La Stampa - 14.11.2019

(Brent) #1
Una pièce teatrale a Torino e un libro

Quando Tolstoj

salvò Lombroso

da sicuro

annegamento


  1. Manifesti con le liste dei
    candidati a Milano. 2. Un
    giovane Benito Mussolini
    (1883-1945). 3. Don Luigi
    Sturzo (1871-1959).

  2. Sfilata dei fascisti sanse-
    polcristi nel 1919 a Milano.

  3. Manifesto elettorale del
    Psi firmato da Scalarini


IL 16 NOVEMBRE DI CENTO ANNI FA IL PRIMO VOTO A SUFFRAGIO UNIVERSALE MASCHILE

La falsa partenza di Mussolini

1919, un clamoroso flop elettorale


E l’Italia pareva avviata a un’altra storia


MARIO BAUDINO

C

esare Lombroso in-
contrò Lev Tolstoj,
nella tenuta di Ja-
snaja Poljana, e per
poco non finì anne-
gato. Lo salvò l’ospi-
te, con grande energia, tiran-
dolo fuori da uno stagno infe-
stato dalle ninfee dove gli ave-
va proposto una bella nuotata.
Fu tutto sommato uno schiaf-
fo al suo orgoglio, forse una in-
consapevole vendetta dello
scrittore: perché il fondatore
dell’antropologia criminale
non era stato affatto tenero
con lui quando, nel suo bestsel-
ler, L’uomo di genio, ne aveva
descritto l’abbondanza di «ru-
ghe del dolore», insieme al ge-
nerale «aspetto cretinoso o de-
generato»: che lo accomuna-
va, bontà sua, ad altri geni alie-
nati come Socrate, Ibsen e Do-
stoevskij.
Tolstoj probabilmente ne
aveva notizia. Si sarebbe poi
preso il piacere di rispondere
in Resurrezione, dove un procu-
ratore fa una lunga arringa in
tribunale citando Lombroso e
Charcot, e il presidente mor-
mora a un giudice: «È un tre-
mendo imbecille». Non erano
fatti per capirsi. L’incontro av-

venne nell’estate del 1897,
quando il luminare torinese,
all’apice della fama, sessanta-
duenne ma non particolar-
mente in forma, accettò l’invi-
to a un convegno a Mosca – e
fu, leggiamo nei ricordi delle fi-
glia, una comica odissea, ivi
compresa a Vienna una denun-
cia per furto del portafogli, sal-
vo ricordarsi due giorni dopo
di averlo lasciato al bureau
dell’albergo - soprattutto per
poter incontrare lo scrittore,
per lui un oggetto interessan-
tissimo di studio.
Superate non poche difficol-
tà, riuscì a raggiungerlo nella
mitica tenuta agricola, dove fu
accolto con distaccata cortesia
e accadde il buffo episodio di
un sessantenne tirato a riva
per i capelli da un compagno
che stava per tagliare il tra-
guardo dei settanta: e che do-
po l’impresa «eseguì qualche
esercizio, sollevandosi robu-
stamente sul trapezio; il Lom-
broso cercò d’imitarlo, ma per
quanto si arrabattasse, rimase

a terra», come raccontò Lucia-
no Zuccoli, nel 1899 sull’Illu-
strazione Italiana. Tolstoj chiu-
se l’imbarazzante vicenda de-
scrivendo nel diario l’ospite co-
me «un vecchietto limitato, in-
genuo».
È questa una storia, non del-
le più note, che circolò carsica-
mente fra gli studiosi fino a un
libro di Paolo Mazzarello, Il ge-
nio e l’alienista (Bollati Borin-
ghieri, 2005) da cui prende
ora spunto Sergio Ariotti per
una pièce teatrale, titolo L’in-
contro. Quando Tolstoj salvò
Lombroso da sicuro annega-
mento, in prima nazionale fra
oggi e sabato al Palazzo degli
Istituti Anatomici di Torino,
con Mauro Avogadro e Marti-
no D’Amico; in occasione del
decennale del Museo Lombro-
so, che fino al 6 gennaio espo-
ne alla Mole Antonelliana ol-
tre 300 fotografie in dialogo
con oggetti, strumenti, docu-
menti e libri (sabato mattina è
possibile una visita guidata
con i curatori).
Il testo dello spettacolo è
pubblicato – con lo stesso tito-
lo - da Robin edizioni. Il lavoro
teatrale è fedele alla storia, ma
scava nella psicologa dei perso-
naggi: due luminari, uno fero-
cemente positivista ma aperto
a idee liberali, l’altro spirituali-
sta e tormentato – per esempio
dalla bulimia sessuale –, alfie-
re dell’amore cristiano e della
solidarietà umana ma reazio-
nario. Tutto sommato, al di là
delle teorie lombrosiane e dei
maldestri bagni, due tipi uma-
ni che ancora oggi si danno,
per così dire, battaglia. —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

