Panorama - 30.10.2019

(coco) #1
36 Panorama | 30 ottobre 2019

STRETTAMENTE RISERVATO


quelle che offrono soprattutto
soluzioni militari e quelle che
lavorano principalmente con
l’informatica, quelle di piccolo
cabotaggio e quelle che possono cambiare
la storia di un Paese. Tante agenzie private
a disposizione di chi paga e con diverse
sfumature etiche. Chiunque, con il giusto
budget, potrebbe noleggiare il proprio ser-
vizio segreto. Vuoi sapere dov’è andato il
jet del tuo concorrente in affari? Chiama. Il
candidato di un altro partito potrebbe farti
perdere le elezioni? Chiama. Ti accusano
di molestie sessuali? Chiama. Troveranno
il modo per avvicinare il target, hackerarlo,
scoprirne segreti e punti deboli.

«clearance». I numeri sono da capogiro:
oggi più di un milione di utenti pronti per
il mercato dello spionaggio (che includono
logistica e servizi).
Le più grandi si chiamano Stratfor,
Kroll, DynCorp, GK Sierra. Oppure Booz
Allen Hamilton che da sola ha 25.803
dipendenti e 6,7 miliardi di dollari di fattu-
rato: Bloomberg l’ha eletta «world’s most
profitable spy organization». Vicepresi-
dente è stato a lungo Mike McConnell,
zar dell’intelligence ai tempi di George W.
Bush e simbolo delle «porte girevoli» tra
pubblico e privato (oggi è senior execu-
tive advisor). Booz Allen è nota per aver
aiutato gli Emirati a creare un’equivalente
dell’Nsa (la National security agency ame-
ricana). E in Arabia Saudita ha consentito
a Mohamed Bin Salman di rafforzare il suo
dispositivo militare, di sicurezza e cyberne-
tico. Edward Snowden era un contractor di
Booz Allen Hamilton, dove aveva accesso
a diversi programmi top-secret, compresi
quelli di sorveglianza di massa orditi dal
governo statunitense e britannico, i cui
dettagli sono stati rivelati dai suoi leaks.
Ma il più grande esportatore di intelli-
gence privata è Israele, e il Mossad il suo
vivaio. La citata Black Cube ne è un note-
vole esempio. Società con fatturato stellare

L’avvento di questo fenomeno ha una
data precisa: 11 settembre 2001, attenta-
to alle Torri gemelle, débâcle degli 007
americani. Nella «War on terror» che ne è
seguita, i contractor sono stati visti come
un’arma in più. Bene marines, bombe e
tank, ma serviva far proliferare lo spio-
naggio occidentale a tutti i livelli e in qua-
lunque forma. Conseguenza? Secondo
dati trapelati nel 2013, circa il 70 per cento
del budget dell’intelligence statunitense è
andato al settore privato. È avvenuto così
il brain drain, il «drenaggio» di
tante ottime risorse dal pubbli-
co al privato. Solo dal 2004 al
2009, 2.435 militari con espe-
rienza sono entrati in 52 società
di sicurezza e intelligence pri-
vate, dal 2001 al 2011 ben 91
figure chiave dell’intelligence
sono passate sotto un datore di lavoro non
statale, mentre c’è chi sostiene che la Dia,
Defense intelligence agency, sia oggi com-
posta al 51 per cento da contractor.
È qui negli Stati Uniti che si trovano
le aziende-monstre. Spesso il governo
appalta loro un lavoro, ed esse appaltano
a loro volta, o si servono di freelance. Al
punto che esiste un portale di lavoro inte-
rinale, Clearance Jobs, dedicato ai profes-
sionisti del settore con posizioni per chi ha
un attestato di sicurezza nazionale: una

È


un mercato mondiale
emergente: passerà dai
105 miliardi di dollari di
investimento nel 2015 ai 181
miliardi di dollari nel 2021.
Anche per questo motivo
nascono ogni giorno nuove
start up e aziende
specializzate in cyber
investigation, forensic
accounting o corporate

investigation. In Italia,
secondo il rapporto Clusit,
lo scorso anno 16 milioni di
utenti della rete (più di un
terzo della popolazione
adulta) sono stati colpiti da
attacchi informatici, con
danni intorno ai 3,5 miliardi
di euro. Il tentativo di
rafforzare l’industria italiana
sulla cybersicurezza va
avanti da anni nel nostro
Paese, con imprese
pubbliche e private a
contendersi un mercato che
nel giro dei prossimi anni
potrebbe ampliarsi ancora di
più, in particolare per lo
sviluppo della tecnologia 5
G, il cosiddetto «internet
delle cose» su cui Stati Uniti

e Cina si danno battaglia.
Certo, l’Italia è ancora in
ritardo rispetto ad altri Paesi
europei, ma ultimamente ci
sono stati passi avanti. Tanto
che da quest’anno ci sarà per
la prima volta un’agenzia di
lavoro addetta a trovare
profili cyber. Lo spiega a
Panorama Paolo Ferrario,
presidente e amministratore
delegato di E-work: «Siamo la
prima HR Company in Italia a
strutturare una filiera per
individuare profili di esperti di
Cybersecurity per le
principali multinazionali
operanti in Italia e all’estero».
Da tempo il nostro Paese è
considerato territorio
strategico, anche per via dei

cavi sottomarini nel
mediterraneo controllati da
Telecom Sparkle (presieduta
da Alessandro Pansa, già
direttore del Dis e capo della
Polizia): per quei canali passa
la maggioranza dei big data
di Israele. Il vice direttore del
Dis (Dipartimento
informazioni sicurezza),
l’organo di collegamento tra
Palazzo Chigi e i nostri servizi
segreti, è Roberto Baldoni,
massimo esperto in materia
cyber. Ma lasciando da parte
le grandi aziende che si
occupano di cybersecurity,
come la nostra Leonardo,
holding della Difesa, o
Vitrociset, controllata sempre
da piazza Montegrappa, negli

di Alessandro Da Rold

Mike McConnell,
l’uomo più
potente
dell’intelligence
americana prima
di passare alla
privata Booz Allen
Hamilton.

E L’ITALIA


È SE MPRE


PIÙ CYBER

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