National Geographic Italy - 11.2019

(Tina Meador) #1

Society di Londra - la più antica accademia scientiica tra quelle attive


ancora oggi - ammise le prime donne soltanto nel 1945.


Nell’ambiente scientiico è normale che gli uomini si prendano il merito

di ricerche svolte dalle donne che lavorano con loro, spesso colleghe, ma


a volte anche mogli o sorelle. Nel 1974, per esempio, il premio Nobel per


la isica, che sarebbe dovuto andare all’astroisica Jocelyn Bell Burnell


per la scoperta delle stelle pulsar, fu assegnato al suo professore, Antony


Hewish. L’anno scorso, ricevendo lo Special Breakthrough Prize per la


isica fondamentale, Bell Burnell con un gesto di straordinaria generosità


ha devoluto l’intera somma di tre milioni di dollari al inanziamento di


borse di studio per donne o altre categorie poco rappresentate nella isica.


Ma anche quando le porte della scienza si aprono per loro, le donne in

quel mondo non hanno vita facile. Sessismo e misoginia emergono sia


apertamente che in forme meno scoperte. Da una recente analisi su 7.000


rapporti di studio pubblicati su riviste scientiiche sottoposte a revisione


paritaria (peer review) è emerso che se il coordinatore dello studio era


una donna la percentuale di donne tra i coautori dello studio si attestava


in media al 63 per cento; quando invece il coordinatore era un uomo, la


percentuale di donne coautrici scendeva al 18 per cento.


Non sorprende perciò che le donne, esasperate da questo stato di cose,

premano perché ci sia un cambiamento. L’anno scorso Jess Wade, una


isica dell’Imperial College di Londra, ha lanciato insieme alla ricercatrice


Claire Murray una campagna di crowdfunding per donare una copia di


Inferior a ogni scuola pubblica del Regno Unito. Dopo due settimane


l’obiettivo è stato raggiunto e campagne simili sono state lanciate a New


York e in Canada, Australia e Nuova Zelanda. Inoltre, sull’esempio di


Bell Burnell, anche altre donne stanno facendo donazioni per cercare di


cambiare un sistema che da solo sembra proprio non volerlo fare.


Ma perché l’onere di migliorare la situazione delle donne nella scienza

deve ricadere così pesantemente proprio su di loro? Come dimostrano


le storie che ho ascoltato, una parte del problema risiede in certi uomini


e nelle istituzioni che danno spazio al sessismo. Le ragazze e le giovani


donne che scelgono corsi di scienza e tecnologia sono sempre più nume-


rose, lo sappiamo, ma è un numero che si riduce fortemente man mano


che si sale la piramide gerarchica. Gravidanza e maternità hanno un peso,


ma c’è dell’altro. Quest’anno un’indagine dell’Università di Cardif ha


rivelato che anche al netto delle responsabilità familiari gli accademici


di sesso maschile nel Regno Unito fanno più carriera rispetto a quelli di


sesso femminile.


Ma c’è un’altra nube, ancora più scura, che incombe sul mondo scien-

tiico e accademico: quella delle molestie sessuali. Il fenomeno globale


#MeToo ha dato voce alle vittime di atti di aggressione sessuale e portato


alla luce abusi e vessazioni. E c’è motivo di credere che queste esperienze


siano più difuse di quanto non sia già emerso con chiarezza. I dati a


EMMA
CHAPMAN,
FISICA
IMPERIAL
COLLEGE
LONDON

Siamo
capaci
di parlare
tutto
il giorno
di politiche
per le
famiglie, ma
neghiamo
totalmente
che esista
una cultura
attivamente
ostile.

DONNE E SCIENZA 87
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