GIOVANNI DE LUNA

C


on il senno di poi è
facile, oggi, guar-
dare al 1919 come
all’inizio della irre-
sistibile ascesa
che, solo tre anni
dopo, portò Mussolini alla
conquista del potere. Solo
con il senno di poi, però. Per-
ché, per chi quell’anno lo vis-
se davvero, niente in realtà la-
sciava presagire un simile esi-
to. Il 16 novembre si tennero
infatti le prime elezioni politi-
che a suffragio universale ma-
schile. Si adottò il sistema pro-
porzionale che permetteva ai
partiti di contarsi, di conosce-
re le reali dimensioni che cia-
scuno aveva assunto nel tor-
mentato scenario del Paese
appena uscito dai massacri
della Prima guerra mondiale.
Nel gennaio di quell’anno
don Luigi Sturzo aveva fonda-

to il Partito Popolare Italiano;
in marzo Benito Mussolini
aveva dato vita ai fasci di com-
battimento. C’erano molte no-
vità e la competizione eletto-
rale sembrò subito una resa
dei conti in cui erano molti a
contendersi le spoglie di quel
che restava dell’Italia liberale
dell’anteguerra.

La sconfitta dei liberali
Tra tutti, vinse il Partito socia-
lista che conquistò il 32,4%
dei voti e 156 seggi su 508.
Era il partito più radicalmen-
te antisistema, così come fuo-
ri dall’alveo della tradizione
liberale si collocavano anche
i seguaci di don Sturzo, arri-
vati secondi, con il 20,5% e
100 seggi. Il trionfo dei socia-
listi e dei popolari coincise
con il netto declino dei libe-
rali che - per la prima volta
nella nostra storia unitaria -

persero la maggioranza.
A quelle elezioni partecipa-
rono per la prima volta anche
i fascisti, presenti, però, con
una propria lista solo a Mila-
no. E il risultato fu devastan-
te: appena 4.795 voti, contro i
170.000 dei socialisti e i
64.000 dei popolari nella stes-
sa circoscrizione. Poco tempo
prima, a D’Annunzio che, im-
pegnato nell’avventura di Fiu-
me, gli rimproverava una im-
barazzante mancanza di ini-
ziativa («Non c’è proprio nul-
la da sperare? E le vostre pro-
messe? Bucate almeno la pan-
cia che vi opprime; e sgonfia-
tela») Mussolini aveva rispo-
sto mostrandosi apparente-
mente fiducioso: «Ci sarà un
grande plebiscito per Fiume e
gente nuova uscirà dai comizi
elettorali».
Quelle parole sembravano
destinate solo a calmare le
impazienze del Poeta-solda-
to, perché, in realtà, Mussoli-
ni era consapevole sia dell’i-
solamento sia dello scarso pe-
so elettorale del suo movi-
mento: «E allora noi fascisti

dobbiamo affermarci da soli,
dobbiamo uscire distinti,
contati e, se saremo pochi, bi-
sognerà pensare che siamo
al mondo da pochi mesi sol-
tanto», aveva affermato al
congresso fascista di Firenze
del 9 ottobre 1919. Pure la ba-
tosta subita, proprio nella cit-
tà del «fascio primigenio»,
era troppo vistosa per non la-
sciare strascichi pesanti. Gli
avversari presero a sbeffeg-
giarlo: «Un cadavere in stato
di putrefazione fu ripescato
stamane nel Naviglio, pare si
tratti di Benito Mussolini»,
scrisse allora l’Avanti!

«Niente c’è di definitivo»
Subito dopo, in seguito a
una perquisizione nella se-
de dell’Associazione Arditi e
al ritrovamento di alcune ar-
mi da guerra, il 18 novem-
bre Mussolini, assieme ad al-
tri dirigenti del movimento,
fu addirittura arrestato; è ve-
ro, fu scarcerato quasi imme-
diatamente, ma il significa-
to simbolico dell’episodio
entusiasmò gli avversari, de-

primendo i suoi sostenitori.
La riflessione mussoliniana
sulla sconfitta, pur con acute
intuizioni su alcune fragilità
della vittoria socialista (la
frammentazione in tante cor-
renti, la sproporzione tra l’am-
piezza del consenso elettorale
e la scarsa capacità di mobilita-
zione dei militanti) appariva
soltanto consolatoria: «Nien-
te c’è di definitivo al mondo»,
scrisse il 21 novembre 1919,
«ma le cose meno definitive so-
no le vittorie elettorali».

