Il Sole 24 Ore Sabato 9 Novembre 2019 13
Finanza
Mercati
«Siamo pronti a fare tutte le
concessioni necessarie perché la
fusione Psa-Fca vada in porto».
Lo ha detto Carlos Tavares, ceo
del gruppo francese
—Servizio a pagina
Auto
Fca-Psa, Tavares
guarda all’Ue:
«Pronti a tutto
per avere l’ok»
Due dei tre commissari di
Astaldi e l’attestatore sono
sotto inchiesta per presunta
corruzione in atti giudiziari da
parte dei pm di Roma
—Servizio a pagina
Pm di Roma
Astaldi,
i commissari
finiscono
sotto inchiesta
Salvataggio di Astaldi.
Sotto inchiesta
i commissari
Mps, Mussari e Vigni
condannati a oltre
sette anni di carcere
INCHIESTE
Irregolarità nelle operazioni
effettuate per coprire
le perdite Antonveneta
Giudicati colpevoli anche
ex manager di Nomura
e di Deutsche Bank
Sara Monaci
MILANO
Finisce così, con la sentenza di
condanna da parte del Tribunale
di Milano nei confronti di per-
sone, la maxi inchiesta sul Monte
dei Paschi di Siena iniziata anni
fa. Condannato in primo grado a
anni e mesi di reclusione l’ex
presidente Giuseppe Mussari, e a
anni e mesi l’ex dg Antonio Vi-
gni (a cui si aggiungono anni di
interdizione dai pubblici uffici). I
reati per cui sono stati processati
sono aggiotaggio, falso in bilan-
cio, falso in prospetto e ostacolo
alla vigilanza.
Condannati anche l’ex respon-
sabile finanziario Daniele Pirondi-
ni ( anni e mesi), il responsabile
dell’area Finanza Gianluca Baldas-
sarri ( anni e mesi) e Marco Di
Santo ( anni e mesi), all’epoca
dei fatti responsabile Alm (Asset
liabilities management e capital
management).
Giudicati colpevoli, a vario ti-
tolo, anche i manager di Deut-
sche Bank e Nomura, mentre le
due banche sono state condanna-
te a pagare rispettivamente e
, milioni. Scatta invece la pre-
scrizione per l’ostacolo alla vigi-
lanza relativa ad un’operazione
finanziaria, il Fresh (utiliz-
zato per realizzare l’aumento di
capitale per l’acquisizione di An-
tonveneta).
La vicenda
L’inchiesta era iniziata a Siena nel
sotto la guida di Antonio Na-
stasi, insieme al nucleo Valutario
della Gdf. Poi è stata trasferita a
Milano per competenza sui reati
finanziari e “ereditata” dai pm
Giordano Baggio, Stefano Civardi
e Mauro Clerici. Proprio a Milano
l’inchiesta è stata razionalizzata e
unita in un unico fascicolo.
L’inchiesta ha da subito alimen-
tato fantasiose ricostruzioni: dalla
maxi-tangenti al Pd ai fondi neri
dello Ior, fino ai grandi creditori
che non restituivano il denaro (po-
chi rispetto alla totalità delle soffe-
renze bancarie). In realtà l’inchie-
sta si è concentrata su questioni
finanziarie: le modalità con cui era
stato fatto l’aumento di capitale da
parte dell’azionista Fondazione
Mps per l’acquisizione di banca
Antonveneta dal Santander, avve-
nuta nel per miliardi, e sulle
modalità con cui i bilanci successi-
vi sono stati “abbelliti” per evitare
che si capisse che l’acquisto non
era stato così redditizio.
I derivati Alexandria e Santorini
facevano infatti “scattare” il paga-
mento della cedola agli azionisti,
ma poi aumentavano il rosso, cal-
colando il mark to market di quel
periodo (intorno a , miliardi). Si-
mile il discorso sul derivato Chian-
ti Classico, legato però a una carto-
larizzazione immobiliare.
