Il Sole 24 Ore - 09.11.2019

(C. Jardin) #1

18 Sabato 9 Novembre 2019 Il Sole 24 Ore


Commenti


FALCHI & COLOMBE


LA SVOLTA GREEN


DELLA LAGARDE


DIVIDE LA BCE


—Continua da pagina 


D


i fronte a posizioni contrapposte, capire in fret-


ta come trovare politiche equilibrate; da saggio


«gufo», come si è voluta fin da subito definire.
I fatti. Nell’audizione presso il Parlamento

europeo la Lagarde ha sottolineato come il
tema del rischio climatico e ambientale dovrà

essere seriamente considerato nell’azione prossima ven-


tura della Bce. Questo è bastato perché emergessero le due
opposte visioni che i lettori di queste pagine hanno oramai

imparato a riconoscere: i falchi e le colombe.


Le due posizioni possono essere esplicitamente rappre-
sentate con tanto di nomi e cognomi, soprattutto se ci si

concentra – anche se il tema è molto più ampio – su una


domanda molto specifica: quanto “verde” deve essere la
politica monetaria, quando è esercitata con operazioni sui

titoli presenti nei mercati finanziari?


Nella visione tradizionale, l’operatività delle banche
centrali sui mercati finanziari era quella caratterizzata dal-

la maggiore neutralità. In tempi normali – vale a dire prima


della Grande crisi – le banche centrali dei Paesi avanzati
utilizzavano per le loro azioni di politica monetaria titoli

di stato a breve termine, per ridurre a zero l’assunzione di


rischio. Al contempo la loro azione era tendenzialmente
a impatto zero sulla dinamica dei mercati, che nel caso di

quei titoli sono ampi e spessi. La neutralità a due facce ave-


va inoltre un importante vantaggio per i banchieri centrali:
aumentava le garanzie a favore della loro indipendenza.

In generale, quanto più una politica è neutrale – soprattut-


to in termini distributivi – tanto più la delega della sua ge-
stione è economicamente più giustificabile e politicamente

più realizzabile.


La neutralità della politica monetaria
si è però fortemente ridotta nel mo-

mento in cui la necessità di affrontare la


peggiore crisi economica dal Dopo-
guerra ha spinto le banche centrali a

una operatività sui mercati finanziari
che è divenuta straordinaria, sotto al-

meno due punti di vista. Da un lato, so-


no entrati nei portafogli degli istituti di
emissioni titoli con durata sempre più

lunga; al crescere dell’orizzonte tempo-


rale di un titolo cresce la sua rischiosità. Da un altro lato, le
banche centrali hanno iniziato a entrare in possesso di titoli

privati; di nuovo, la presenza di emittenti privati innalza


l’assunzione di rischio. Emblematico da questo punto di
vista, il rilievo che i media diedero nel dicembre del  allo

scandalo contabile (e tracollo borsistico) della multinazio-


nale sudafricana Steinhoff, i cui titoli, essendo nel portafo-
glio della Bce, produssero perdite, materializzando i rischi

inediti che possono essere prodotti quando la politica mo-


netaria diventa non convenzionale. La doppia neutralità
è stata così messa in discussione: l’azione del banchiere

centrale non è neutrale dal punto di vista dell’assunzione


del rischio, ma neanche se si considera l’effetto differenzia-
to e distributivo che può avere rispetto a settori, o a imprese,

che si finanziano emettendo titoli sui mercati finanziari.


In questo scenario, ecco ora emergere l’opzione di una
politica monetaria “verde”. In linea di principio, se a qua-

lunque titolo obbligazionario può essere attribuito – diret-


tamente o indirettamente – un rischio di impatto ambien-
tale che può essere nullo, negativo o positivo, ne deve la

banca centrale tenere conto? Va notato che la sensibilità


della banca centrale rispetto al rischio impatto ambientale,
a parità di altre condizioni, potrebbe avere due livelli: la

politica di acquisto di titoli sul mercato può essere premia-


le – a favore delle imprese con impatto positivo – e/o puni-
tiva, escludendo le imprese a impatto negativo.