Sembrava la fine. E invece...
Sembra un monito molto at-
tuale per chi oggi è ebbro di vo-
ti; allora, però, era solo il se-
gnale di una marcata subalter-
nità politica, ribadita dallo
stesso Mussolini pochi mesi
dopo: «ritorniamo all’indivi-
duo» scrisse infatti il 1° genna-
io 1920: «Due religioni si con-
tendono oggi il dominio degli
spiriti del mondo: la nera e la
rossa. Da due Vaticani parto-
no oggi le encicliche: da quel-
lo di Roma e da quello di Mo-
sca. Noi siamo gli eretici di
queste due religioni».
Era troppo poco, la doppia
eresia non affascinava nessu-
no, i fasci si sfaldavano - ne so-
pravvissero una trentina -, Il
Popolo d’Italia, il giornale del
movimento, entrò in crisi, sal-
vato in ultimo dall’intervento
interessato di un gruppo di ar-
matori liguri. Era davvero la fi-
ne: questa, almeno, fu allora
l’impressione prevalente. E in-
vece... Tre anni dopo, l’«ereti-
co» aveva stretto un patto con
il «Vaticano di Roma», con la
Monarchia, con il potere eco-
nomico, con i ceti più forti e
più conservatori, e su quel pat-
to aveva costruito la marcia
vittoriosa che si sarebbe con-
clusa il 28 ottobre 1922. —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

LA STORIA

32,4%
i voti del Partito
socialista, primo alle
urne, che conquistò
156 seggi su 508

NICOLA MARANESI

M

entre le elezioni
del 1919 sembra-
vano sancire l’a-
scesa delle forze
popolari, gli
umori che cova-
vano nel profondo del Paese
stavano preparando un’altra
storia. È quanto si ricava leg-
gendo alcuni dei memoriali cu-
stoditi presso l’Archivio dei dia-
ri di Pieve Santo Stefano.
Quando nel novembre 1918
l’Italia esce vittoriosa dalla
guerra, nel Paese si propaga
un’esaltazione collettiva. Le
parole che scrive la ventenne
fiorentina Maria Morelli sono
quelle della nazione intera: «3
novembre 1918. Viva Trieste
Italiana! Scrivo di nuovo stase-
ra questa data perché oramai è
sacra e memorabile! [...] In al-
to i cuori! Esultiamo alla vitto-
ria compiuta! Vorrei gridare
forte mille volte Viva l’Italia!
Viva i nostri eroi!».
Eppure questi «eroi», al ritor-
no a casa, troveranno un’acco-
glienza ben diversa da quella
sperata. Racconta pochi mesi
dopo Antonio Specchio sul
suo diario: «Correva l’anno
1919, la lotta dei diseredati ri-

cominciò con più vigore. Man
mano che si tornava dal fron-
te, la protesta cresceva e si al-
largava. Nei paesi non si trova-
vano più le mucche, gli asini o i
cavalli; la terra era arretrata di
lavoro. Nelle Puglie peggio del
peggio. Giorno per giorno si
congedavano le classi e au-
mentava la disoccupazione e il
malcontento. In quattro anni
di guerra, la propaganda ave-
va promesso, a vittoria finita,
le terre ai contadini e la fabbri-
ca all'operaio. Tale propagan-
da fece presa tra i combattenti
e al ritorno si credeva di avere
diritto a tali promesse. E inve-
ce trovarono il piombo e le ma-
nette dei carabinieri».
Il passo dalla delusione all’o-
dio sociale è breve. Carlo Cise-
ri dopo l’entrata in guerra fre-
quenta la scuola ufficiali di Mo-
dena e diventa sottotenente
dei bersaglieri. Nell’ottobre
1919 non è ancora stato smobi-
litato e si trova di stanza a Mila-
no quando viene ingiuriato
dai socialisti, che schernisco-
no la sua divisa e insultano l’e-
sercito e lo Stato. Carlo è furi-
bondo e sfoga la sua frustrazio-
ne nel diario: «Quanta delusio-
ne! La grande famiglia italia-
na, che tutta unita intervenne
al momento propizio nella
grande guerra, oggi è disgrega-
ta, divisa orribilmente, è orri-
bilmente malata, febbricitan-
te di una febbre pericolosa: l’a-
narchia. Mi sento in alto mare.