A far davvero lievitare i costi
dell’affare Antonveneta - esosi ma
in linea con quelli degli sportelli
all’epoca delle scalate bancarie -
erano stati i crediti inesigibili in
pancia alla banca padovana, in dif-
ficoltà a causa della crisi finanzia-
ria di quel periodo. La passività che
quindi Mps si ritrovò dopo l’acqui-
sto salì rapidamente a miliardi.
L’accusa rivolta ai vertici è stata, a
questo proposito, di non aver rea-
lizzato a suo tempo una due dili-
gence che avrebbe mostrato la rea-
le situazione di Antonveneta.
Gli altri processi
La condanna arriva dopo l’assolu-
zione di Mussari e Vigni in appello
per ostacolo alla vigilanza nei con-
fronti di Bankitalia (sul mandate
agreement del derivato Alexan-
dria) e dopo l’assoluzione della co-
siddetta “banda del %”, accusata
di appropriazione indebita, guida-
ta secondo la procura di Siena da
Baldassarri e costituita da mana-
ger esterni. Per la difesa i loro gua-
dagni, perlopiù protetti in lontani
paradisi fiscali (come l’isola di Va-
nuatu), erano proventi di attività
lecite e il giudice ha confermato
questa tesi.
L’inchiesta ha poi avuto un
drammatico fascicolo, la morte di
David Rossi, il capo della comuni-
cazione del Monte. Secondo la ri-
costruzione della procura di Siena,
che ha chiesto per due volte l’ar-
chiviazione, si suicidò.
Intanto a Milano si sta celebran-
do il processo che vede imputati
anche i vertici successivi, Alessan-
dro Profumo e Fabrizio Viola, che
pure all’epoca dei fatti collabora-
rono con gli inquirenti mostrando
quanto era accaduto negli anni
precedenti.
I condannati adesso ricorreran-
no in appello. Fabio Pisillo, difen-
sore di Mussari, ha dichiarato che
tutto finirà come nei fascicoli pre-
cedenti, dalla condanna all’assolu-
zione: «Svanirà anche questa in-
credibile condanna, perché Mus-
sari è innocente». Per Giuseppe
Iannaccone, legale dei funzionari
di Deutsche Bank, commenta:
«Non posso nascondere lo stupore
per questo pronunciamento, alla
luce di quella che è stata l’istrutto-
ria dibattimentale. Sono piena-
mente convinto dell’innocenza».
Nomura esprime il suo «disap-
punto». Tra giorni le motiva-
zioni dei giudici.
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NON SOLO SIENA
Monte, una storia di radici perdute
La grande acquisizione
della banca veneta era stata
spinta anche da Roma
Carlo Marroni
Milano condanna (per ora). Un pez-
zo di storia del dissesto Monte Pa-
schi che si aggiunge all'enorme li-
bro di fatti e misfatti consumati in
tempi non troppo lontani all'ombra
di Rocca Salimbeni, in anni di prezzi
folli e strapotere della politica loca-
le. Ma anche di amabile compiacen-
za del potere nazionale, che a Siena
guardava come mucca da mungere
e tappa di ferie estive. Una condan-
na tuttavia dice un pezzo di verità –
certamente il più duro per chi la su-
bisce – ma quella politico-economi-
ca non si esaurisce dentro un'aula
giudiziaria, per quanto importante
come quella del capoluogo lombar-
do. Il Monte dei Paschi si trasformò
in Spa nel , molto dopo le altre
banche pubbliche, alla fine di un
percorso travagliato che da molti
espertoni da convegno era dipinto
come il riflesso medioevale di una
comunità abbarbicata attorno al
vecchio Monte, dispensatore di pre-
bende e posti di lavoro. Questo, co-
me tanti altri luoghi comuni in larga
parte condivisi nei palazzi del pote-
re politico e anche un po' nelle auto-
rità di controllo, hanno contribuito