La risposta dei falchi – vedi le parole di Jens Weidmann,
presidente della Banca centrale tedesca – è negativa. L’im-

pronta “verde” sulla politica monetaria ne ridurrebbe ulte-


riormente la neutralità, anche perché gli effetti distributivi
di una tale azione sono tutt’altro che scontati, con tutti i ri-

flessi negativi – indipendenza della banca centrale inclusa



  • conseguenti. All’opposto vi è la visione delle colombe –
    come la posizione di Patrick Honohan, già governatore della


Banca centrale irlandese – che può essere così riassunta: la


neutralità – se mai è esistita – è un retaggio del passato. La
politica monetaria è oramai non neutrale, e in più di una

dimensione, compresa quella del rischio ambientale. La sfi-


da è gestire la non neutralità nella direzione giusta. Anzi:
l’incapacità a gestire la non-neutralità, con i suoi rischi re-

putazionali, può essere un boomerang anche per l’indipen-


denza della banca centrale.
È dunque evidente che l’interrogativo sulla politica mo-

netaria “verde” è solo un riflesso della più generale do-


manda sul futuro delle strategie delle banche centrali. Non
sarà semplice per la Lagarde essere – come lei vorrebbe –

il gufo saggio tra i falchi e le colombe.


© RIPRODUZIONE RISERVATA

di Donato Masciandaro


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PROCEDURE PIÙ SNELLE PER LE INFRASTRUTTURE


—Continua da pagina 


I


n economia gli investimenti


sono il ponte tra l’oggi e il


futuro. Se bene indirizzati
possono dare una spinta al

Prodotto interno lordo, au-


mentare l’occupazione e,
per questa via, anche i consumi.

È importante, dunque, che non


venga meno il volume di inve-
stimenti, sia nella componente

privata sia in quella pubblica,


ed è necessario fare in modo
che vi sia un adeguato flusso di

risparmio diretto verso il soste-


gno all’economia.
L’Italia, come e più dell’Euro-

pa, ha bisogno di infrastrutture.


Come confermato da un recente
studio di Banca d’Italia, permane

un divario significativo, in ter-


mini di patrimonio infrastruttu-
rale, fra l’Italia e gli altri maggio-

ri Paesi europei, non solo dal


punto di vista quantitativo, ma
anche da quello qualitativo.

Questo rende il Paese meno


competitivo, più vulnerabile, ri-
duce le prospettive di uno svi-

luppo sostenibile.


Gli assicuratori sono primari
investitori istituzionali – i loro

investimenti sono superiori a


 miliardi di euro, quasi il %


del Pil – e, pertanto, possono
fornire un contributo rilevante a

sostegno dell’economia.


La caratteristica degli investi-
menti assicurativi, anche per ra-

gioni storiche e regolamentari, è


di seguire un modello gestionale
prudente e orientato al lungo pe-

riodo. Si tratta di un modello che


ha consentito al settore di supe-
rare due gravi crisi finanziarie

globali senza evidenziare critici-


tà particolari.
In conseguenza del prolunga-

to scenario di bassi tassi di inte-


resse, le imprese assicuratrici
hanno da tempo avviato un pro-

cesso di diversificazione dell’as-


set allocation – tradizionalmente
caratterizzata da un peso signifi-

cativo dei titoli di Stato – verso
bond societari, titoli azionari,

mini bond, private placement, e


appunto, infrastrutture.
Al fine di rafforzare le inizia-

tive del settore in questo campo,


facendo leva anche sulle positi-
ve modifiche intervenute nei

mesi scorsi al quadro pruden-


ziale Solvency II per questi inve-
stimenti, Ania ha recentemente

avviato l’istituzione di un fondo


dedicato. Il fondo, finanziato


dalle imprese di assicurazione,


ha l’obiettivo di investire preva-
lentemente in infrastrutture

italiane, incluse quelle a carat-


tere sociale e ambientale. Al ri-
guardo, abbiamo definito il re-

lativo Regolamento, che preve-


de una stringente politica di in-
vestimenti in materia di criteri

Esg (Environmental, social and
governance), e siamo ora al pri-

mo closing.


La proposta di Franco Bassa-
nini, con la previsione di una ga-

ranzia pubblica dedicata a speci-


fiche classi di infrastrutture
(quelle sociali e ambientali, ma

non solo), è di sicuro interesse. È


stato già argomentato che la ga-
ranzia non deve servire a rende-

re “buoni” progetti che senza la


garanzia non sarebbero finan-
ziabili, ma piuttosto a colmare il

divario tra rendimenti di merca-


to attesi e le caratteristiche so-
ciali dell’investimento. Se l’in-

frastruttura può essere finanzia-


ta direttamente dal mercato pri-
vato, la garanzia pubblica non

serve e, paradossalmente, po-


trebbe in qualche misura ridurre
il rendimento dell’iniziativa.

