Panorama - 30.10.2019

(coco) #1

92 Panorama | 30 ottobre 2019


PIACERI_LA MOSTRA DA VEDERE


stino della Duncan che nel 1913 perse i due figli in
un incidente d’auto - poi perse anche il terzo figlio,
ed ebbe una vita tragica, anche successivamente.
Nel 1927, dopo aver sposato il grande poeta russo
Sergej Aleksandrovic Esenin - in un momento in cui
si trovava al centro della vita culturale del mondo,
influente ovunque - ormai squattrinata e non più
nella forma fisica della giovinezza, morì in Costa Az-
zurra a bordo di una «Isotta Fraschini», impigliando
la sua lunga sciarpa in una ruota dell’auto in corsa,
e rimanendo strangolata. L’automobile è quindi la
sua dannazione, e rimanda anche al mito di Zelda
Fitzgerald e tutto quel meraviglioso mondo in cui la
vita era volta all’arte e alla morte.
Figura mitologica, Isadora, che si può misurare,
davanti alla storia, con i nomi di persone da lei
frequentate e conosciute, come Gabriele D’Annun-
zio, Eleonora Duse, Oscar Wilde, che hanno creato
un’epoca e un gusto, anche al di fuori della loro
produzione, con la forza della loro vita di andare
oltre rispetto all’arte. Questo vale come lo schema
che muove l’intera opera pirandelliana, secondo la
lettura di uno dei suoi interpreti più fini, Adriano
Tilgher: la tensione e la contrapposizione tra la vita
e la forma. Vita e forma si confrontano nell’arte di
Caravaggio, nell’arte di Dante: qualunque artista ci
dà una forma, che è l’arte, tanto più forte quanto più
è piena della sua vita. Un’artista che si muove con
il corpo supera questa contrapposizione, o questa
dialettica, perché la sua vita e il suo corpo diventano
forma immateriale, forma che, prima che ci fossero
tv, cinema e tutto il resto, non era rappresentabile.
Gli uomini, in rapporto con la natura, sono mossi
da un segno, che è il loro corpo che si muove, e che
nessuno poteva rappresentare. Soltanto negli ultimi
decenni abbiamo la possibilità di una ripresa che
ci consenta di vedere in un altro luogo quello che
è accaduto hic et nunc nel luogo della danza o del
canto. In mostra abbiamo un piccolo, impressionante
frammento, forse 15 secondi, un filmato di Isadora
Duncan in cui si muove. È meraviglioso: oggi, sareb-
be lungo 15 ore. Però è un frammento d’anima, dà il
senso di una vita, che lì, peraltro, si esprime in una
contrazione, legata al mezzo, perché siamo a inizio
del secolo, nella impossibilità di una riproduzione
totale come quelle che oggi si vedono su YouTube.
Mentre questa scheggia sublime ridonda nelle opere
d’arte che sono scaturite da lei. I
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Lei ha stimolato la fantasia delle persone che han-
no visto i suoi spettacoli sulla tragedia antica e greca,
prevalentemente tradotti in una semplicità assoluta e
poi riespressi nelle forme dell’arte di pittori e scultori,
da von Stuck a Baccarini, da Hodlel a Sartorio, da
Laurenti a Minerbi, da De Carolis a Rubino. Questa
mostra ci fa capire un momento della storia così
importante, in cui per l’ultima volta, dopo Canova,
il mondo antico e il mondo moderno convivono.

Anche Canova aveva il mito del mondo greco,
ma Duncan quel mito
lo fa diventare un’e-
spressione del suo cor-
po che si proietta sulle
anime, anche di un fu-
turista come il pittore
Giuseppe Cominetti,
che nel suo dipinto
del 1911 relativo alla
danza Lussuria, pro-
pone una sintesi tra la
nuova avanguardia e
la tradizione del Sim-
bolismo. Così come le
opere di Boccioni su-
gli Stati d’animo sono
in fondo anch’esse
l’espressione di una
danza. Insomma, una
mostra che ci fa vede-
re da un punto di vista
nuovo i primi 20 anni
dell’arte europea.
Rispetto alla mostra di Parigi, questa del Mart
accosta a Rodin, Bourdelle e a tutto quello che indica
il rapporto con lei, le sue relazioni italiane con artisti
come Romano Romanelli, che ne fu anche l’amante,
Libero Andreotti, lo scultore sublime di Pescia, di cui
sono presenti alcuni bronzi: opere per me emozio-
nantissime, che vedrete con grande soddisfazione,
perché la mostra è bella, ricca, piena di fotografie,
di documentazioni di viaggio, della storia di Isadora
Duncan: una storia che è segnata dal confronto con
il Futurismo, anche rispetto a quello che ne è l’em-
blema più significativo, l’automobile, che è maschile
nel Manifesto futurista del 1910, e diventa femminile
dopo essere stata rinominata da D’Annunzio.
Perché dico l’automobile? Perché segnò il de-

TRA SCULTURE
E DIPINTI
Sopra, Medusa
(dopo il 1922),
una scultura
di Amleto Cataldi.
Nella mostra
del Mart sono
oltre 170
le opere esposte.

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