a creare un brodo di coltura che ha
portato a scelte come l'acquisto nel
‘ della Banca del Salento, pagata
. miliardi di lire e poi costata
altrettanti per evitare il gorgo –
questa molto condizionata dalla
politica nazionale, ma non contra-
stata a livello locale - e poi l'Anton-
veneta, pagata miliardi di euro in
tutto, la mazzata finale. Mps era ul-
trapoliticizzato dal consiglio d'am-
ministrazione (lo era anche la depu-
tazione ai tempi dell'ente pubblico,
era l'unico esperimento del Pci den-
tro un cda bancario) fino all'ultima
agenzia, il sindacato era debordan-
te. Non solo. Nella gestione era for-
se arretrata rispetto alle best practi-
ces finanziarie, quelle stesse che
hanno innescato Lehman e tutto il
resto, ma aveva anche mezzi propri
da capogiro, un po' defilata a Wall
Street, ma presente ovunque nei di-
stretti. La spinta verso l'Antonvene-
ta, acquisizione-simbolo di una sta-
gione votata alla “creazione del va-
lore”, è del vertice che mette il cda
davanti a una scelta compiuta, sen-
za due diligence, come è stato risco-
struito. Ma va anche detto che il
consenso più che informato arriva
da tutto il sistema che cerca sia il
tassello finale al consolidamento,
sia alla sistemazione di una partita,
quella di Padova, che aveva visto
scalate e controscalate che avevano
messo in subbuglio Via Nazionale,
e aspettava solo un lieto fine. Tutti
contenti quindi, ma dentro, nelle
stanze ai piani intermedi di Rocca
Salimbeni, dove lavoravano uomini
e donne che sapevano far di conto (e
parlavano anche inglese) fu subito
chiaro che quello era l'inizio della
fine. Perlomeno di un'epoca. Per
reggere l'urto di un’acquisizione-
monstre iniziano operazioni di ogni
tipo e la Fondazione si indebita fino
al collo. Ambizioni personali e buo-
na politica debole: una miscela che
ha cambiato la storia di una banca,
ma non certo di Siena, che è soprav-
vissuta a ben altro. Ma anche altre
cose vanno dette. Gli utili assegnati
alla Fondazione venivano redistri-
buiti sul territorio (non sempre era-
no spesi bene), a enti pubblici ma
anche per l'assistenza sanitaria e le
strutture scolastiche, musei e campi
sportivi. Questo generava un ottimo
dividendo politico per il Pd e prima
ancora per Pci e Dc – la banca ricor-
diamo in passato era democristia-
na, diventa “rossa” solo quando la
vecchia Quercia ormai non c'era più
- ma i benefici arrivavano a tutti.
Anche su questo Siena è andata
controcorrente, visto che la pratica
nazionale è sempre stata quella di
mutualizzare le perdite, non i pro-
fitti. Da un paio d'anni Mps è torna-
to statale, come prima del ', e il
futuro che ha davanti è sempre me-
no senese. Per molti (in passato) sa-
rebbe stato un bene, ora chissà.
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Antonio Vigni.
Ex direttore
generale di Monte
dei Paschi di
Siena. Il tribunale
di Milano lo ha
condannato in
primo grado
a 7 anni e tre mesi
di reclusione
e a due anni
di interdizione
dai pubblici uffici
Monte di Paschi.
La sede della
banca a Siena: ieri
le condanne in
primo grado per
gli ex vertici
EPA
Giuseppe
Mussari. È stato
presidente prima
della Fondazione
Monte dei Paschi
di Siena (2001-
2006) e poi della
banca. Dal 2010
al 2013 è stato
presidente
dell’Associazione
bancaria italiana
MILIARDI
DI EURO
Il costo
dell’operazione
di acquisizione
di Antonveneta
da parte di Mps
9
Per anni il
Monte dei
Paschi è
stato il
polmone
finanziario
di un siste-
ma politico
e terri-
toriale