Panorama - 30.10.2019

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30 ottobre 2019 | Panorama 35

P


anama. Due uomini d’affari russi
contattano un avvocato con i giu-
sti agganci per far loro bypassare
un po’ di leggi. Vogliono aprire un
«puticlub» con prostitute e festini
nel Paese centroamericano e san-
no che lui, Janio Lescure, non è
un Savonarola. Si incontrano in un risto-
rante di Madrid. Parlano. Parla soprattutto
Lescure, e viene tutto registrato. Perché i
due sono spie, ex agenti dei servizi israe-
liani ora contractor della società privata
di intelligence «Black Cube», ingaggiata
da un businessman panamense troppe
volte tagliato fuori da appalti e commesse.
Hanno analizzato le abitudini del «target»
e il suo profilo psicologico, probabilmente
l’hanno hackerato per studiarne passioni
e frequentazioni. Poi hanno costituito
una società fittizia, imbandito la credibile
identità di loschi businessmen moscoviti
e attirato Lescure in Spagna, dove le leggi
sulle intercettazioni sono più permissive.
L’inconsapevole avvocato ha spifferato
tutto sul sistema di mazzette trasferite a
diversi giudici attraverso terze parti e conti
off shore. A Panama è scoppiato lo scanda-
lo. I professionisti son tornati nell’ombra.
Spie... Uomini sotto copertura, infil-
trati, 007. Nel nostro immaginario sono
agenti segreti della Cia, del Mossad o al
servizio di Sua Maestà Britannica: dei Ja-
mes Bond che agiscono rischiando la pelle
per il bene del loro Paese. Ma la realtà,
oggi, può essere ben diversa. L’intelligence
mondiale è stata rivoluzionata dal boom
delle «private intelligence agencies» (o
Pia), società indipendenti spesso com-
poste da agenti che dopo essersi formati
negli apparati governativi optano per il
privato. Esistono da decenni, ma adesso
stanno dilagando: un’economia valutabile
in circa 20 miliardi di dollari all’anno. Fan-
no Humint (Human intelligence: raccolta
di informazioni mediante contatti inter-
personali), ma usano anche strumenti


tecnologici e analizzano le informazioni
che tutti noi forniamo in rete. Si arriva ad
hackerare e fare disinformazione strate-
gica (come la produzione di fake news),
a screditare soggetti o organizzazioni, a
manipolare i social media per influenzare
l’opinione pubblica. Il tutto lecitamente, o
almeno il più lecitamente possibile nelle
zone lasciate grige da legislazioni nazio-
nali impacciate, quasi naïf di fronte alla
velocità con cui sta cambiando il mondo.
Mercenari? Siamo oltre. «Il mostro del
mercenariato non esiste più» puntualizza
Gianpiero Spinelli, 45 anni, ex Folgore, ex
contractor in zone calde del Pianeta, fon-
datore a Londra di Stam Strategic & Part-
ners Group, Private military security and
intelligence company «come ce ne sono
tante, ma si stanno diffondendo sempre di
più, se n’è capita l’importanza. Oggi sono
10 mila i target nel mondo affidati a privati
e circa 45 mila i contractors del comparto
intelligence ingaggiati per attività una
volta appannaggio delle agenzie governa-
tive». Numeri enormi, in aumento. «Le Pic
costano meno e possono essere attivate in
poche ore. E quando termina il contratto
non rimane il personale da ricollocare.
Inoltre le Pic sono sicure: il controllo dello
Stato sulle loro attività è molto forte e sono
legate a contratti da milioni di dollari che
non vogliono perdere».
Così le Pic prosperano erodendo un
patrimonio di competenze che era degli
Stati. «Il personale è fatalmente attratto
da soldi (a Londra si parla di parcelle da
1.000-1.500 euro l’ora, ndr) e maggio-
re libertà: con un impiego governativo
non puoi viaggiare dove vuoi o vedere
chi ti pare», spiega Damien Van Puyvel-
de, professore di Intelligence e sicurezza
internazionale all’università di Glasgow,
autore del libro Outsourcing US Intelligen-
ce. Nei numeri citati da Spinelli c’è tutto:
le agenzie con decine di migliaia di dipen-
denti o con una manciata di collaboratori,

Sempre più uomini addestrati a maneggiare segreti
lasciano i governi per entrare in aziende che fanno
dello spionaggio un business. E nessuno è più al sicuro.


di Massimo Castelli

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