Internazionale - 01.11.2019

(Ron) #1

Africa e Medio Oriente


L


a Repubblica islamica ha gli occhi
puntati sul Libano e l’Iraq, che da
settimane sono scossi dalle prote-
ste contro le difficili condizioni di
vita e la corruzione delle classi dirigenti.
L’Iran è l’attore esterno più influente nei
due paesi, di conseguenza avrebbe molto
da perdere se ci fossero cambiamenti radi-
cali. L’influenza iraniana è presa diretta-
mente di mira negli slogan dei manifestan-
ti iracheni, mentre in Libano è denunciata
in modo meno esplicito.
A Beirut chi scende in strada esprime il
suo rifiuto verso tutti i partiti politici con-
fessionali, tra cui Hezbollah, il braccio
dell’Iran in Libano, presente in parlamento
e nel governo guidato dal primo ministro
Saad Hariri, che si è dimesso il 29 ottobre.
In Iraq, Teheran ha un ruolo dominante nel
governo di coalizione guidato dal primo


ministro Adel Abdul Mahdi, di cui fanno
parte il leader sciita Moqtada al Sadr ed
esponenti di Al Fatah, un partito composto
da milizie sciite filoiraniane, come le Forze
di mobilitazione popolare.
La rivolta delle popolazioni dell’Iraq
meridionale, a maggioranza sciita, e gli
slogan contro l’Iran non sono una novità.
Durante le proteste scoppiate nell’estate
del 2018 a Bassora, centinaia di iracheni
avevano attaccato i gruppi filoiraniani e
avevano dato fuoco al consolato iraniano.
Le rivendicazioni dei libanesi sciiti in que-
sti ultimi giorni, soprattutto nel Libano del
sud, sono invece inedite, e prendono di mi-
ra il leader di Hezbollah, Hassan Nasral-
lah, e il capo del movimento Amal, Nabih
Berry.

Sotto silenzio
Secondo Ali Fathollah-Nejad, ricercatore
del Brookings Doha center, in Qatar, le
proteste in Iraq e in Libano “rappresentano
il declino dell’influenza iraniana nelle
‘piazze arabe’, dopo il sostegno dato da Te-
heran al regime siriano di Bashar al Assad”.
Questa influenza, nota lo studioso, “aveva
raggiunto l’apice nel periodo in cui era pre-
sidente Mahmoud Ahmadinejad, dopo

l’invasione e l’occupazione dell’Iraq da
parte degli Stati Uniti”.
Anche se l’Iran non è mai riuscito a im-
porre la pace nella regione, il suo dominio
però non era mai stato contestato dalle po-
polazioni arabe e in particolare dagli sciiti.
A dimostrazione dell’imbarazzo di Teheran
nei confronti delle proteste, i mezzi d’infor-
mazione iraniani ufficiali si sono mantenuti
molto vaghi su quello che succede in Liba-
no, mentre i fatti dell’Iraq sono passati qua-
si sotto silenzio. “L’Iran cerca di non com-
mentare pubblicamente le manifestazioni,
mentre rafforza le sue relazioni con Hezbol-
lah e con i gruppi iracheni”, osserva Sanam
Vakil, che si occupa di Medio Oriente e Nor-
dafrica alla Chatham house di Londra. “Ve-
dere i propri alleati indeboliti o in pericolo è
una prova difficile per Teheran. Non può
esporsi troppo in loro difesa perché sa che
così aumenterebbe la collera della popola-
zione nei loro confronti”.
Le dimissioni del premier libanese non
sono una buona notizia per Teheran e po-
trebbero rimettere in discussione l’alleanza
che era stata raggiunta tra Hariri, sunnita,
ed Hezbollah. Le possibili dimissioni di
Adel Abdul Mahdi in Iraq sarebbero un col-
po ancora più duro, anche se in entrambi i
casi Teheran ha il peso sufficiente per bloc-
care qualsiasi tentativo di formare un go-
verno ostile ai suoi interessi. “L’obiettivo a

Iraq e Libano contestano


l’influenza dell’Iran


Teheran guarda con timore alle


proteste in corso nei due paesi.


Ma ha ancora un peso sufficiente


per evitare cambiamenti che


possano danneggiare i suoi


interessi nella regione


Julie Kebbi, L’Orient-Le Jour, Libano


Da sapere Autunno caldo


u Libano Dopo l’annuncio
del governo d’imporre una
tassa sulle chiamate fatte con
WhatsApp, il 17 ottobre 2019
scoppiano delle proteste a Bei-
rut e in altre città. La misura
viene ritirata, ma nei giorni
successivi centinaia di miglia-
ia di persone continuano a
scendere in piazza per prote-
stare contro la classe politica e
le difficoltà economiche. No-
nostante un pacchetto di rifor-
me adottato dal governo il 21
ottobre, le contestazioni non si
fermano. Il 27 ottobre i mani-
festanti formano una catena
umana lunga 170 chilometri


attraverso tutto il paese, da
Tripoli, nel nord, a Tiro, nel
sud, per simboleggiare la ri-
trovata unità nazionale. Il 29
ottobre uomini vestiti di nero,
fedeli all’organizzazione Hez-
bollah e ad Amal, un altro
gruppo sciita, assaltano e di-
struggono un accampamento
dei manifestanti nel centro di
Beirut. Poche ore dopo il pre-
mier Saad Hariri si dimette.
u Iraq Il 1 ottobre 2019 e nei
giorni successivi migliaia di
iracheni scendono in piazza in
una prima ondata di proteste a
Baghdad e in altre città del pa-
ese. Chiedono la fine di un si-

stema politico basato su quote
etniche e settarie, che non è
stato in grado di eliminare la
corruzione e di garantire ser-
vizi per tutti. Nella repressione
delle forze di sicurezza, giudi-
cata “eccessiva” dal rapporto
di un comitato governativo
pubblicato il 22 ottobre, muo-
iono 150 persone. Il 25 ottobre
riprendono le proteste, a cui
partecipano anche molti stu-
denti e donne. Nel giro di cin-
que giorni il bilancio sale a cir-
ca 250 morti e 3.500 feriti. Le
autorità impongono il copri-
fuoco notturno a Baghdad.
Al Jazeera, Al Arabi al Jadid

AFP/GeTTy

Baghdad, 28 ottobre 2019
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