Le Scienze - 11.2019

(Tina Sui) #1

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bile di come potrebbe essersi sviluppata la vita sul nostro pianeta.
Ma siamo consapevoli che, per quanto poco, le perforazioni vio-
lano ecosistemi inalterati. Per questo motivo l’IODP si è dotata di
una commissione dedicata a limitare l’impatto antropico.


Per molti versi, il 1983 rappresenta uno spartiacque.
Sì. Non solo nella gestione finanziaria delle crociere, che di-
venta condivisa tra più paesi, ma anche nella programmazione
scientifica: da quel momento i progetti sono esaminati e appro-
vati da commissioni di esperti internazionali. L’Italia, come parte
del consorzio europeo ECORD, è stata tra i primi sostenitori del
nuovo Ocean Drilling Program (ODP), di cui l’attuale IODP è l’ere-
de più recente. Nel 1985 l’ormai vetusta Glomar Challenger è sta-
ta sostituita dalla JOIDES Resolution alla quale è stata affiancata


nel 2007 la giapponese Chikyu. L’Europa contribuisce affittando
infrastrutture dall’industria, come piattaforme e navi, per alcune
missioni specifiche per le quali le due navi non sono adatte.

Veniamo al presente. Quali sono gli attuali filoni di ricerca?
Lo studio dei rischi geologici come terremoti, vulcanismo e
frane sottomarine; le dinamiche interne del pianeta; le comunità
microbiche della biosfera profonda; l’evoluzione del biota marino.
Infine, lo studio del paleoclima: se le carote di ghiaccio permetto-
no di ricostruire il clima del pianeta fino a un milione di anni fa,
la lettura dei sedimenti oceanici può portarci indietro nel tempo
di oltre 150 milioni di anni. I dati raccolti sono liberamente acces-
sibili a tutti, così come le mappe: li può trovare perfino in Google
Earth!

Il libero accesso ai dati è un’arma a doppio taglio. Non temete che l’in-
dustria petrolifera possa avvantaggiarsene?
L’IODP è un programma prettamente scientifico: i nostri dati
sui fondi oceanici sono di altissima risoluzione ma, nella maggio-
ranza dei casi, troppo superficiali per gli scopi delle compagnie
petrolifere. Tuttavia, sappiamo per certo che in alcune occasioni
sono serviti come base per le loro indagini: la scoperta del giaci-
mento di metano Zohr, il più grande del Mediterraneo, è avvenuta
in questo modo. Lo stesso potrebbe accadere con gli imponenti
giacimenti oceanici di elementi rari come cobalto, cadmio ma an-
che oro.

Qual è il futuro dell’esplorazione oceanica?
Negli ultimi decenni l’industria petrolifera si è spostata pro-
gressivamente dall’offshore vicino alle acque profonde e quindi
al cosiddetto ultra-deep, con perforazioni che raggiungono i tre
chilometri di profondità dal fondo oceanico. La tecnologia è or-
mai matura, i limiti ingegneristici e tecnologici sono ben noti. Per
quanto riguarda la ricerca scientifica, alcune regioni del globo, e
in particolare l’Oceano Pacifico meridionale, troppo distante dalla
terraferma, sono tuttora conosciute solo tramite misure indirette.
La sostituzione della JOIDES Resolution con una nave più veloce
potrebbe ridurre notevolmente i tempi di transito e quindi per-
metterci di raggiungere zone più remote.

di Davide Michielin


Laureata in scienze geologiche, è professore
ordinario di paleontologia e paleoecologia
all’Università degli Studi di Milano, dove ha
conseguito il dottorato in scienze della Terra.
La sua attività di ricerca è focalizzata sui

nanofossili calcarei usati nella datazione delle
rocce e nelle ricostruzioni paleoclimatiche e
paleoceanografiche. Inoltre, studia i sedimenti
marini per comprendere cause e conseguenze
dei cambiamenti globali del passato e attuali.

Presidente della Società geologica italiana
tra il 2014 e il 2017, ha ricoperto numerose
posizioni di coordinamento nell’ambito dell’ODP
e quindi dell’IODP. Dal 2019 è presidente della
commissione IODP-Italia.

CHI È
ELISABETTA ERBA

A spasso per i mari. La nave JOIDES Resolution
usata per ricerche scientifiche nell’ambito
dell’International Ocean Discovery Program.
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