Panorama - 30.10.2019

(coco) #1

18 Panorama | 30 ottobre 2019


suoi cittadini lavorino poco, grazie a
quattro meccanismi fondamentali: il
ricorso alla ricchezza accumulata dalle
generazioni precedenti, l’aumento
del debito pubblico, la riduzione del
risparmio e degli investimenti a favore
del consumo, il ricorso a quella che
nel libro chiamo l’infrastruttura
paraschiavistica.
Che cos’è l’infrastruttura
paraschiavistica?
È un insieme di segmenti della società
italiana, costituiti in misura notevole
ma non esclusiva da immigrati, che
assicurano servizi, legali e illegali,
a basso costo. Nel libro li definisco
uno a uno, giungendo a una stima di
3-4 milioni di soggetti.
L’Italia è l’unica società signorile di
massa al mondo. Perché dobbiamo
preoccuparci?
Perché non può durare. Se non si fa
nulla, la stagnazione di oggi è
destinata a trasformarsi in decrescita.
E, con la decrescita, i soldi finiranno.
Contestando la narrazione
vittimistica prevalente, afferma che
il benessere è ben distribuito. Ma
quel signorile, tratto dalle società
medievali, ha una forte venatura di
decadenza e passività: è corretto?
Veramente io non dico che il benessere
è «ben distribuito», ma che è molto
diffuso nella popolazione nativa, ossia
fra i cittadini italiani. Il che non vuol
dire che tutti abbiamo accesso al
benessere, ma che - fra chi vive in
Italia e ha la cittadinanza italiana - tale
accesso riguarda circa due famiglie
su tre. Quanto alla venatura della mia
ricostruzione, sì è vero, vedo un po’ di
decadenza in una società che riesce
a mantenere i suoi standard di vita
solo indebitandosi e sperperando
la ricchezza accumulata dai
predecessori. Ma si potrebbe ribaltare
il giudizio, specie se guardiamo
al Mezzogiorno: c’è qualcosa di
ingegnoso, per non dire di invidiabile,


nella capacità di una parte del Paese
di appropriarsi di più surplus
di quanto ne riesce a produrre.
Il problema è solo che il gioco non
può durare in eterno: quando anche
la locomotiva del Centro-Nord
smetterà di tirare, dovremo tutti
rivedere il nostro modo di vita.
Perché proprio l’Italia detiene il
primato dei Neet, giovani che non
studiano, non lavorano e non
frequentano corsi di formazione,
battendo anche la Grecia, il Paese
che più si avvicina alla nostra
situazione?
Domanda difficile, perché le ragioni
sono tante. In Italia si sono concentrate
e stratificate varie condizioni che
disincentivano il lavoro. Vorrei
ricordarne quattro: la cultura cattolica,
meno incline al lavoro di quella

Matteo Salvini


non è maturo


come premier


protestante; una ricchezza accumulata
molto ingente, specie in proporzione
al reddito; le scelte assistenziali delle
classi dirigenti, che hanno assuefatto
vaste porzioni del Paese a vivere
di rendita e di sussidi; la scuola
e l’università, che rilasciano certificati
ingannevoli, creando nei giovani
aspettative irrealistiche. Qualcuno,
a questa lista, ama aggiungere la
cultura e la mentalità degli italiani, che
sarebbero per natura o per storia
mammoni e schizzinosi.
Personalmente ho dei dubbi su questa
lettura, perché i fattori oggettivi
che ho elencato mi paiono più che
sufficienti a spiegare la nostra bassa
propensione al lavoro.
Perché il mondo della scuola ha
abbassato le sue ambizioni mentre il
mondo del lavoro le ha mantenute?

INTERVISTA

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