la Repubblica - 31.10.2019

(Ann) #1
memorabilia

Favolosi quei palchi


della Scala


A Milano una mostra al Museo Teatrale celebra una storia che intreccia musica, politica,


costume. E che racconta le stagioni dell’Italia attraverso le vicende degli spettatori,


più o meno celebri, avvicendatisi per due secoli tra i velluti del tempio dell’opera


di Natalia Aspesi


milano
on le spalle al si-
pario, la scenogra-
fia dei palchi è di
solenne splendo-
re: quattro ordini
più una galleria e
il loggione, rosso acceso di broc-
cati e velluti, oro a bassorilievi
con draghi e volute ed arpe e
stemmi, sfolgorio di luci; e quel
senso di mistero inquietante che
viene dal vuoto, dal silenzio, di
un luogo bellissimo destinato al-
la folla, alla musica, alla storia, a
ogni passione. Le fotografie ge-
niali di Giovanni Hänninen nelle
ore dei fantasmi (dell’opera) esal-
tano il racconto immaginario del-
le sue notti di fasto, vitalità, chiac-
chiere ed emozioni della mostra
Nei palchi della Scala. Storie mila-
nesi al Museo Teatrale (dall’8 no-
vembre al 20 maggio 2020) diret-
to da Donatella Brunazzi: dall’i-
naugurazione del 1778 all’espro-
prio da parte del Comune negli
anni 1920, protagonisti non il
mondo della musica e dei suoi di-
vi, ma quello degli spettatori, i
palchi che si fanno teatro più del
palcoscenico. La mostra curata
da Pier Luigi Pizzi, assistente Mat-
tia Palma più una quantità di spe-
cialisti, è completata da una map-
pa digitale in rete dal 7 dicembre
(ricerca degli allievi del Conserva-
torio curata da Franco Pulcini).
Guardarsi, farsi guardare, nel
gioco delle pareti di specchio, esi-
bire bellezza, ricchezza, potere
ma non solo: il teatro è il regno
delle signore, il salotto quotidia-
no dove ricevere gli amici di ca-
sta ma anche gli intellettuali, gli
illuministi, i patrioti. Nello sfolgo-
rio di migliaia di candele, si affac-
cia la storia di una nazione che
ancora non c’è, il dominio austria-
co su Milano, Napoleone che si fa
re d’Italia in Duomo, travolto dal-
la Restaurazione asburgica, il Ri-
sorgimento, le Cinque giornate
di Milano, e dopo l’Unità, la san-
guinosa repressione del 1898 per-
petrata dal generale Bava Becca-
ris; la guerra mondiale senza luci
e con i primi raid aerei, gli anni
del socialismo e i fasci in azione.
Le signore della Scala, dette ap-
punto salonnière, quasi sempre
aristocratiche ma anche balleri-
ne, cantanti, caffettiere, diventa-
te mogli di aristocratici, di ban-
chieri e industriali tessili, infine
di commercianti arricchiti, han-
no per la loro bellezza e intelli-
genza vite tumultuose, un mari-
to dietro l’altro, vedovanze, an-
nullamenti, celebri amanti, figli
fuori dal matrimonio, sono al cen-
tro di scontri letterari e artistici,
di trame politiche, di sostegno ai
rivoluzionari (alcune poi al giova-
notto Mussolini); ma riparano i lo-
ro eccessi di vivacità e spreco
con la beneficenza in vita e la-
sciando in eredità palazzi, tenu-
te, talvolta tutte le loro vaste ric-
chezze alle tante istituzioni cari-
tatevoli di Milano: e per esempio
la contessa Teresa Giorgi Oppiz-
zoni Paceco, palchettista dal
1844 al 1857, ritratta da Giuseppe
Landriani, lascia i suoi averi ai
Luoghi Pii Elemosinieri (dall’ar-
chivio meraviglioso della storia
di Milano oggi di proprietà Gol-
gi-Redaelli). I sensi di colpa delle
opulente signore soccorrono l’O-
spedale Fatebenefratelli e Sorel-
le, la Società Edificatrice di Case
Operaie, gli Istituti delle Figlie di
Carità e dei Bambini Rachitici, la
Società per lo Spurgo dei Pozzi

Neri, quella dei Sacerdoti Malati
per Imbecillità e Demenza, i tanti
Rifugi Notturni per i senzatetto,
ecc.; un immenso mondo di po-
vertà e abbandono che non ha
confini.
La mostra alterna i ritratti del-
le signore che privilegiano

Hayez, come la patriota Cristina
di Barbiano Belgiojoso Trivulzio
o Felicina Caglio Perego di Crem-
nago, (le signore hanno una quan-
tità di nomi) a quelli dei loro ospi-
ti famosi, spesso amanti come
Ugo Foscolo invitato da Antoniet-
ta Fagnani Arese. E poi Stendhal,

Parini, Verri, Vincenzo Monti.
C’è il biglietto di Verdi a Giulio Ri-
cordi, «Casomai un individuo
senza guanti si decidesse a veni-
re stasera ci sarebbe un posto nel
suo palco?». Il primo ospite del
grande palco reale è nel 1778 l’ar-
ciduca Ferdinando, figlio dell’im-

peratrice Maria Teresa d’Austria
e governatore della Lombardia, e
da allora chi c’è c’è.
Nelle gigantografie si affaccia-
no in gran pompa il presidente
francese Charles De Gaulle con
l’italiano Giovanni Gronchi, la
cancelliera Angela Merkel con il
premier Romano Prodi e la sinda-
ca Letizia Moratti, Juan Carlos di
Spagna solo, la regina Elisabetta
II e consorte, e in altra occasione
il principe Carlo che applaude ac-
canto a Diana giovanissima con
diadema. Manca la storica quan-
to unica apparizione in un luogo
musicale di Berlusconi premier,
circondato da suoi pari albanesi
o croati (con l’allora consorte Ve-
ronica, bellissima e ingioiellata).
In compenso, in prima fila in pla-
tea, circondato da cardinali mu-
soni, c’è papa Benedetto XVI dai
ricciolini bianchi e di bianco ve-
stito. C’è pure il documento foto-
grafico della vocazione all’intri-
go passionale dell’opera, cioè
una meravigliosa, gioiosa Maria
Callas, il corpo sottile fasciato di
rasi nel Poliuto di Donizetti
(1960), affacciata al palcoscenico
a un metro dal palco di proscenio
dove Aristotele Onassis si nascon-
de dietro Grace Kelly e il princi-

C


GIOVANNI


FLORIS


L’invisibile


GIOVANNI FLORIS


L’invisibile


IL NUOVO ROMANZO DI


“Il problema è sempre quello, riuscire a non farsi vedere.”


pagina. (^34) Cultura Giovedì, 31 ottobre 2019

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