la Repubblica - 09.11.2019

(Brent) #1
di Vittoria Puledda

milano — Dopo sei ore di camera
di consiglio e 100 udienze, si è
chiuso con pesanti condanne (e
confische per 152 milioni) il pro-
cesso sui derivati Mps. Tutti col-
pevoli gli imputati, inclusi Nomu-
ra e Deutsche Bank. Non c’era in-
vece Mps: la banca infatti è usci-
ta dal processo nel 2016 con un
patteggiamento.
Ieri i giudici della seconda ses-
sione penale del Tribunale di Mi-
lano hanno condannato l’ex pre-
sidente della banca senese, Giu-
seppe Mussari, a sette anni e sei
mesi, l’ex direttore generale An-
tonio Vigni a sette anni e tre me-
si, l’ex responsabile dell’area fi-
nanza Gianluca Baldassarri a
quattro anni e otto mesi e poi a
seguire tutti gli altri imputati (13
complessivamente) per i reati di
manipolazione del mercato, fal-
so in bilancio, falso in prospetto
e per ostacolo agli organi di vigi-
lanza (su quest’ultimo reato in al-
cuni passaggi c’è stato il non luo-
go a procedere perché è interve-
nuta la prescrizione).
Oltre alle persone fisiche sono
state condannate anche le due
banche estere, che avevano fatto
da controparti con Mps sui deri-
vati: per Nomura la confisca è di
88 milioni di euro, insieme ad
una multa da 3,45 milioni men-
tre per Deutsche bank confisca
da 64 milioni e 3 milioni di mul-
ta. Le persone fisiche invece so-
no state condannate a risarcire i
danni nei confronti di Federcon-
sumatori e Confconsumatori (50
mila euro) mentre Mussari e Vi-
gni sono stati condannati in soli-
do tra loro ad un risarcimento di
50 mila euro a favore della Banca
d’Italia; alla Consob andranno ri-
sarcimenti per 300 mila euro.
Agli imputati sono state conces-
se le attenuanti generiche, con
l’eccezione di Mussari e dell’ex
managing director di Deutsche
Bank Ivor Scott Dunbar. Il Tribu-
nale inoltre ha trasmesso gli atti
alla Procura, per valutare la posi-
zione di altre quattro persone.
Si chiude così il processo di pri-

mo grado per i derivati Alexan-
dria e Santorini. Processo nato a
Siena e poi spostato nel 2015 a Mi-
lano per competenza, sulle ope-
razioni finanziarie (oltre ai due
derivati, il Fresh 2008 e la carto-
larizzazione immobiliare deno-
minata Chianti Classico), che se-
condo i giudici sono serviti a co-

prire nei bilanci perdite di 2 mi-
liardi, aggravate dall’acquisto di
Antoveneta. La decisione di com-
prare la banca dal Santander era
stata presa alla fine del 2007 e fu
strapagata — 9 miliardi, in più fa-
cendosi carico di altri 7 di finan-
ziamenti che aveva Antonveneta
— quasi senza effettuare control-

li contabili precedenti (la due di-
ligence). Un impegno che si rive-
lò troppo forte per la banca, che
fece sostanzialmente due cose:
per ottenere l’ok di Bankitalia
all’acquisto calcolò il Fresh co-
me se fosse capitale “nobile” ai fi-
ni della solidità patrimoniale;
poi non rappresentando corret-
tamente i derivati nei bilanci oc-
cultò le perdite che si erano crea-
te. Un modo non per risolvere le
situazioni ma per «mettere la
sporcizia sotto il tappeto piutto-
sto che buttarla nella spazzatu-
ra», aveva sintetizzato il pm Ste-
fano Civardi nel 2017, nell’audi-
zione alla Commissione d’inchie-
sta sulle banche.
La sentenza «conferma la tesi
da me per primo sostenuta ad
aprile 2013, che la banca contabi-
lizzava miliardi di derivati come
titoli di Stato», ha commentato

ieri Giuseppe Bivona, partner
del fondo attivista Bluebell Capi-
tal Partners. Di parere opposto la
folta di avvocati della difesa.
«Mussari è innocente, anche a
Siena, nel processo Alexandria,
eravamo partiti con una condan-
na e l’esito è a tutti noto (con l’as-
soluzione in via definitiva, ndr).
Svanirà in appello anche questa
incredibile condanna», hanno
detto i difensori dell’ex presiden-
te del Monte.
Anche gli altri avvocati hanno
manifestato a vario titolo stupo-
re e delusione, riservandosi di ap-
pellare la sentenza dopo aver let-
to le motivazioni.

