Le Scienze - 11.2019

(Tina Sui) #1

34 Le Scienze 6 15 novembre 2019


meccanica quantistica è una teoria sottoposta a tutte le verifiche
possibili, ma rimane imperscrutabile.
Uno scienziato che lavora in laboratorio deve affrontare do-
mande meno grandiose. C’è un cavo rotto? Il programma ha qual-
che bug? La misurazione è un’anomalia statistica? Ma anche que-
ste preoccupazioni prosaiche possono essere sottili, e non sono
del tutto separate dalle questioni generali della fisica, perché
non esistono fatti grezzi e isolati. Ogni cosa deve essere giudicata
all’interno di un quadro di conoscenze più ampio.
Secondo molti fisici questi problemi dicono che il loro campo
è andato fuori strada e i loro colleghi hanno il paraocchi e non se
ne accorgono. Ma un’altra lettura è che l’elusività stessa della veri-
tà sia un indizio importante. A differenza di altri ambiti della vita
umana, le difficoltà dei fisici nei confronti della verità non proven-
gono dal dissimulare, ma anzi dalla più schietta onestà: dall’esse-
re sinceri sui nostri limiti quando ci troviamo faccia a faccia con la
realtà. Solo confrontandoci con questi limiti possiamo superarli.


Il conflitto tra realismo e antirealismo


I dubbi sul progresso della fisica non sono nuovi. Da quando
esistono i fisici, esistono fisici che temono che il loro campo di
studi si sia imbattuto in una barriera insormontabile. La ricerca è
sempre un pantano quando ci si trova in mezzo. È già notevole che
noi umani riusciamo a capire qualcosa della realtà; ogni ostacolo
può essere un segno che la nostra buona sorte è finita.
Nel corso delle generazioni i fisici hanno oscillato tra sicurezza
di sé e scetticismo, rinunciando periodicamente a trovare la strut-
tura profonda della natura e declassando la fisica alla ricerca di
frammenti di conoscenza utile. Incalzato dai suoi contemporanei
affinché spiegasse come funziona la gravità, Isaac Newton rispon-
deva: «Non formulo ipotesi». Commentando la meccanica quan-
tistica, Niels Bohr scrisse: «Il nostro compito non è di penetrare
nell’essenza delle cose, il cui significato comunque non conoscia-
mo, ma piuttosto di sviluppare concetti che ci permettano di par-
lare in modo produttivo dei fenomeni naturali». In realtà entrambi
la pensavano in modo più complesso: Newton di fatto formulò di-
verse ipotesi sulla gravità e Bohr in altre occasioni disse che la teo-
ria quantistica coglie la realtà. A ogni modo, nel complesso fecero
progressi mettendo da parte le grandi domande su perché il mon-
do sia com’è.
Storicamente, i fisici prima o poi tornano a queste domande.
Newton non riuscì a spiegare la gravità, ma le generazioni suc-
cessive hanno raccolto la sfida, fino ad arrivare alla relatività ge-
nerale di Einstein. L’interpretazione della meccanica quantisti-
ca è tornata all’ordine del giorno nella fisica negli anni sessanta e,
per quanto ancora aperta, ha portato a idee concrete come la crit-
tografia quantistica. Quello che risveglia la curiosità dei fisici è l’i-
dea che, per dirla con il filosofo Hilary Putnam, il successo delle te-
orie fisiche sarebbe miracoloso se non fossero in sintonia con la
realtà. O, a un livello ancor più fondamentale: come potremmo fa-
re esperimenti se non ci fosse qualcosa di reale su cui farli? Questa
posizione è nota come realismo. Sostiene che le entità che non os-
serviamo direttamente, ma che deduciamo teoricamente – come
atomi, particelle, spazio e tempo – esistono davvero. Le teorie sono
vere perché riflettono la realtà, per quanto in modo imperfetto. Il
conflitto tra il realismo e la posizione opposta, l’antirealismo, andrà
avanti perché ognuno dei due si evolve sotto la pressione dell’altro.
Questa competizione è stata positiva per la fisica. Il filosofo e fi-
sico antirealista Ernst Mach ispirò Einstein a ripensare il modo in
cui sappiamo quello che sappiamo, o pensiamo di sapere. Questo


