la Repubblica - 31.10.2019

(Ann) #1
©RIPRODUZIONE RISERVATA

Con sguardo
sentimentale
l’autore
ripercorre
la vita
nelle aziende
che ha
frequentato,
dall’Enel
alla Rai,
da Omnitel
alla Luiss
a Poste
Italiane

Il saggio di Pier Luigi Celli


Manuale del potere


dal volto umano


pe Ranieri.
Ritratti, documenti, incisioni,
fotografie, giochi da tavolo usati
nel foyer, dove anche Alessandro
Manzoni giocava d’azzardo, vi-
deo, persino le tappezzerie di For-
nasetti che riproducono i palchi,
i disegni di Novello e Brunetta,

qualche toilette d’epoca indossa-
te da grandi dame. Il percorso si
conclude con un montaggio foto-
grafico a grandezza naturale, lun-
go una intera parete, ultimo
omaggio al potere decorativo del-
le protagoniste della mondanità
spregiudicata e lussuosa del so-
cialismo craxiano, composta da
25 star dei 7 dicembre, abiti lun-
ghi con strascico, pettinature ba-
rocche, gioielli, volpi e visoni
bianchi: la Begum e Grace Kelly,
Elizabeth Taylor e Valentina Cor-
tese, Silvana Pampanini e Eveli-
na Shapira e quella che era da ra-
gazza, tra bellissime, la più bella
di Milano, Lina Sotis.
C’è molto seduttiva Anna Casa-
ti Stampa di Soncino, che nel
1970 sarà uccisa assieme al giova-
ne amante dal marito suicida. E
c’è pure Giovanna Borletti Ber-
gonzoni, che nell’inaugurazione
dei 1967, tra le prime rivolte stu-
dentesche arrivò alla Scala in pa-
gliaccetto, praticamente mutan-
de, stivali alla coscia, il tutto di
pizzo bianco, facendo svenire le
maschere: non si sa se fu la sua
audacia spiritosa o l’anno dopo
le uova marce di Mario Capanna,
a decretare la fine delle cappe di
zibellino e dei diamanti anche
tra i capelli nello sfarzo della sera
dell’inaugurazione.

Il libro


Il potere,
la carriera
e la vita di
Pier Luigi Celli
(Chiarelettere
euro 17)

kL’autore
Pier Luigi Celli,
77 anni

di Pino Corrias


FARABOLA FOTO

kLe prime
Dall’alto
in basso, 1972:
Elizabeth Taylor
e Richard Burton;
1960: nel palco
si riconoscono
Ranieri III
di Monaco,
Grace Kelly
e, alle sue spalle,
Aristotele
Onassis.
A sinistra,
nella foto
di sopra,
Giovanni
Gronchi
(all’estrema
sinistra)
e Charles De
Gaulle. In basso,
2000: Elisabetta
II e il principe
Filippo
con il ministro
dell’industria
Enrico Letta e ai
lati il presidente
della Regione
Roberto
Formigoni
e il sindaco
Gabriele
Albertini

