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Noi e i nostri batteri
L’informatica è femminile
Un quadro completo delle ricerche sul microbioma
Nella storia dei computer le donne sono state fondamentali
A un certo punto lo ammette anche l’autore: se non fos-
se stato per non perdere la citazione di Walt Whitman,
questo libro si sarebbe intitolato «io sono moltitudini»,
non solo le «contengo». Perché alla fine delle sue 400
pagine, il messaggio è che tutto in natura si basa sulla
convivenza, compresa quella tra esseri grandi e picco-
li. E questo vale per chiunque: ci siamo evoluti insieme
come specie viventi di questo pianeta, cresciamo insie-
me come individui. Con il risultato che ciascuno è una
colonia, un «collettivo multi-specie, un mondo intero».
Ed Yong è un famoso giornalista scientifico inglese (il
suo blog Not exactly rocket science è stato uno dei blog
di scienza più seguiti degli ultimi anni) e questo è il suo
primo libro. Ricco di interviste originali e con una cor-
posa bibliografia di 80 pagine, è forse il testo divulgativo
che oggi dà il quadro più completo delle ricerche sul mi-
crobioma e di come queste ricerche stiano cambiando
la nostra visione della natura.
Sì, perché all’inizio della storia della microbiologia nes-
suno aveva attribuito un senso «morale» ai batteri, ma
presto si capì che alcuni di loro erano responsabili di
malattie e l’obiettivo fu a lungo solo quello di distrugger-
li. C’era chi aveva intuito l’idea di simbiosi e i suoi van-
taggi, ma per tutti gli altri il batterio era un patogeno, gli
antibiotici dominavano la nostra farmacopea, e l’impe-
rativo era l’antisepsi assoluta.
Le cose sono cambiate a fine Novecento, grazie al-
lo sguardo di chi ha saputo andare al di là della pato-
logia per studiare l’ecologia dell’intero pianeta, finendo
per sovvertire il concetto di individualità. Oggi sappiamo
che ci sono più batteri nel nostro intestino che stelle nel-
la nostra galassia: con loro viviamo in una negoziazio-
ne continua, che plasma il nostro sistema immunitario
e probabilmente anche il nostro umore. In altre specie
animali i batteri decidono intere funzioni vitali. Ma leva-
tevi dalla testa anche l’idea zuccherosa dei batteri «buo-
ni». Stiamo parlando di natura: ciascuno fa quel che
può per la propria sopravvivenza, in equilibrio obbliga-
to con un sacco di altra gente.
Silvia Bencivelli
Uomo, giovane, bianco, di solito asociale, che pensa
in codice. È lo stereotipo dell’informatico costruito dal-
la stampa occidentale degli anni ottanta, quando il com-
puter diventa uno status symbol e le donne spariscono
definitivamente dall’immaginario di questo mondo. Oc-
corre allora riscrivere la storia. È una donna, Ada Byron
Lovelace, a inventare il primo algoritmo a metà Otto-
cento, guardando già all’intelligenza artificiale. Figlia di
un poeta e di un’appassionata di matematica, incarna
il profondo legame tra immaginazione e scienza in cui
crede fermamente. Lavora con Charles Babbage che,
ammirandola, la definisce «incantatrice di numeri», ep-
pure la storia la relega al ruolo di assistente. Ne prende
il testimone un secolo dopo Grace Hopper, nella prima
realizzazione della macchina di Babbage. Ama la didat-
tica, crede nella cooperazione e nel fatto che per risol-
vere i problemi occorra prima capire come comunicarli.
A lei si deve l’introduzione di linguaggi di programma-
zione macchina-indipendenti e del termine bug, quan-
do sbloccò una macchina liberandola da una falena.
C’è poi Hedy Lamarr, inventrice del metodo FHSS, og-
gi alla base delle telecomunicazioni, ma valorizzata so-
lo per il bel viso da primi piani hollywoodiani. E poi ci so-
no le altre, quelle che hanno reso possibile la missione
Apollo 11, o che, fotografate come ragazze immagine a
fianco di ENIAC – primo computer elettronico general
purpose – ne sono in realtà le abili operatrici.
Firmato da una storica dell’informatica, il saggio resti-
tuisce esistenza e dignità anche alle tante computers
«usate» per mansioni «noiose e ripetitive» e poi getta-
te nell’ombra, una volta scoperta la centralità della pro-
grammazione nella nascente scienza dell’informazione.
Ma la storia rimane impressa nel linguaggio: se l’har-
dware, la costruzione delle macchine, più dura e im-
portante è prerogativa maschile, il software, compito più
«leggero», è per le donne. Che nonostante tutto han-
no saputo essere appassionate e geniali, risorgendo co-
me fenici dopo periodi bui di depressione e discrimina-
zione, per ricominciare con lo stesso slancio di prima.
Giulia Alice Fornaro
Contengo moltitudini
di Ed Yong
La nave di Teseo, Milano, 2019,
pp. 480 (euro 24,00)
Il computer è donna
di Carla Petrocelli
Dedalo, Bari, 2019,
pp. 136 (euro 16,00)