Panorama - 30.10.2019

(coco) #1
60 Panorama | 30 ottobre 2019

AFFARI DI CUORE


SI FA PRESTO


ei film è tutto semplice, veloce
e risolutivo. Una persona col-
lassa a terra colpita da infarto
e qualcuno intorno a lui, con
quattro concitate manovre e
un po’ di suspense, lo riporta
in vita. Nella realtà non suc-
cede quasi mai. Ogni anno si
contano 400 mila morti per ar-
resto cardiaco improvviso in Europa (60
mila in Italia): il 70 per cento avviene in
presenza di altre persone che potrebbe-
ro iniziare le manovre di rianimazione
cardiopolmonare, ma ciò accade solo
nel 15 per cento dei casi. Del resto, chi
lo sa come si fa una «rianimazione car-
diopolmonare», e anche volendo, dove
si impara? I defibrillatori, qualcuno li
sa maneggiare? Figuriamoci.
In questi casi, poi, la tempestività è
determinante, come è stato ricordato,
questo ottobre, nella settimana per la
rianimazione cardiopolmonare. Agire
nei primi cinque minuti può raddoppia-
re le possibilità di sopravvivenza. Chi è
esperto sa il da farsi: appena si sospetta
che il cuore si sia fermato, verificare che

il paziente sia davvero in arresto, poi
iniziare il massaggio cardiaco; fino al
momento in cui serve il defibrillatore.
Una scarica elettrica è spesso in grado
di far ripartire il cuore; quanto basta per
dare il tempo all’ambulanza di stabiliz-
zare il paziente.
«Se riuscissimo ad au-
mentare la percentuale
di interventi di riani-
mazione sul posto
dal 15 al 50-60
per cento dei casi
potremo salvare
100 mila persone
l’anno in Europa»
afferma Bernd Bot-
tiger dell’Università
di Cologna, uno dei
massimi esperti europei
di rianimazione. La realtà va
in un’altra direzione, però: i dati Erc
(European resuscitation council) dico-
no che in Europa ogni 90 minuti un ten-
tativo di rianimazione cardiopolmonare
non ha successo perché inizia troppo
tardi. In Italia, poi, è anche peggio: da

RIANIMARE...


Quanti sanno farlo se qualcuno ha un infarto? Oggi,
finalmente, i corsi per imparare saranno obbligatori
a scuola. E i defibrillatori più diffusi, e più hi-tech.

N


NEI PRIMI


5 MINUTI
Se si interviene in
questo arco di tempo,
la possibilità di
sopravvivenza può
raddoppiare.

noi l’uso del defibrillatore al di fuori
degli ospedali si ferma al 6,4 per cento
dei casi, contro una media europea del
16 per cento. Federico Semeraro, ex
presidente dell’Irc (Italian resuscitation
council) e responsabile del Progetto
Puntoblu a Bologna, cita l’esem-
pio della Danimarca: «Nel
2001 gli interventi per
rianimare accadevano
nel 21 per cento dei
casi, oggi sono al 45.
E la sopravvivenza è
passata dal 3 al 10,8
per cento. Pratica-
mente quintuplica-
ta». Le ragioni? I de-
fibrillatori sono tanti e
la gente li sa usare.
In Italia invece chi ha
i defibrillatori e li utilizza lo
fa su base volontaria. Non esiste una
mappatura che certifichi quanti e dove
sono, non essendoci obbligo di legge
per dotarne scuole e impianti sportivi
(se non durante le gare agonistiche). I
dati sono frammentari: le stime parlano

di Vincenzo Caccioppoli

A

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