Il Sole 24 Ore - 09.11.2019

(C. Jardin) #1

Il Sole 24 Ore Sabato 9 Novembre 2019 3


Primo Piano


Stallo con Mittal, governo diviso


su scudo e nazionalizzazione


Crisi ex Ilva. Conte tra gli operai a Taranto: non ho la soluzione in tasca. Misiani (Mef) frena sulle


alternative: «Sbagliato evocare piani B e C». Vincenzo Boccia: «Così nessuno investirà più in Italia»


Domenico Palmiotti


Manuela Perrone


ROMA


Nessun cenno da ArcelorMittal. Le


 ore intimate dal Governo sono


passate ed è lo stesso premier da Ta-


ranto, dove entra nello stabilimento


dell’ex Ilva e incontra operai e citta-


dini, a riconoscere che servirà anco-


ra tempo. «Non ho la soluzione in


tasca, vedremo nei prossimi giorni»,


ammette Giuseppe Conte.


Nel frattempo, a dispetto delle di-


chiarazioni di compattezza, la mag-


gioranza si divide. Innanzitutto sullo


scudo penale: Pd e Italia Viva restano


fermi sulla necessità di reintrodurlo


subito, con emendamenti al Dl fisca-


le. Il MS si irrigidisce, con Luigi Di


Maio, timoroso di un nuovo Vietnam


parlamentare modello Tav, che vede


prima i direttivi di Camera e Senato


e poi riunisce lo stato maggiore del


Movimento di Governo. Subito dopo


avverte: «Se il Pd o altri partiti della


maggioranza presentano emenda-


menti senza un accordo è un proble-


ma per il Governo». I pentastellati


sono pronti al contrattacco, con una


loro proposta di modifica che bypas-


sa però la questione immunità.


Ma sono anche le alternative ad


ArcelorMittal, nel caso confermasse


il suo disimpegno, a spaccare il


“quadripartito” che sostiene il Conte


. Sulla nazionalizzazione che Conte


non ha escluso apre il ministro dello


Sviluppo economico, Stefano Patua-


nelli. Il presidente Inps Pasquale Tri-


dico, vicino a Di Maio, si dice convin-


to che «questa situazione potrà ave-


re felice soluzione solo quando lo


Stato sarà il maggiore player». Ma i


dem, con l’eccezione del ministro


per il Sud Francesco Boccia, frenano.


«L’ipotesi sul tavolo è che Mittal


adempia ai propri impegni: svilup-


pare gli investimenti, il piano am-


bientale e industriale che si è impe-


gnata a portare avanti», chiarisce il


ministro dell’Economia, Roberto


Gualtieri. Più netto ancora il vicemi-


nistro Antonio Misiani: «Il nostro


piano A è trattare con ArcelorMittal,


credo sia sbagliato evocare piani B e


C». Nessuno si sbilancia sulla possi-


bilità che circola da giorni di un coin-


volgimento di Cassa depositi e pre-


stiti. Opzione che dal punto di vista


tecnico presenterebbe non pochi


problemi, legati allo statuto Cdp e al-


la compatibilità con le regole Ue su-


gli aiuti di Stato. «Penso che questo


Governo abbia generato la causa e


questo Governo dovrebbe cercare di


risolverla nelle logiche di mercato e


nella logica di impresa», afferma il


presidente di Confindustria, Vincen-


zo Boccia. Che sceglie una battuta


per esprimere il principio di propor-


zionalità tra le sanzioni: «Se diamo


la galera a chi evade mila euro


pensa a uno che fa danni all’econo-


mia del Paese e fa scappare gli inve-


stitori quanto dovremmo dare».


