National Geographic Italy - 11.2019

(Tina Meador) #1
PAGINE PRECEDENTI: (FILA IN ALTO, DA SINISTRA A DESTRA) ERIKA LARSEN; DIANA MARKOSIAN; L. GAUTHIER; CIRIL JAZBEC; ERIKA LARSEN; ROBIN HAMMOND (FILA IN BASSO,
DA SINISTRA A DESTRA) ZACKARY CANEPARI; WILLIAM ALBERT ALLARD; THOMAS J. ABERCROMBIE; ROBERT B. GOODMAN; ANONIMO; B. ANTHONY STEWART

LE FOTOGRAFIE DI UN ARCHIVIO


Women: Il tributo di
National Geographic
alle donne getta luce
e riflette sulla vita
delle donne con 400
straordinarie fotografie
scattate in oltre
30 paesi. A queste
si aggiungono 17 storie
private narrate da
famose fotografe
di National Geographic
e interviste con
personalità come
Jane Goodall, Sylvia
Earle, Oprah Winfrey,
Laura Bush, Nancy
Pelosi e Melinda
Gates. Il volume
sarà disponibile a
novembre nelle librerie
e, in versione originale,
a: shopng.com/books.

Sarah Leen è la
direttrice del settore
fotografico di National
Geographic.

rappresentano una testimonianza delle epoche in cui sono state realizzate.
Esaminando quelle del passato per trovare immagini adatte a queste pagine


  • e al nostro ultimo libro, Women: Il tributo di National Geographic alle donne

  • siamo stati colpiti dalla ristrettezza dei confini entro cui un tempo si de-
    scrivevano le donne. Scatti bellissimi, a volte divertenti, altri tristi e perfino
    sconvolgenti, che tuttavia riflettono pregiudizi e consuetudini dell’epoca.
    L’archivio si compone di oltre 60 milioni di foto raccolte a partire dal 1888,
    anno di fondazione di National Geographic: foto pubblicate e non, diaposi-
    tive, negativi, lastre di vetro e quant’altro. Una collezione di testimonianze
    visive di donne di società e culture diverse tra le più ricche e varie del mondo.
    Agli inizi del Novecento le immagini della rivista - condizionate dai limiti
    tecnici della fotografia dell’epoca e da un punto di vista molto occidentale
    e colonialista - ritraevano spesso le donne come bellezze esotiche in posa
    nel loro costume locale o a seno nudo. Un particolare che rivela chi c’era
    allora dietro l’obiettivo: in prevalenza, un uomo bianco. Con l’evoluzione
    tecnologica le nostre immagini di donne sono diventate più dinamiche, ma
    ancora molto concentrate sugli archetipi: la moglie, la sorella, la madre. Solo
    con la Seconda guerra mondiale le donne appaiono anche in altri ruoli:
    sostengono lo sforzo bellico lavorando in fabbrica, negli ospedali, nelle forze
    armate. Terminato il conflitto, la rivista torna a una visione più domestica
    e le donne continuano a farsi strada sorridendo, fino agli anni Settanta e
    all’avvento di una fotografia in cui la vita è ritratta così com’è, nuda e cruda.
    L’archivio documenta anche la storia delle donne dietro le immagini: le
    fotografe e le photoeditor della rivista, le poche che c’erano ai tempi. La
    scrittrice e fotografa Eliza Scidmore è menzionata per la prima volta come
    fotografa nel 1907; la stessa Scidmore è considerata inoltre la prima donna
    autrice di foto a colori pubblicate dalla rivista, uscite nel 1914. La prima fo-
    tografa interna dello staff, Kathleen Revis, viene assunta nel 1953; ma le due
    successive, Bianca Lavies e Jodi Cobb, entrano a farne parte 21 e 24 anni
    dopo. Da allora la rivista chiama però più fotografe a illustrare gli articoli.
    Io sono stata una delle giovani leve. Ho iniziato a collaborare con National
    Geographic nel 1988 e ricordo ancora l’emozione quando è stato pubblicato
    nel 2000 Women Photographers at National Geographic, un volume di im-
    magini firmate da oltre 40 fotografe. Quattro anni dopo sono entrata nello
    staff come photoeditor senior e nel 2013 sono diventata la prima direttrice
    del settore fotografico della rivista. Come recita il cartello sulla pagina a
    fronte, We’ve come a long way, baby ne abbiamo fatta di strada, bimba!
    Oggi che ricorre il centenario di questa collezione la rivista descrive storie
    vere che parlano di donne vere, con immagini scattate da altre donne. Inco-
    raggiamo lo “sguardo femminile”, l’idea che le fotografe possano vedere il
    mondo diversamente rispetto agli uomini e scelgano di approfondire e dare
    risalto a temi diversi. Grazie alla visione e alle immagini delle fotografe ab-
    biamo la possibilità di mostrarvi tutto il mondo, non solo una parte di esso. j

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