Panorama - 30.10.2019

(coco) #1
30 ottobre 2019 | Panorama 49

del continente latinoamericano» spiega il politologo e
professore dell’Università di Caracas Pedro Urruchur-
tu, mentre il presidente ad interim del Venezuela,
Juan Guaidó, ha denunciato il «finanziamento chavi-
sta del Foro per creare il caos in Ecuador e Cile». Del
resto lo dimostrano le pesantissime dichiarazioni del
caudillo venezuelano Nicolás Maduro: «Sono felice
per il Cile e sono sorpreso di come gli obiettivi del
Foro di San Paolo siano stati persino superiori alle
mie aspettative» ha detto. Gli ha fatto eco un altro
dei protagonisti del Foro, quel Diosdado Cabello che
è il suo numero due e, negli Stati Uniti, è sulla lista
dei più importanti narcos. «Sta soffiando una brezza
bolivariana in America latina» ha affermato più volte
«che presto si trasformerà in uragano».

Tutti dunque al Foro di San Paolo sapevano
quello che sarebbe accaduto di lì a poco. Come un
macabro gioco del domino, da lì si sono innescati
una raffica di eventi che sono già un «uragano boli-
variano». Prima, a fine agosto, il capo dei negoziatori
dell’Avana delle Farc, Iván Marquez e il suo braccio
destro, Jesús Santrich, ricercati per narcotraffico,
annunciavano il ritorno alle armi e la nascita di una
nuova cellula guerrigliera unita all’Eln, altro gruppo
nato in passato in odore di teologia della Liberazione.
I due, proprio al Foro di San Paolo, erano stati definiti
da Venezuela e Cuba «leader di pace». Il 30 settembre,
è stata la volta del Perù, quando il presidente Martín
Vizcarra ha sciolto il Parlamento a maggioranza di
destra; e a ottobre è toccato alla Colombia con le
proteste studentesche dei «giovani incappucciati»
contro la corruzione del go-
verno che hanno vandaliz-
zato il centro di Bogotà fino
agli ultimi eventi in Ecuador,
Cile e Bolivia.
Un piano dunque della
sinistra «castrochavista» con
una precisa finalità: distogliere
l’attenzione dal fallimento dei
propri governi (Cuba, Vene-
zuela, Bolivia e Nicaragua)
che rischiano di affondare e
cercare con la violenza di ri-
prendere il potere in Argentina
e Brasile dove, non a caso, a
fine ottobre un senatore del
partito di Lula ha minacciato:
«Presto vedremo anche qui
proteste come in Cile». I
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’ultima tessera nel mosaico del caos è stata la
Bolivia. Qui il presidente chavista Evo Morales,
nonostante il referendum del 2016 con cui il
popolo aveva detto no alla sua quarta candi-
datura, prima ha definito «un diritto umano»
la sua «candidatura illimitata». Poi ha vietato
la pubblicazione dei sondaggi a lui sfavorevo-
li. Infine, ha truccato il voto del 20 ottobre scorso,
come denunciato anche dall’Organizzazione degli
Stati americani.
La rivolta più violenta, però, è esplosa in Cile,
paradossalmente il Paese di gran lunga più ricco
del Sudamerica, dove solo il 10 per cento della
popolazione è considerata povera. Eppure, un
aumento di appena il 3,6 per cento nel prezzo del
biglietto della metropolitana della capitale San-
tiago è bastato per mettere letteralmente a ferro e
fuoco la città. Saccheggi, distruzione, oltre duemila
arresti e morti. Un disastro totalmente inaspettato
che ha costretto il presidente liberale Sebastián
Piñera a imporre il coprifuoco con l’esercito a
presidiare le strade. E l’aumento del biglietto alla
fine è stato annullato. Le proteste però continuano.
Prima ancora era toccato all’Ecuador, dove con
metodi da guerriglia urbana, la capitale Quito era
stata stretta d’assedio obbligando il presidente
Lenín Moreno a cancellare la fine del sussidio
ai carburanti che aveva scatenato la sommossa.
Così mentre l’Occidente si scervella nel cercare
spiegazioni sociologiche sulla fine imminente del
capitalismo, l’America latina sembra essere tornata
agli anni Settanta, solo che allora le dittature erano
di destra mentre oggi sono di sinistra, dal Venezue-
la - 5 milioni di esuli, seimila morti extragiudiziali
e 450 prigionieri politici negli ultimi due anni - al
Nicaragua passando per Cuba e, infine, la Bolivia.


Per capire cosa ci sia dietro a queste rivolte,
presentate come «sociali» proprio alla vigilia di vo-
tazioni importanti come le presidenziali in Argentina
e Uruguay e le amministrative in Colombia (tutte il
27 ottobre), bisogna però riavvolgere un po’ il nastro
del tempo e andare a Caracas. Qui il 27 luglio scorso
si è celebrata la riunione annuale del Foro di San
Paolo, la coordinazione strategica dei movimenti
cattocomunisti e guerriglieri dell’America latina nata
nel 1990, subito dopo la caduta del Muro di Berlino,
per iniziativa di Fidel Castro e di Lula.
Ed è qui che «a tavolino sono state decise le rivolte
delle scorse settimane che hanno incendiato parte


Il presidente
del Venezuela
Nicolás Maduro.
Nei giorni scorsi
ha dichiarato:
«Sono felice
per il Cile».

di Paolo Manzo - da San Paolo

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