Saggezze d’esistenzialismo azienda-
le a fine carriera: «Comandare bene
è come nuotare non si impara nei li-
bri»; «L’essenza delle strategie è de-
cidere cosa non fare»; «Se il capo e il
suo assistente la pensano sempre al-
lo stesso modo uno dei due è inuti-
le»; «Una corte di fedeli è il terreno
ideale per coltivare idee sbagliate»;
«Non è necessario diventare capi
per esser felici, anzi»; «C’è sempre
un momento in cui dire basta è la mi-
gliore soluzione per uscire di scena
(e farsi rimpiangere)». Le aziende
non sono macchine sentimentali. So-
no labirinti esistenziali da risalire,
qualche volta in apnea, intrecci di
volontà contundenti, competizioni
identitarie, indimenticabili avventu-
re, qualche volta incubi. Eppure, è
con uno sguardo sentimentale che
Pier Luigi Celli, 77 anni, ripensa alla
sua diagonale di lunga vita dentro le
aziende che ha frequentato, qual-
che volta diretto, partendo dai suoi
avventurosi esordi in Eni, 50 anni fa,
capoprogetto in Angola, «dove non
c’era niente, a parte il coprifuoco». E
da laggiù, fino all’aria rarefatta di Ro-
ma e dintorni, dove ha conosciuto i
vertici delle grandi aziende, Enel,
Rai, Omnitel, Unicredit, Poste Italia-
ne, Luiss, i piani alti lucidati dal pote-
re, specchio di uomini visionari, op-
pure mediocri, prigionieri della poli-
tica, oppure liberi, per rimettere in
fila i ricordi insieme agli anni spesi,
ai mondi visitati, ai caratteri e alle
maschere incontrate. Provando a
estrarre da quella lunga somma non
solo l’inevitabile sottrazione del tem-
po, ma anche il vantaggio di un ren-
diconto. Lo ha intitolato Il potere, la
carriera, la vita. Ne ha fatto «un ma-
nuale controvento». Che prima di ar-
rivare al cuore più caldo, l’eredità da
lasciare agli allievi, procede per lun-
ghe digressioni sui compartimenti
dell’officina aziendale: le competen-
ze, il merito, la carriera, i riti, le in-
sonnie da sconfitta, il mito del suc-
cesso. Ma specialmente danza intor-
no alla brace del potere che scalda il
cuore di ogni azienda, oppure lo con-
suma. Il potere che dieci anni fa, in
un saggio più spigoloso, chiamava
«l’habitat naturale dei bastardi». Giu-
dizio al quale aggiunge uno sguardo
meno amaro: «Il potere — scrive — è
un equilibratore» che agisce tra le
molte divergenze, quando è capace
di diventare sintesi. Obbligato dalla
«innovazione veloce» a trasformare
la sua attitudine verticale in un rotta
circolare «più adatta ad affrontare

cambiamenti e sfide» valorizzando
«la collaborazione, la cooperazione,
la diversità e lo scambio». Imparan-
do, per farlo fruttare, «a non prende-
re mai troppo sul serio i successi», a
«non credere alle relazioni che trag-
gono significato dal potere», a «non
chiudersi in visioni miopi», a «dare
prospettiva all’anima», a «investire
sui confini», dove la routine azienda-
le lascia il campo «a scorrerie curio-
se, all’innovazione più prometten-
te». È sui confini, racconta Celli in
questo saggio indispensabile a carto-
grafare la geografia aziendale, che
nascono le storie più belle delle im-
prese, con «il coraggio di forzare i li-
miti» creando gli spazi per le innova-
zioni più creative «proprio perché
abilitano culture meticce, sguardi di-
versi e addestrano al rischio del con-
fronto». Celli viene proprio da un
confine, l’Appennino di Verucchio,
entroterra di Rimini, padre murato-
re, infanzia fatta di polvere e pover-
tà, di fatiche avventurose diventate
le sue radici più solide, nonostante i
soldi, i viaggi, il successo. Nutrendo
la sua insofferenza al comando auto-
ritario, ai clan, agli affiliati, alle corti,
alla ottusità della politica quando
non pretende merito, ma solo obbe-
dienza, mandando in malora azien-
de, progetti, intelligenze, ricchezze
sociali. Da capo del personale ha am-
ministrato uomini, donne, destini.
Ha visto spegnersi la Olivetti, cam-
biare per sempre Poste Italiane, na-
scere Vodafone. È stato il braccio
operativo di Carlo De Bendetti, Fran-
co Tatò, Franco Bernabè, Alessan-
dro Profumo. Ha governato, da diret-
tore generale, la Rai, che è la più visi-
bile e insieme la più misteriosa delle
aziende pubbliche. In Unicredit ha
seguito la fusione con sette banche.
Per nove anni da direttore generale
della Luiss, l’università di Confindu-
stria, ha “fatto famiglia” con gli stu-
denti. Forse la più ricca delle sue
esperienze. «Guardando indietro —
racconta — è come se mi fossi sem-
pre occupato di persone, insegnan-
do, conversando, risolvendo proble-
mi, andandoci a spasso o prendendo-
ci un caffè. Quasi sempre imparan-
do». Allievi che negli anni a seguire
sono ricomparsi annunciando matri-
moni, figli, carriere. Chiedendo con-
sigli. Raccontando esperienze. «È la
cosa che mi rende più felice», scrive.
A conferma che vederli camminare
da soli è il migliore futuro del pro-
prio passato.

. Giovedì,^31 ottobre^2019 Cultura pagina^35

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