Conte temporeggia e a Taranto


trova una situazione a due facce. Sul


piazzale della portineria D, una pic-


cola folla di cittadini, abitanti del rio-


ne Tamburi, ambientalisti ed espo-


nenti di movimenti e associazioni


(- persone) lo assedia al grido di


“Taranto libera” e reclama la chiusu-


ra del sito. Dopo il premier va al con-
siglio di fabbrica per incontrare gli

operai che lo accolgono con gli ap-


plausi. «Lei ha visto una faccia della
medaglia», afferma Antonio Talò,

della Uilm, riferendosi a quanto ac-


caduto davanti alla portineria. «Qui
ci sono lavoratori che vogliono ri-

sposte», dice Biagio Prisciano, della


Fim Cisl. Le loro preoccupazioni so-
no la bonifica e il lavoro. A loro Conte

ribadisce: «Il primo segnale che dob-


biamo dare è l’orgoglio del sistema
Italia. Se chiedi di venire in Italia sei

il benvenuto, se firmi un contratto lo


rispetti, sul piano occupazionale e


ambientale». L’incontro all’esterno
dell’acciaieria si svolge in un clima

tesissimo. Conte, più che parlare,


ascolta tutti,e tutti gli ripetono che
gli altiforni vanno spenti, che la fab-

brica inquina e uccide, e che bisogna


fare la bonifica impiegando chi già
lavora nell’ex Ilva. «Perché a Taranto

è permesso tutto?», gli urlano. «A me


dovete dire cosa volete fare», chiede
il premier. E se prova a domandare

ai cittadini se hanno un’idea di futu-


ro, la risposta è univoca: chiusura. Il
tutto accompagnato dal racconto di

una città colpita dalle malattie e dove


i bambini non possono andare a


scuola nei giorni di vento, quando si
sollevano le polveri minerali. Qual-

cuno si spinge a chiedere per Taran-


to la soluzione Genova: chiusura del-
l’area a caldo, mantenimento delle

lavorazioni a freddo, il tutto non di-


sgiunto della bonifica. Una donna gli
chiede se è possibile trovare un’al-

ternativa ad ArcelorMittal per porta-
re avanti un diverso piano industria-

le. Il premier nicchia. Più tardi dirà:


«Dobbiamo valutare il futuro di que-
sto stabilimento che dovrà essere so-

cialmente responsabile».


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«A


rcelorMittal deve rispet-
tare i patti, gli impegni

assunti sui livelli pro-


duttivi e occupazionali.
Aspettiamo risposte, ma non possiamo

attendere gli eventi. Il  dicembre è do-


mani e occorre trovare le risorse per pa-
gare lavoratori e imprese dell’indotto

creditrici di circa  milioni. È bene già


avere una prospettiva e delle soluzioni.
L’Europa in questa situazione di gravità

economica e sociale può e deve fare la


sua parte». Mario Turco, docente di eco-
nomia aziendale all’Unisalento, è il sena-

tore pentastellato che il premier Giusep-


pe Conte ha voluto a Palazzo Chigi come
sottosegretario con delega alla pro-

grammazione economica e agli investi-


menti. La tempesta ex Ilva non lo coglie
di sorpresa. Già a maggio  aveva sol-

levato dubbi sia sulla procedura pubblica


di aggiudicazione sia sugli obiettivi del
piano industriale, troppo ottimistici ri-

spetto alla congiuntura economica.


Non pensa, col senno di poi, che
la battaglia del MS contro l’immu-

nità sia stata un errore? Il Pd vuole


ripristinarla.
È evidente che la tutela legale oggi è un

falso problema. Mittal ha chiaramente
dichiarato che la decisione di non

adempiere ai vincoli contrattuali sia


scaturita dalla mancanza di sostenibi-
lità economica della fabbrica. Questo

lo rende inadempiente rispetto alla ga-


ra pubblica e agli impegni assunti nel
contratto e nell’addendum. Per questo

deve rispondere al Governo, ai lavora-


tori e a un’intera comunità tradita.
Intanto però è stata avviata una

procedura di retrocessione dei rami


d’azienda e più di mila lavoratori
sono a rischio...

