Panorama - 30.10.2019

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30 ottobre 2019 | Panorama 67

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Sopra, la posa
della prima pietra
della sede Acea
e, sotto, la centrale
termoelettrica
Montemartini
sulla via Ostiense,
a Roma.

ca in corso in questo scorcio di secolo.
L’esposizione si svolge nell’edifi-
cio storico che è parte integrante del
progetto e cioè l’ex Montemartini, la
prima centrale elettrica pubblica di
Roma, inaugurata nel 1912 con il no-
me «San Paolo», ma poi intitolata a
Giovanni Montemartini, assessore al
tecnologico della giunta dello storico
sindaco Ernesto Nathan. Un modo per
rappresentare il legame indissolubile
tra Acea e la città, due realtà unite da
un referendum popolare.


Basta una data per capire. La nasci-
ta di Acea risale al 20 settembre 1909,
giorno in cui il referendum popolare, vo-
luto dal consiglio comunale, dice «sì» alla
municipalizzazione dei servizi elettrici.
È un plebiscito. Viene così costituito un
ufficio speciale per la costruzione degli
impianti elettrici municipali.
Gli scatti in bianco e nero ritraggono
Ernesto Nathan con Giovanni Monte-
martini, chiamato a presiedere quell’uffi-
cio che porta all’istituzione di Aem, acro-
nimo di Azienda elettrica municipale, e
poi di Acea, multiutility nella gestione e
nello sviluppo di reti e servizi nei settori
dell’acqua, dell’energia e dell’ambien-
te. Con 7 mila dipendenti nel gruppo e


attività ramificate nel Lazio, ma anche
in Umbria, Toscana e Campania.
L’impianto dismesso costituisce, in-
vece, uno tra i più significativi luoghi di
archeologia industriale. «Dopo essere
stato motore di crescita della produzio-
ne e sviluppo della rete, all’insegna di
una costante modernizzazione» dice
la sovrintendente capitolina ai Beni
culturali Maria Vittoria Marini Clarelli
«si è inserito a pieno titolo in uno spazio
fatto di storia e di memoria, che invita
a riflettere sul tempo».
Straordinari, nel percorso guidato,
i quadri della «Sala operativa elettrica»
con l’articolata mappa delle linee elet-
triche che attraversano l’Urbe e fanno
risaltare quei luoghi da cui dipende
la vita dei romani. Così gli strumenti,
hi-tech e non, restano al centro dell’e-
dificio che racchiude tradizione e in-
novazione, e per questo racconta lo
spirito del momento, dominato dalle
«rivoluzioni», prima industriale e oggi
4.0. Da un lato la spinta a conservare
la memoria, dall’altro l’impegno nella
ricerca per prossime sfide.
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