gradino inferiore in modo molto concreto e profondo. La legge poteva stabilire
il posto in cui avevi il permesso di vivere o lavorare e la tua possibilità di aprire
un’attività, possedere una proprietà o votare. I costumi sociali e le persone in-
fluenti potevano tenerti fuori dalle stanze dei consigli di amministrazione o dai
circoli privati. Ma nessuno aveva davvero il potere di raggiungere la tua anima
ed estinguere la tua fiducia in te stessa.
Mia madre ha un’etica del lavoro molto forte, ma ha anche una irresistibile
“etica del valore”. L’autostima di fronte all’oppressione è il suo superpotere.
Questa parola - potere - assume dimensioni diverse se vista attraverso il prisma
del genere. Di solito il potere è associato alla forza, che a sua volta è legata alla pre-
stanza fisica o alla disponibilità finanziaria. L’assunto di base è che, quando gli
uomini diventano potenti, tutta la società ne trae vantaggio: le loro famiglie, le loro
comunità, i loro luoghi di lavoro e di culto. Quando le donne parlano di esercitare il
potere o di aumentare la loro forza collettiva riunendosi, i presupposti sono molto
diversi. Troppo spesso lo si vede come un gioco a somma zero, in cui le donne
guadagnano potere a spese degli uomini e a rischio della società nel suo insieme.
Sono cresciuta in un’epoca di proteste di strada. Le donne hanno marciato, fatto
picchetti e rivendicato diritti per tutto il corso della mia vita. E, come succede
con la maggior parte dei movimenti, il progresso avviene a sbalzi, tra intoppi e
momenti di accelerazione improvvisa. L’Equal Rights Amendment, una proposta
di emendamento della Costituzione Usa per la parità dei diritti elaborata per la
prima volta nel 1923, sembrava pronta a essere ratificata all’inizio degli anni Set-
tanta, ma rimase bloccata. Adesso stiamo vivendo un altro momento di progresso,
evidenziato soprattutto dal movimento #MeToo: una sorprendente corrente di
donne imbaldanzite e furiose che dicono basta alle molestie e alle aggressioni
sessuali. Questa rivolta ha prodotto una nuova ondata di leggi, una maggiore
consapevolezza e conseguenze immediate per gli uomini che prima l’avevano
fatta franca. Le veterane della lotta per i diritti delle donne nutrono la speranza
che si tratti davvero di un movimento di lunga durata, non solo di un momento.
La nostra è un’era di conflittualità e divisione, ma ci sono buone ragioni per
essere ottimiste. Negli Stati Uniti sei donne possono salire alla ribalta, candidarsi e
sostenere in maniera credibile che dovrebbero essere elette alla carica più potente
al mondo: presidente degli Stati Uniti d’America. Viviamo in un mondo in cui una
donna può diventare un generale pluridecorato, regista da Oscar o amministratrice
delegata nella lista Fortune 500.
In tutto il mondo, le donne stanno ottenendo un potere senza precedenti.
Detengono la maggioranza dei seggi nella Camera bassa del Parlamento ruandese.
Quasi due terzi dei ministri del governo spagnolo sono donne. L’unico paese che
vietava alle donne di guidare, l’Arabia Saudita, lo ha finalmente permesso. Ci sono
state presidenti donne in quasi un terzo dei paesi del mondo.
In una svolta epocale, la squadra di calcio nazionale femminile degli Stati Uniti
ha dominato la Coppa del Mondo con tale forza da surclassare la squadra maschile
quanto a vittorie, visibilità e status nella cultura pop. Le donne sono diventate il
simbolo del calcio americano. Eppure, viviamo anche in un’epoca in cui quelle
stesse grandi star lottano in tribunale per ottenere parità di retribuzione rispetto
agli uomini. E non si tratta nemmeno di uno stipendio uguale per un lavoro uguale,
ma di uno stipendio uguale per un lavoro oggettivamente migliore.
Per secoli le donne sono state viste come il genere più debole e vulnerabile. Sono
state rese inferiori, con un considerevole aiuto da parte dei costrutti sociali e della
ricerca scientifica. La giornalista britannica Angela Saini ha documentato il modo
in cui la scienza ha definito e confinato le donne nel suo libro Inferior: How Science
Got Women Wrong - and the New Research That’s Rewriting the Story (vedi il servizio
a pag. 82). Saini sostiene che gli scienziati di sesso maschile abbiano approfittato
dei loro studi e della loro influenza per dare risonanza alle proprie visioni sulla
disuguaglianza di genere (e razziale). E per assicurarsi che le donne non avessero la
Siamo finalmente arrivati
a un punto di svolta?
Nel 1915 l’attrice Dorothy
Newell fece scalpore facendosi
ritrarre con uno slogan a
favore del voto alle donne
dipinto sulla schiena, meno
di un mese dopo che decine
di migliaia di donne avevano
marciato su Fifth Avenue. Due
anni dopo New York concesse
alle donne di votare, e cinque
anni dopo tutti gli Stati Uniti
seguirono l’esempio. Un
successo ottenuto dopo una
campagna martellante iniziata
nel 1848 per far conquistare
alle donne un diritto che la
Costituzione negava loro.
NOVEMBRE 2019