Diviene perciò cruciale il con-


cetto di addizionalità degli inve-


di Maria Bianca Farina


UNA CARTA EUROPEA DEI VALORI


PER PROMUOVERE L’INTEGRAZIONE


N


el mondo quasi 


milioni di persone
vivono in un Paese

diverso da quello in
cui sono nate e circa

 milioni vivono


nello stesso Paese, ma in una città
differente da quella di origine. In

Europa sono oltre  milioni i cit-


tadini stranieri censiti, ma si sti-
ma che almeno altri  milioni (se-

condo alcuni molti di più) vivano


nel nostro continente senza esse-
re registrati. Gli immigrati verso

la Ue da Paesi terzi sono oltre 


milioni all’anno.
Gli stranieri che si inseriscono

nel mondo del lavoro di uno Sta-


to con alto reddito pro capite
svolgono una funzione fonda-

mentale per la crescita economi-


ca dei loro territori di provenien-
za: si stima che nel  i fondi

trasferiti da questi immigrati


verso i loro Paesi di origine, a
basso o medio reddito, saranno

circa  miliardi di dollari, di più


quindi dei finanziamenti esteri
diretti e dei fondi ufficiali per

l’assistenza allo sviluppo erogati


dagli organismi internazionali.
Di conseguenza la migrazione

per ragioni economiche è impor-


tante per il benessere di un nu-
mero di persone molto più alto di

quello dei soli emigrati.
Naturalmente i flussi migrato-

ri sono verso i Paesi più sviluppa-


ti, non solo l’Europa e gli Stati
Uniti, ma anche il Giappone, che

negli ultimi cinque anni ha accol-


to circa mila lavoratori stra-
nieri, i Paesi asiatici più prosperi

e quelli ricchi di petrolio della pe-


nisola araba e anche qualcuno dei
Paesi dell’America latina. In Eu-

ropa e, anche in Italia, rilevante è


la provenienza dall’Africa. Il le-
game con questo continente, se-

parato da noi solo da un breve


tratto di mare è destinato ad au-
mentare per ragioni demografi-

che: nel  viveva in Africa il


% della popolazione mondiale,
nel  si stima che abiterà in

quel continente il % mentre in


Europa solo il % e inoltre, come
è noto, l’Europa continuerà ad

avere una popolazione sempre


più anziana, mentre l’Africa ve-
drà crescere enormemente i gio-

vani in età lavorativa.


In questo contesto è facile pre-
vedere che nei prossimi venti an-

ni si assisterà a una transizione
graduale verso nuovi equilibri

economici tra Paesi e continenti,


la quale sarà caratterizzata da
flussi migratori causati da guerre

per conquistare il potere in aree


destinate a diventare nel medio
termine più ricche e dalle aspetta-

tive economiche di una popola-


zione giovane e più attiva rispetto
al passato.

Il fenomeno delle migrazioni è


quindi ineluttabile e di dimensio-
ne imponente e non può perciò

essere analizzato e affrontato dai


Paesi riceventi, come l’Italia, li-
mitandosi al problema del con-

trollo degli sbarchi e della redi-


stribuzione degli immigrati tra i
vari Paesi europei. Esso pone un

tema di integrazione. Certo, rego-


lamentazione e organizzazione
dell’accoglienza adeguate all’im-

portanza del fenomeno sembrano


essere una precondizione per
consentire l’integrazione tra per-

sone con storie e tradizioni diffe-


renti ma, nello stesso tempo, il
grado di integrazione della socie-

tà che va formandosi influenza il
sentire delle persone e quindi le

scelte politiche di regolazione. I


conflitti di opinione (e purtroppo
talvolta non solo di opinione) cui

assistiamo in questi anni sono


determinati dall’incapacità del-
l’Europa di immaginare, prima, e

vivere, poi, una società, come suol


dirsi, plurale.
La causa è che l’Europa non ha

più un’identità forte. L’Europa


che è venuta fuori dalla tragedia
della Seconda guerra mondiale

aveva un’identità cristiana, chia-


ra e condivisa, e su quei valori si
è formata la sua architettura.

