40 Le Scienze 6 15 novembre 2019
Il grosso della matematica moderna usa un insieme standard di
definizioni e convenzioni che hanno preso forma nel tempo. Per
esempio, una volta si considerava l’1 come un numero primo, ma
ora non più. Si continua a discutere, tuttavia, se lo 0 debba esse-
re considerato un numero naturale (i numeri naturali sono 0, 1, 2,
3... oppure 1, 2, 3...: dipende dalla persona a cui lo chiedete). Quali
personaggi o invenzioni entrano a far parte del canone matemati-
co dipende di solito da quanto sia interessante la pièce risultante,
il che però si osserva nel corso degli anni. In questo senso, la cono-
scenza matematica è cumulativa. Le vecchie teorie possono smet-
tere di suscitare interesse, ma di rado vengono invalidate, come
invece accade spesso nelle scienze naturali. I matematici scelgono
semplicemente di rivolgere l’attenzione a una nuova serie di ipo-
tesi di partenza e di esplorare la teoria che se ne sviluppa.
Scoperta
Come abbiamo visto, spesso i matematici definiscono oggetti e
assiomi avendo in mente una specifica applicazione. Accade innu-
merevoli volte, però, che questi oggetti li sorprendano nella secon-
da fase del processo matematico: la scoperta. I numeri primi, per
esempio, sono i componenti fondamentali della moltiplicazione, a
partire dai quali si costruiscono gli altri numeri. Un numero è pri-
mo se non si può scrivere come prodotto di due numeri più piccoli;
ogni numero non primo (composto) si può ottenere moltiplicando
un insieme univocamente determinato di numeri primi.
Nel 1742 il matematico Christian Goldbach ipotizzò che ogni
numero pari maggiore di 2 sia somma di due numeri primi. Se sce-
gliamo un qualsiasi numero pari, la congettura di Goldbach affer-
ma che sia possibile trovare due numeri primi la cui somma sia
questo numero pari. Se scegliamo 8, questi due numeri primi sono
3 e 5; scegliamo 42 e troviamo 13 + 29. La congettura di Goldbach
è sorprendente perché suggerisce che, sebbene i numeri pri-
mi siano pensati per essere moltiplicati fra loro, ci siano relazioni
sorprendenti e accidentali tra i numeri pari e le somme di primi.
Un’abbondanza di indizi sembra sostenere la congettura di
Goldbach. Nei 300 anni trascorsi dalla formulazione originaria, i
computer hanno confermato che vale per tutti i numeri pari in-
feriori a 4 × 10^18. Ma in matematica questo non basta per dichiara-
re corretta la congettura di Goldbach. Per quanti possano essere i
numeri pari verificati da un computer, potrebbe essere in aggua-
to dietro l’angolo un controesempio, cioè un numero pari che non
è somma di due primi.
Immaginiamo che il computer stampi via via i risultati. Ogni
volta che trova due primi che hanno come somma uno specifico
numero pari, stampa quel numero pari. Ormai abbiamo un elenco
lunghissimo di numeri, che potremmo mostrare a un amico con-
siderandolo un motivo convincente per credere alla congettura
di Goldbach. Ma il nostro amico trova sempre un numero pari che
non è nell’elenco e ci chiede come facciamo a sapere che la conget-
tura di Goldbach sia vera per quel numero. È impossibile che tutti
gli (infiniti) numeri pari compaiano nell’elenco. Solo una dimostra-
zione matematica – un ragionamento logico a partire dai principi
di base che mostra che la congettura di Goldbach è vera per ogni
numero pari – potrà elevare la congettura al rango di teorema, di
fatto acquisito. Finora nessuno ha trovato una dimostrazione.
La congettura di Goldbach illustra una distinzione cruciale tra
la fase di scoperta e la fase di dimostrazione della matematica. Nel-
la prima si cercano prove schiaccianti a favore di un fatto matema-
tico, il che nelle scienze empiriche è spesso anche l’obiettivo fina-
le. I fatti matematici, invece, richiedono una dimostrazione.
COME UN LINGUISTA STORICO
CERCA LE RISPOSTE
Come tutti gli scienziati,
anche i linguisti si basano
sul metodo scientifico.
Uno dei principali obiettivi della linguistica è descrivere e analizzare
le lingue per scoprire l’intero spettro di che cosa è possibile e
che cosa no nelle lingue umane. Da questo, i linguisti mirano a
raggiungere il loro obiettivo di comprendere la cognizione umana
attraverso la facoltà del linguaggio.
Il lavoro che si fa per descrivere le lingue in pericolo è quindi
urgente: vanno documentate mentre sono ancora in uso, per
comprendere quello che è linguisticamente possibile. Ci sono circa
6500 lingue umane conosciute e circa il 45 per cento è in pericolo.
I linguisti usano una serie specifica di criteri per identificare le lingue
in pericolo e determinare in che misura lo siano: ci sono ancora
bambini che imparano la lingua? Quante persone la parlano? La
percentuale di parlanti è in diminuzione rispetto alla popolazione
complessiva? E i contesti in cui viene usata la lingua stanno
diminuendo?
La questione dell’oggettività scientifica e della «verità» è connessa
alla ricerca sulle lingue in pericolo. La verità, in un certo senso, è
contestuale. Quello cioè che riteniamo vero può cambiare una volta
ottenuti più dati e prove, oppure man mano che i nostri metodi
migliorano. Lo studio delle lingue in via di estinzione scopre spesso
cose che non sapevamo possibili nelle lingue, costringendoci a
riesaminare le precedenti affermazioni sui limiti del linguaggio
umano; quindi a volte quello che ritenevamo vero può cambiare.
Lyle Campbell, professore emerito di linguistica all’Università
delle Hawaii a Ma ̄noa; testo raccolto da Brooke Borel
Illustrazione di Bud Cook