fine al genocidio - ma le donne occupano 13 dei 26 seggi nel Consiglio dei
ministri. Kagame, considerato da alcuni autoritario, da altri un visiona-
rio, con il suo Rwanda Patriotic Front ha guidato la spinta a formare una
nuova identità nazionale che cancellasse qualsiasi cenno a Hutu e Tutsi
e ha fatto passi da gigante verso l’uguaglianza di genere.
A L I C E
U R U S A R O
KAREKEZI
A V V O C A T A
D E I D I R I T T I
UMANI
La maggioranza
dei morti erano
uomini.
La maggioranza
dei profughi,
uomini.
La maggioranza
dei prigionieri,
uomini.
Chi poteva
mandare
avanti il paese?
che era sfuggita alla persecuzione dei Tutsi nel 1959, Emma Furaha Ru-
bagumya ricorda che suo nonno sgridava suo padre perché le aveva per-
messo di iniziare le superiori invece di sposarsi. Suo nonno, spiega, te-
meva che «non sarebbe diventata una brava donna», se avesse continuato
gli studi anziché trovare un marito e avere figli. La “grande battaglia” tra
i due uomini prima che lei si iscrivesse all’università fu un altro episodio
«che non posso scordare della mia vita».
Oggi, Rubagumya, 52 anni, è una parlamentare al primo mandato.
Eletta nel 2018, guida la Commissione per le Politiche di genere in Par-
lamento. Suo nonno, morto nel 1997, non è vissuto abbastanza per vederla
eletta parlamentare, ma ha conosciuto suo marito e le sue tre figlie.
Lei ricorda che durante i litigi riguardo alla sua istruzione, sua madre
non intercedeva per lei perché, «per come era impostata allora la società,
non poteva opporsi al suocero per prendere le mie parti». Sua madre e le
sue nonne erano «semplici donne del villaggio, che coltivavano la terra
e si prendevano cura dei bambini. Non erano mai andate a scuola». Oggi,
però, dice, «anche molte donne del villaggio vedono l’istruzione delle
figlie come una priorità assoluta».
Justine Uvuza ha guidato la sezione legale del ministero per le Politiche
di genere e la Famiglia e, tra le altre cose, ha avuto il compito di identi-
ficare le norme discriminatorie dal punto di vista del genere da emendare
o abrogare, come una legge che proibiva alle donne di lavorare di notte.
Un’altra legge, oltre a proibire alle donne di entrare nei corpi diplomatici,
sanciva che una donna era “parte della proprietà” di un uomo che diven-
tava diplomatico. I cambiamenti nelle normative hanno anche portato
alla fondazione di un ufficio per il monitoraggio sulla parità di genere,
volto a promuovere e supervisionare le iniziative in questo campo. Le
donne in Parlamento hanno fatto pressione per approvare provvedimenti
contro la violenza di genere che penalizzavano lo stupro coniugale e nel
2016 per modificare la legge di successione in modo da permettere alle
vedove senza figli di ereditare il patrimonio del coniuge.
I cambiamenti post-genocidio sono avvenuti a causa dell’assenza di
uomini ma, come dice l’avvocata per i diritti umani Karekezi, anche «in
base a una visione politica». Le donne sono state ricompensate per aver
rifiutato di proteggere gli uomini, parenti compresi, coinvolti nel geno-
cidio, e per aver testimoniato contro i loro stupratori. Le politiche a favore
delle donne, dice Karekezi, riconoscevano anche il ruolo precoloniale
della donna nel processo decisionale, quando i re del paese ascoltavano
il consiglio delle madri e le donne della campagna tenevano insieme le
comunità mentre gli uomini erano lontano a pascolare il bestiame.
I VALORI E LE ASPETTATIVE DEL RUANDA per le donne, almeno in ambito
pubblico, sono cambiati nel corso di una generazione. Con l’ingresso nel
Nata profuga
in Tanzania in una famiglia
60 NATIONAL GEOGRAPHIC ITALIA