Progressivamente, a partire da-


gli anni  del Novecento, alcune
regole di comportamento, indi-

viduale e sociale, che discende-


vano da quella visione non sono
state più accettate dalla popola-

zione, ad esempio in materia di


sessualità, di indissolubilità del
matrimonio e quindi di composi-

zione della famiglia, di procrea-


zione assistita, di rispetto della
vita con riferimento ai temi del-

l’aborto e dell’eutanasia, ma an-


che dell’applicazione delle bio-
tecnologie per intervenire sul

corso della vita umana.
Questa evoluzione culturale e

sociale ha condotto ben oltre la


secolarizzazione del cristianesi-
mo e ci ha spinto in un’area di as-

senza di identificazione dei valori


fondamentali condivisi. Un ri-


di Paolo Gualtieri


L’INDUSTRIA


ASSICURATIVA


È PRONTA


A INVESTIRE


PER SOSTENERE


L’ECONOMIA


stimenti da garantire. Si tratta di


un concetto che è alla base del
Piano Juncker ma che, pur nella

valutazione complessivamente


positiva del Piano, ha trovato li-
mitata applicazione pratica. Co-

me riuscire a declinarlo nella re-


altà italiana deve essere oggetto
di riflessioni approfondite. Ma

non c’è dubbio che la proposta


potrebbe contribuire a rafforza-
re l’attrattività degli investi-

menti sociali e ambientali e, as-


sieme a una vigorosa azione di
snellimento e rafforzamento

delle procedure di programma-


zione, progettazione, decisione
ed esecuzione dei progetti, crea-

re un contesto d’insieme più fa-


vorevole all’investimento nel
nostro Paese.

È un tema di grande valore per


lo sviluppo dell’economia e un
approfondito dibattito per indi-

viduare soluzioni concrete che


abilitino, anche nel nostro Paese,
una virtuosa partnership pubbli-

co-privato è essenziale e urgen-


te. L’industria assicurativa ita-
liana è pienamente e convinta-

mente disponibile al confronto


con tutti gli interessati.
Presidente Ania

© RIPRODUZIONE RISERVATA

flesso di questa assenza è l’uso


contraddittorio che viene fatto
dei valori cristiani in tema di inte-

grazione degli immigrati da parte
di opposte correnti di opinione.

Da un lato, taluni si rifanno al va-


lore della dignità umana che tra-
scende ogni comunità storica

fondata sulla discendenza e si


collega all’universalismo etico del
cristianesimo e al concetto di

amore universale per sostenere il


dovere morale dell’accoglienza;
dall’altro e opposto lato, talaltri,

contrappongono un’identità cri-


stiana fondata su valori di prote-
zione della propria famiglia e dei

membri della propria comunità


per spiegare le ragioni del rifiuto
dei migranti e della chiusura dei

confini in opposizione al cosmo-


politismo liberale, ritenuto da es-
si di origine prevalentemente

economica, che sarebbe una mi-


naccia per l’Europa.
Per affrontare in maniera con-

divisa ed efficace un tema così


complesso come quello dei flussi
migratori, l’Europa dovrebbe, in-

nanzitutto, scrivere una Carta co-


mune dei valori dell’integrazione,
in modo da identificare quali so-

no i valori davvero condivisi e


fornire agli immigrati l’identità
culturale alla quale essi si approc-

ciano arrivando in Europa. Le
normative degli Stati membri do-

vrebbero rispettare i valori della


Carta e quindi finirebbero con
l’armonizzarsi di conseguenza.

Dipartimento di Scienze dell’economia


e della gestione aziendale


Università Cattolica di Milano
© RIPRODUZIONE RISERVATA

IL FENOMENO


DELLE MIGRAZIONI


È TROPPO VASTO


PER ESSERE


RIDOTTO AL TEMA


DEGLI SBARCHI


IL SOLE 24 ORE
24 OTTOBRE

Nel suo
intervento Franco

Bassanini ha


spiegato che
molti dei piani

annunciati dal


governo, pur
rispondendo a

bisogni essenziali


della popolazione,
dispongono di

risorse di bilancio


insufficienti. Sul
Sole di 29 ottobre

le analisi Federico
Merola e di

Domenico De


Bartolomeo,
vicepresidente

Ance con delega


al Ppp.


25


PER CENTO
Si stima che nel
2025 circa un
quarto della
popolazione
mondiale vivrà in
Africa, contro il
5% dell’Europa.
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