Il Governo non ha alcuna responsabili-


tà nella riduzione della produzione dai
 milioni di tonnellate di acciaio previsti

nel contratto a , milioni realizzati dal


gestore. La dichiarazione di mila esu-
beri è inaccettabile. Mittal deve chiarire

perché. E da tecnico dico che bisogne-
rebbe verificare la gestione del sito in

un’ottica di gruppo: è stata sacrificata


una società a vantaggio di un’altra?
Ma quali sono le strade per vinco-

lare ArcelorMittal al rispetto del con-


tratto? Il ventilato ricorso d’urgenza?
Non ravvedo che una possibile so-

spensiva possa risolvere i prossimi


adempimenti nei confronti dei lavo-
ratori e degli imprenditori. Il ricorso

presentato da Mittal al tribunale di
Milano non può produrre effetti a bre-

ve. È importante incontrare di nuovo


Mittal per avere certezza sulla sua vo-


lontà e chiarire alcuni aspetti gestio-
nali di natura economica.

Quali sono i margini di trattativa?


Una revisione del contratto peggiorativa
per il governo e per i lavoratori non è giu-

ridicamente ed economicamente per-


corribile. Ma il premier Conte ha già det-
to a Mittal che nel caso ci fossero investi-

menti tecnologici innovativi importanti


lo Stato è pronto a fare la sua parte sia per
il sostegno all’occupazione sia per la ri-

conversione economica e industriale.


Ci spieghi meglio.
Nella legge di bilancio, se ci sono da subito

i margini, istituiremo un Fondo straordi-


nario iniziale da - milioni per il soste-
gno ai redditi dei lavoratori in ammini-

strazione straordinaria, oggi oltre ..


L’obiettivo è riqualificarli per impiegarli
in lavori socialmente utili e nelle attività di

bonifica, oltre che per il reinserimento nel


mondo lavorativo. Quel Fondo potrà es-
sere potenziato con risorse regionali ed

europee e sarà propedeutico a un piano di


riconversione per Taranto, a cui stiamo


già lavorando. Ma sarà importante che
anche l’Europa faccia la sua parte, non so-

lo per il sostegno occupazionale.


Che cos’altro può fare l’Ue?
Deve farsi carico della questione Ta-

ranto come è avvenuto in Austria, Sve-


zia, Germania, quando sono stati fi-
nanziati piani di decarbonizzazione.

Quando il presidente Conte immagina


il sito come un hub internazionale per
la transizione energetica nell’attività

siderurgica invita la politica industriale


italiana a guardare al futuro. Austria e
Svezia stanno già lavorando all’impre-

sa siderurgica futuristica a idrogeno;


da noi diversi sono gli istituti di ricerca
che studiano modelli per applicare

l’idrogeno alla produzione di acciaio. Ci


vuole il coraggio di non conservare
modelli produttivi ancorati al passato.

Questo piano quanto varrebbe?


Dal punto di vista di fondi pubblici na-
zionali ed europei almeno all’inizio

- miliardi nell’arco di - anni.


Mittal come ha reagito?
Attendiamo una risposta. Ma se con-

fermasse la sua volontà di disimpegno


il Governo ha già detto che scatterebbe
la gestione commissariale in capo al

Mise, temporanea. Poi il futuro sareb-
be tutto da scrivere in base alle pro-

spettive di sostenibilità economica, di


tutela dell’ambiente e della salute.
In caso di nazionalizzazione, Cdp

potrebbe giocare un ruolo?


È veramente prematuro parlarne. Ma
Taranto non può essere lasciata sola:

vanta un credito nei confronti del Paese


e il territorio merita rispetto. Per la conti-
nuità della produzione serve però un

quadro di legalità (in quella fabbrica so-


no morte  persone dal  al ) e
occorre garantire il diritto alla produzio-

ne senza sacrificare il diritto alla salute.


Su questo il Governo è pronto a investire.


—M.Per.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

L’INTERVISTA


Mario Turco. Il sottosegretario a Palazzo Chigi spiega le opzioni


«Piano da 2-3 miliardi di fondi,


con ArcelorMittal o senza»


‘‘


L’alternativa


ad Arcelor


è una gestio-


ne commis-


sariale ma


temporanea.