Non arrivo a concepire come si
possa, per queste sporche idee
politiche, odiarsi a tal punto
da uccidersi fra fratelli. Non
credo più a nulla».
Carlo è attraversato da un ri-
gurgito di «antipolitica»: è con
questo stato d’animo che arriva
alle elezioni del novembre


  1. Affida al suo diario un
    giuramento, sottolineandone
    pesantemente le parole: «Nella
    forma più solenne: giuro che
    non mi occuperò più di politi-
    ca, che non apparterrò a nes-
    sun partito. II mio unico partito
    politico, la mia unica grande
    idea saranno la famiglia: mio
    Padre, mia Madre, i miei fratel-
    li, un giorno i miei figli».
    Ma non andrà così, né per lui
    né per molti altri. Dopo il canto
    del cigno dello Stato liberale, l’I-
    talia inizia a invocare un «uo-
    mo forte»: «Rivolgo a Dio una
    preghiera ed una grazia: che ci
    conceda un uomo che sorpas-
    sando tutto e tutti vinca ed im-
    peri nella vera giustizia». Poco
    dopo avrà occasione di incon-
    trare l’uomo che sembra rispon-
    dere alle sue aspettative. Nel
    marzo 1920 ascolta Mussolini
    che parla in un ricevimento a
    Milano. «Sentii subito una gran-
    de simpatia. Le sue parole mi
    piacquero, mi piacque la sua fie-
    rezza, la sua forza, il suo sguar-
    do. Non ho torto, ho visto da
    tempo in quest’uomo un qual-
    cosa di eccezionale». —
    c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI


NEI DIARI DELLA GENTE COMUNE, GLI UMORI PROFONDI DEL PAESE

“Rivolgo a Dio una preghiera:

che ci conceda un uomo forte”

FONDAZIONE GIANGIACOMO FELTRINELLI

4.795
i voti totali per la lista
fascista, presente
solo a Milano (dove
il Psi ne ebbe 170.000)

20,5%
i voti del Partito
popolare di
don Sturzo, secondo
con 100 seggi

1

5

Trieste, mostra omaggio a Dorfles

«Il segno rivelatore di Gillo» è il titolo della mostra su
Gillo Dorlfes, scomparso nel marzo 2018, aperta da
domani alla Biblioteca Statale di Trieste. Esposti di-
versi inediti, tra cui una ventina di disegni creati negli
anni 50 per i nipoti e i rari bozzetti originali per tessu-
ti (anni 30 e 50) realizzati da un’azienda comasca.

Hitchcock a Genova, tutti i segreti in 70 scatti

A Palazzo Ducale di Genova si apre oggi (fino all’8 mar-
zo) la mostra «Alfred Hitchcock nei film della Univer-
sal Pictures». Nel percorso 70 foto dal set e dal back-
stage dei film del regista, per scoprire particolari curio-
si sulla sua vita privata, sulla realizzazione delle scene
più celebri e sull'impiego dei primi effetti speciali.

I premi Giustolisi di giornalismo

Sono Federica Iezzi, Lorenzo Cremonesi e Giulio Mo-
la i vincitori del Premio di giornalismo d’inchiesta
Franco Giustolisi. Riconoscimenti a Valerio Cataldi,
Paolo Berizzi, Benedetta Tobagi, Francesca Mannoc-
chi, Roberto Festa e alla redazione di Report. Premio
TM alla memoria a Vittorio Nisticò e al giornale l’Ora.

TEMPI

MODERNI

CULTURA, SOCIETÀ
E SPETTACOLI

Si adottò il sistema proporzionale, che consentiva
ai partiti di conoscere le reali dimensioni assunte
nel Paese appena uscito dai massacri del ’15-’18

Dall’euforia per la guerra
vinta alla delusione
del dopoguerra: e così
il futuro Duce comincia
a conquistare consenso
L’episodio nel 1897:
l’antropologo era
ospite dello scrittore
a Jasnaja Poljana

2

(^34)
Lev Tolstoj (1828-1910)
Cesare Lombroso (1835-1909)
GETTY
30 LASTAMPAGIOVEDÌ 14 NOVEMBRE 2019
TM

Free download pdf