h^2007
Nel novembre viene deciso
l’acquisto di Antonveneta dal
Santander. La banca fu
comprata in tutta fretta e
strapagata. L’operazione fu
perfezionata nel maggio 2008

h^2013
Travolto dallo scandalo
derivati, Giuseppe Mussari
lascia la presidenza dell’Abi.
Dall’anno prima non era più
presidente di Mps

h^2017
Dopo aver fallito la
ricapitalizzazione con soldi
privati, il Monte viene
nazionalizzato

C


hianti classico: qualche
buontempone aveva
suggerito di dare questo nome
all’assurda e cervellotica
operazione immobiliare che
avrebbe dovuto chiudere il
cerchio dell’acquisizione
dell’Antonveneta dal
Santander di Emilio Botin.
Bastava, e avanzava, per intuire
l’approccio etilico che stava
guidando l’allegra combriccola
verso il disastro. E fermarla. Ma
chi avrebbe potuto farlo non lo
fece. Perché in quella partita le
carte le dava la politica.
Dopo quello che è successo
difficilmente Giuseppe
Mussari, Antonio Vigni e Gian
Luca Baldassarri avrebbero
potuto evitare una condanna
severa. Ma la sentenza di ieri
non mette a fuoco del tutto le
vere responsabilità del crac del
Monte dei Paschi di Siena. Che
sono molto più vaste e
articolate. Perché se è vero che
la spericolata acquisizione
dell’Antonveneta fu decisa da
Mussari, è altrettanto vero che
le sconsiderate modalità con
cui avvenne ebbero complici
determinanti.
Il Monte era all’epoca dei fatti
l’unica banca italiana rimasta
pubblica. La controllava una
Fondazione emanazione del
Comune e di altri enti locali:
quindi di fatto era nelle mani
della politica, che a Siena
significava Partito
democratico. E le cose
sarebbero andate in tutt’altro
modo se la Fondazione non
avesse deciso di sostenere
l’acquisizione da sola con tutti i
soldi che aveva (ed erano tanti),
fino all’ultimo euro.
Diversamente avrebbe dovuto
fare un aumento di capitale
aperto al mercato,
risparmiando un sacco di
quattrini e senza contribuire a
impelagare la banca in un mare
di pasticci ben oltre i limiti del
consentito. Ma sarebbe stata
costretta a diluire la propria
quota ben al di sotto del 50 per
cento: a Siena, una bestemmia.
Ugualmente avrebbe
mantenuto il controllo, senza
però avere la mano
assolutamente libera nella
gestione delle poltrone e nelle
nomine anche di piccolo
cabotaggio.
Di sicuro, poi, le cose sarebbero
andate in un altro modo se il
ministero dell’Economia, che
ha il potere di vigilanza sulle
Fondazioni, avesse dato l’altolà
a un’operazione con la quale la
più ricca delle Fondazioni
italiane bruciava tutte le
proprie risorse per investire in
una banca. Tanto più in
presenza di una norma mai
abrogata che dovrebbe vietare
a quegli enti di concentrare il
proprio patrimonio negli
istituti di credito.
Quanto alla Banca d’Italia, resta
in dubbio se una maggiore
inflessibilità nel valutare alcuni
aspetti della folle operazione
avrebbe potuto mutare il corso
degli eventi. E non è un dubbio
campato per aria.
©RIPRODUZIONE RISERVATA

di Sergio Rizzo

Il commento


Ma le carte


le dava


la politica


Le tappe
Dall’Antonveneta
alla statalizzazione

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Mps, arrivano le condanne


A Mussari 7 anni e 6 mesi


L’ex presidente della banca giudicato colpevole per i derivati Alexandria e Santorini


Pena pesante anche per l’ex dg Vigni. Multe e confische per Nomura e Deutsche Bank


Ex banchiere
Giuseppe
Mussari, 57 anni,
è stato ad
del Monte dei
Paschi di Siena
e anche
presidente
dell’Abi

Saranno risarcite


la Banca d’Italia


e la Consob


Alle associazioni


dei consumatori


andranno


50 mila euro


. Sabato,9 novembre^2019 Economia pagina^27

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