e lo riempì di biscotti. Susan allora le chiese un bi-

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