Poi il futuro


sarebbe


tutto


da scrivere


‘‘


IPOTESI RICONVERSIONE


Si potrebbero utilizzare


fondi nazionali ma anche


europei, come è stato


fatto in Austria e in Svezia


Tra gli operai.
Il premier Conte

ha partecipato ieri


al consiglio di
fabbrica all’inter-

no dello stabili-


mento ex Ilva di
Taranto dopo

aver ascoltato


cittadini
e rappresentati

di movimenti e


associazioni


ANSA

Paolo Bricco


N


essuna retorica.


L’elementare verità dei


numeri. Da qualunque
punto lo si guardi, il

disastro dell’Ilva costerà allo Stato
italiano una cifra considerevole:

nel solo primo anno del soccorso


medico-finanziario all’acciaieria
ormai ridotta ad un malato

terminale, si tratta di un


ammontare di soldi pubblici
compreso fra i  milioni di euro


  • per congelare l’acciaieria e


mandare tutti in cassintegrazione



  • e gli  milioni di euro, per


provare a tenere in vita, seppur a


regime ridotto, quel che resta del
maggiore impianto siderurgico

europeo. Facciamo qualche


calcolo, usando come riferimento
lo scenario di un

commissariamento – almeno


iniziale – che eviterebbe
l’imbarazzo di andare a bussare

alla Cassa Depositi e Prestiti e


cancellerebbe il problema di
provare a costruire una

improbabile cordata di investitori


privati. Due le ipotesi, nel caso di
una statalizzazione sostanziale

operata attraverso una estensione


a tutto il corpo dell’Ilva della
amministrazione straordinaria.

Prima ipotesi estrema: l’intera


Ilva viene ridotta a un organismo
inerte e gli addetti vanno tutti in

cassintegrazione. L’impegno sarà
quello di smontare pezzo per

pezzo la fabbrica e farne il famoso


parco giochi invocato da
qualcuno. L’unico problema sarà

quello di realizzare le bonifiche,


evitando di ripetere – moltiplicato
per dieci – il default ambientale,

politico e etico sperimentato dallo


Stato italiano  anni fa a Bagnoli.
Seconda ipotesi meno estrema: la

società rimane in funzione,


occorre trovare il giusto equilibrio
dimensionale, non è possibile a

queste condizioni di mercato


replicare le perdite di
ArcelorMittal, bisogna

circoscrivere il perimetro


produttivo e dunque limitare,
almeno temporaneamente in

attesa che riprenda la domanda di


acciaio, il numero di occupati; a
questo punto una quota degli

addetti resta in attività fra


Taranto, Novi Ligure e
Cornigliano, mentre un’altra

parte va in cassintegrazione.


Facciamo due conti. Usiamo il
riferimento dell’amministrazione

straordinaria attuale. Il costo


medio annuo di ogni persona in
carico ad essa è di . euro:

mila euro di sussidio, più mila
euro di accantonamento al TFR,

più i contributi sanitari, più il %


dei contributi figurativi, versati
all’Inps direttamente dallo Stato.

Alla fine, calcolato al centesimo,


ogni addetto in media costa
appunto . euro di soldi

pubblici. Nell’ipotesi che tutti i


dipendenti Ilva – inclusi dunque i
. addetti che in meno di un

mese torneranno


all’amministrazione
straordinaria – ricevano lo stesso

trattamento, ecco che il costo


complessivo per le casse statali
diventa di  milioni di euro.

Naturalmente, in un tale scenario,


appare politicamente scontato
che abbiano lo stesso trattamento

anche gli oltre mila addetti


dell’indotto italiano. E, a questo
punto, il conto lievita a poco

meno di  milioni di euro


all’anno. Poi, ci sarà il problema di
che cosa far fare loro, perché

provino a tornare ad una nuova


vita professionale. Prendiamo
come standard la riqualificazione

degli addetti oggi in


amministrazione straordinaria
finanziata con  milioni di euro

dalla Regione Puglia.
Estendiamola a tutti quanti,

indotto incluso: fanno poco meno


di altri  milioni di soldi
pubblici, al di là della loro

provenienza diretta o indiretta.


