Panorama - 30.10.2019

(coco) #1

ANNIVERSARI


30 ottobre 2019 | Panorama 55

Suez traccia la via più diretta ed estremamen-
te breve per passare dal Mediterraneo all’Oceano
Indiano, senza bisogno di circumnavigare l’Africa.
Questo spiega l’impatto economico del progetto e gli
sviluppi successivi. Crebbe l’interesse per le regioni
della costa orientale africana. Aumentarono imprese
coloniali e progetti di sfruttamento di quelle terre.
Proprio l’importanza strategica del canale sollecitò
ambizioni per assicurarsene il controllo.
Si dovette convocare una Conferenza, a Parigi,
per discutere di come garantire l’utilizzo «indipen-
dente» del Canale di Suez. Inizialmente, i Paesi in-
teressati sembrarono orientati a dichiararne la «neu-
tralità» che però, in caso di guerra, avrebbe dovuto
chiudere. Allora, optarono per una definizione legata
al principio di «libertà» ulteriormente rafforzato,
precisando che doveva essere assicurato «in tempo
di guerra come in tempo di pace, a qualsiasi nave
civile o militare, senza distinzione di bandiera».
Anche se, a dispetto dei proclami e delle intenzioni,
non mancarono attriti legati al tentativo di bypassare
le regole che, all’unanimità, erano state dettate.
Per esempio, nel corso della Prima guerra mondiale,
l’esercito ottomano, guidato dal generale tedesco Von
Kressenstein, tentò per due volte (senza riuscirci) a
bloccare Suez in modo da tagliare i rifornimenti che gli
americani facevano arrivare alle potenze dell’Intesa.
Più tardi, nel 1952, a pochi anni dalla fine della Se-
conda guerra mondiale, il canale rischiò di diventare la
causa scatenante di un altro conflitto. Gli ufficiali dell’e-
sercito egiziano, capeggiati dal generale Muhammad
Nagib e dal colonnello Adb al-Nasser, rovesciarono
la monarchia di re Faruq. Il nuovo governo si avvici-
nò progressivamente all’Unione Sovietica, arrivando
a ipotizzare un regime comunista. Che non poteva
tollerare di custodire, proprio a casa sua, il simbolo di
capitalismo e libera concorrenza.
Nel 1956, Nasser annunciò la nazionalizzazione
di Suez provocando la reazione delle nazioni che,
proprio lì, custodivano interessi e investimenti. La
Gran Bretagna mobilitò la portaerei «Eagle» mentre la
Francia arrivò con la «Arromanches» e la «La Fayette».
Le minacce non furono sufficienti. Gli europei bombar-
darono l’Egitto che reagì provocando l’affondamento
delle 40 navi che stavano traghettando, non importa
quale fosse la loro bandiera.


L’azione di forza nelle prime settimane del


  1. I paracadutisti inglesi si lanciarono da una
    flotta di elicotteri mentre la «fanteria marina» diede
    il supporto a terra. Occuparono le sponde del canale
    e consentirono ai mercantili «Ocean» e «Thereus»


di percorrerlo. La soluzione si dilatò nel tempo.
L’Unione Sovietica minacciò l’intervento a fianco
dell’Egitto. Gli Stati Uniti, tramite l’Onu, costrinsero
inglesi e francesi a ripiegare e gestì la fase di tran-
sizione con una forza di emergenza che, già allora,
venne qualificata come «peacekeeping», portatrice
di pace.
Ugualmente drammatica la fase immediatamente
successiva alla Guerra dei sei giorni del 1967, quando
le forze arabe, attaccando da quattro lati, tentarono di
sorprendere Israele per annientarlo. In realtà, accad-
de il contrario. Tel Aviv con il suo esercito creò una
zona di confine più ampia, ridisegnando le frontiere
a proprio vantaggio. Occuparono la piana del Sinai
e, quindi, la sponda orientale del Canale di Suez.
L’Egitto che, invece, conservava il governo dall’altro
lato, quello occidentale, impose il blocco al transito
senza preavviso con il risultato che 15 navi che erano
in movimento furono costrette a fermarsi. Un con-
voglio fantasma che, proprio per questo, fu indicato
come la «yellow fleet». Queste unità restarono ferme,
intrappolate per otto anni, fino al 5 giugno 1975.
Suez tornò un’area di scambi e d’incontri e, ad-
dirittura, accentuò questa sua vocazione quando il
presidente della Repubblica egiziana Adbdel Fattah
al-Sisi autorizzò e patrocinò i lavori per l’allargamen-
to del canale per arrivare al raddoppio dei passaggi
navali e, proporzionalmente, a quelli del tonnellaggio
trasportato. Un’importante celebrazione del proprio
potere per il «nuovo Faraone». E l’opera, in tempo per
questo anniversario, è stata completata. I
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Il presidente
egiziano Adbdel
Fattah al-Sisi,
64 anni, durante
una crociera per
l’inaugurazione
per l’allargamento
del Canale
di Suez, nel 2015.
I lavori sono parte
delle sua strategia
per rilanciare
il Paese.
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