aprì la strada a tutto ciò che è venuto dopo nella fisica. Una volta
che accettiamo che stiamo vedendo il mondo attraverso lenti co-
lorate, possiamo compensare. Alcune caratteristiche della realtà
sono relative a un osservatore, mentre altre sono comuni a tutti gli
osservatori. Due persone che si muovono a velocità diverse posso-
no non essere d’accordo sulle distanze tra i luoghi, le durate degli
eventi o, in alcuni casi, su quale fra due eventi è avvenuto per pri-
mo, e non c’è modo di risolvere queste discordanze. La combina-
zione di distanza e durata – la distanza spazio-temporale – è però
un fatto comune a entrambi, un «invariante». Gli invarianti defini-
scono la verità oggettiva.

Dalla meccanica quantistica al multiverso
Oltre alle preoccupazioni generiche comuni ai fisici del passa-
to, quelli di oggi hanno incontrato molti limiti specifici e inattesi
alla conoscenza. In quasi qualunque interpretazione della mecca-
nica quantistica, alcuni aspetti del mondo quantistico sono impe-
netrabili. Per esempio, se inviamo un fotone contro uno specchio
parzialmente riflettente, può passare attraverso o essere riflesso,
e non è possibile prevedere che cosa farà. Il risultato è deciso in
modo casuale. Alcuni pensano che il fotone faccia ciò che fa senza
un motivo specifico; la casualità è intrinseca. Altri ritengono che
ci sia qualche ragione nascosta. Altri ancora pensano che il foto-
ne attraversi lo specchio e ne venga riflesso allo stesso tempo, ma
che noi possiamo vedere solo uno dei due esiti. Comunque stiano
le cose, le cause sottostanti sono celate.
Le particelle sono facili da manipolare, motivo per cui la mecca-
nica quantistica è descritta in termini di particelle. Ma la maggior
parte dei fisici ritiene che le stesse regole si applichino a tutte le co-
se, compresi gli esseri viventi. Quindi non è chiaro in che momento
il fotone compia la scelta di attraversare o venire riflesso, ammes-
so che compia una scelta. Quando giunge sullo specchio, il siste-
ma costituito dai due oggetti entra in uno stato di incertezza. Se
uno strumento di misurazione registra il percorso, viene colto tra
le possibilità. Se mandiamo un amico a vedere che cosa è succes-
so, per noi quella persona vede entrambe le eventualità. I fisici de-
vono ancora trovare una soglia di dimensioni o di complessità che
forzi l’esito. (Dimensioni e complessità sono importanti nel defini-
re quali siano le opzioni, ma non nella scelta finale.) Per ora cono-
scono solo un posto in cui l’ambiguità è risolta: la nostra percezio-
ne cosciente. Non percepiamo fotoni che fanno simultaneamente
due cose che si contraddicono a vicenda. I fisici si ritrovano quindi
con un elemento indesiderato di soggettività nella teoria.
Per Christopher A. Fuchs, dell’Università del Massachusetts a
Boston, la lezione è che gli osservatori sono partecipanti attivi nel-
la natura e contribuiscono a costruire quello che osservano, men-
tre è impossibile una prospettiva del tutto in terza persona. La ma-
tematica della teoria quantistica confonde elementi soggettivi e
oggettivi. L’interpretazione «QBista» dovuta a Fuchs cerca di elimi-
nare gli elementi soggettivi e di rivelare la struttura reale che si tro-
va all’interno, come fece Einstein con la teoria della relatività.
Il filosofo Richard Healey, dell’Università dell’Arizona, ha un
approccio correlato, quello «pragmatista», secondo cui la teoria

George Musser collabora con «Scientific American» ed
è autore di Inquietanti azioni a distanza (Adelphi, 2019)
e The Complete Idiot’s Guide to String Theory (Alpha,
2008).
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