Alla fine, il costo della
trasformazione in un osso morto

della fabbrica è di  milioni di


euro all’anno. Tutti da mettere sul
tavolo. Senza, peraltro, tenere in

alcun modo in considerazione i


costi della bonifica dell’ambiente


e della fabbrica.


Andiamo alla seconda ipotesi:
il commissariamento prende in

gestione una parte della fabbrica,


cercando il punto dimensionale e
la specializzazione produttiva

giuste per mantenerla


accettabilmente sul mercato,
senza perdere a bocca di barile

come ha fatto ArcerlorMittal.


Una scommessa ambiziosa, con
l’attuale mercato europeo e con

gli effetti destabilizzanti della


guerra dei dazi fra Stati Uniti e
Cina. Ma, anche, una scommessa

dal rilevante significato politico e


simbolico. È presumibile,
operando con un criterio di

razionalità economica, che siano


sufficienti – e finanziariamente
ragionevoli - poco meno di mila

addetti. Questa società ha oggi


un fabbisogno circolante di 


milioni di euro all’anno. Per
ricostituire il magazzino ed

effettuare gli interventi di


manutenzione e i lavori
all’altoforno  (in una logica

“amichevole” con la


magistratura di Taranto)
servono altri  milioni di euro.

Fanno  milioni di euro di


soldi pubblici: al netto del fatto
che lo Stato italiano riesca a

negoziare con Bruxelles, vista la


gravità della situazione, la
possibilità di metterli

direttamente. Poi, ci sono gli altri


mila addetti della fabbrica in
cassintegrazione ( milioni di

euro di costo per le casse dello


Stato) e i mila occupati
dell’indotto, che comunque

sbanderebbe violentemente


anche in caso di una ripresa
ridotta dell’Ilva (altri  milioni

di euro). Più la formazione con


cui riqualificare questi mila
cassintegrati: poco più di una

cinquantina di milioni di euro.


Alla fine, in questo caso, fanno
 milioni di euro. Le parole

sono pietre. I numeri sono
macigni. Ogni anno i conti da

pagare, per lo Stato italiano,


saranno questi.


© RIPRODUZIONE RISERVATA

L'ANALISI


Fino a 835 milioni all’anno:


la certezza matematica


di un conto salato per lo Stato


La stima riguarda l’ipotesi


di tenere in vita l’impianto


Per la chiusura necessari


invece  milioni annui


Confindustria.
Vincenzo Boccia:

«Il problema è il


precedente che
stiamo creando.

Stiamo dimo-


strando al mondo
che quando

arriva un investi-


tore cambiamo
poi certe regole e

lo facciamo
scappare»

CORTE COSTITUZIONALE


La Consulta


intanto congela


l’esame del


decreto «scudo»


Spetterà al Gip di Taranto


valutare se le modifiche


legislative allo “scudo penale” per
gli amministratori dell’ex Ilva

contengono ancora profili di


incostituzionalità. Con una lunga
motivazione la Consulta ha

argomentato ieri il dispositivo del


 ottobre scorso con il quale aveva
ordinato la restituzione degli atti

al magistrato che aveva sollevato


l’eccezione. Eccezione peraltro
molto articolata, spaziando della

tutela della salute a quella


dell’ambiente, oltreché dell’
uguaglianza costituzionalmente

stabilita come perno dell’intero


sistema. Tuttavia, secondo la
Corte - che pure a quella data non

poteva ancora conoscere l’esito
abrogativo delle norme

impugnate, esito contenuto nella


legge  novembre  - il
giudice delle leggi non è in grado

oggi di stabilire l’effetto concreto


della rivisitazione legale
compiuta dal Governo prima e

dal Parlamento poi. Da qui la


necessità di un nuovo scrutinio
«nel merito» da svolgersi a cura

dello stesso Gip rimettente.


—A.Gal.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Di Maio


vede i mini-


stri M5s e


avvisa il Pd:


«Se pre-


senta


emenda-


mento per


immunità è


un problema»

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