Il bello e il buono
Edoardo Raspelli
Valentina Frezzato
Tbilisi
Elisabetta Pagani
Bruges - Gent
Fiandre —
IL BORGO DA FIABA DELLE DONNE
Il fascino antico di beghinaggi, canali e belfort
Tour sulle tracce dei pittori fiamminghi in vista del 2020,
anno dedicato a Jan van Eyck e al suo “Agnello mistico”
O
rganizzare un tour nel paese stretto
fra le montagne del Caucaso e il Mar
Nero è ciò che tutti gli esploratori, e i
curiosi, dovrebbero fare prima che
diventi «di moda». Perché la
tendenza è esattamente questa:
considerato fino a qualche anno fa un
territorio ignoto e sconsigliabile, ora la
nazione dove è nato il vino e che ha resistito
strenuamente ai tentativi di sottomissione
della Russia, si sta lentamente trasformando
in un’ammaliante meta per turisti in cerca di
qualcosa di insolito. E a basso costo.
La Georgia è la terra delle alte montagne e
del pane alla cannella venduto per strada, è il
Paese dei monasteri ortodossi e delle torri
medievali in pietra che sembrano spuntare
come alberi nelle valli, della supra (un pranzo
che può durare anche dodici ore, cuore
dell’ospitalità georgiana) e dei brindisi pieni
di parole e riti con il vino o con la chacha
(un’acquavite). Qui con la birra si brinda solo
ai nemici.
Antico e contemporaneo
Sono due gli aeroporti principali, collegati con
l’Italia, e si trovano a Tbilisi e Kutaisi. La
prima è la capitale, che sta vivendo una
rivoluzione culturale a tutti i livelli: le stradine
sterrate piene solo di cani randagi hanno
lasciato il posto, da qualche anno, a piacevoli
salite dove si trovano gastronomie e locali con
i tavolini all’aperto. I palazzoni sovietici
senza anima e colore resistono, stanchi e
decadenti, ma in centro si può passeggiare su
un contemporaneo ponte di vetro e acciaio
disegnato da un italiano (Michele De Lucchi) e
dal nome impegnativo: «della Pace». Permette
di attraversare l’unico fiume cittadino, il
Mtkvari, e connette l’antico quartiere di
Bericoni con quello di Rikhe.
La vera bellezza si trova verso nord,
cominciando a percorrere la vecchia strada
militare georgiana che da Tbilisi porta a
Stepantsminda (ex Kazbegi) e che si
arrampica su per l’Alto Caucaso regalando
scorci spettacolari. Soprattutto dopo aver
superato il passo di Jvari a 2.379 metri che
permette di dominare tutta la remota valle
del Tergi. La tappa finale, a pochissimi
chilometri dalla Russia, è la chiesa
ortodossa della Trinità di Gergeti, subito
sotto il Monte Kazbek.
Sempre a nord, sopra la trascurabile Kutaisi,
c’è la regione dello Svaneti con le sue 175
torri (koshkebi) e i percorsi da trekking per
avventure davvero fuori dai sentieri battuti, fra
cime innevate, verdi prati e un pugno di case.
Focacce, zuppe e ravioli
Un viaggio in Georgia è anche una questione
gastronomica: seduti a tavola si scopre
molto della storia (travagliata) di questi
territori e s’incontrano sapori e profumi di
mezzo mondo, sapientemente mescolati nei
piatti locali. La oblunga focaccia
tradizionale - khachapuri - viene cotta in
forni di argilla simili ai tandoor indiani; i
khinkali - ravioli ripieni di brodo -
sembrano provenire dalle zone meridionali
della Cina; la zuppa kharcho profuma di
Vietnam (per via del coriandolo fresco e del
sentore piccante del brodo); i piatti di
verdure somigliano a quelli che si possono
ordinare nei ristoranti greci e turchi, ma con
una spolverata di crema di noci. Tutto è
abbondante, colorato, ricco e
accompagnato dal vino più antico, prodotto
ancora oggi con il metodo Qvevri inventato
ottomila anni fa.
Nessun tour gastronomico della Georgia
sarebbe completo senza una visita nella
fertile regione di Kakheti, al confine con
l’Azerbaijan: qui si trovano monasteri,
filari sempre più ordinati e storiche
cantine. Alcuni produttori da tempo
accolgono i turisti, altri si stanno
organizzando per far degustare sul posto il
vino robusto creato con il metodo
tradizionale: i georgiani non separano il
succo d’uva dalla buccia, ma li lasciano
fermentare insieme per mesi in anfore di
argilla sistemate sottoterra. Si brinda con
alte aspettative e non si rimane delusi. —
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POSIZIONE
AMBIENTE
SERVIZIO
VINI
C
upa, malinconica, quasi
luttuosa. Così appare Bruges
a fine Ottocento nel romanzo
di Georges Rodenbach
pubblicato a puntate su Le
Figaro. Oltre un secolo dopo
l’atmosfera che si respira è
tutt’altra. E lo sanno bene gli
otto milioni di turisti che
ogni anno affollano i suoi
scorci da cartolina: un borgo
delizioso, abitato da
nemmeno 20.000 persone. Magico d’inverno,
affascinante in primavera e in autunno,
godibile d’estate, quando piazzette come
Walplein si riempiono di tavolini. Non lontano
si trova i il Rozenhoedkaai (molo del Rosario),
il punto più fotografato e rilanciato sui social.
Un angolo di pace - perché è richiesto il
silenzio - si trova in uno dei luoghi più
affascinanti della città, l’antico beghinaggio,
un borgo nel borgo con case imbiancate.
Fondato nel 1245 per dare riparo alle beghine -
laiche che avevano fatto voto di castità - ancora
oggi ospita solo donne e sette suore dell’ordine
di San Benedetto. Ogni giorno apre le sue porte
alle 6.30 e le richiude alle 18.30: entro quell’ora
le abitanti devono rientrare e i turisti uscire.
Attraversando il ponte che collega questo
patrimonio Unesco (uno dei circa venti rimasti
nelle Fiandre tra cui quello di Lovanio, oggi uno
studentato) si sbuca sul Lago dell’amore
(Minnewaterpark), un tempo molo di approdo
dei battelli che collegavano Bruges e Gent.
L’elenco dei luoghi da non perdere è lungo,
dal Belfort (torre civica) alla piazza del
Mercato (Markt), dal quartiere anseatico con le
case dei mercanti a piazza Burg con il suo
caleidoscopio di stili: dal romanico della chiesa
di San Basilio al Municipio gotico, dal Registro
civile rinascimentale alla Prevostura barocca.
Chi volesse approfondire la storia della città
con un viaggio che coinvolga tutti i sensi può
fare tappa al museo Gruuthuse, appena
inaugurato dopo un maxi restauro: racconta
tramite oggetti, quadri e abiti cinque secoli di
vita di Bruges. L’antico palazzo dell’epoca
borgognona apparteneva alla famiglia
Gruuthuse, così passata alla storia non perché
fosse il suo cognome ma perché deteneva il
monopolio del gruut, una miscela di spezie
usata per insaporire la birra. Perché le Fiandre
sono anche birra, al punto che per 3 km, sotto il
pavimento di Bruges, scorre un «birradotto»
che collega il birrificio De Halve Maan con lo
stabilimento di imbottigliamento fuori città.
Le mostre
Alla cittadina medievale dai mille canali è
legato il nome di Jan van Eyck (Maaseik, 1390
circa - Bruges, 1441), maestro della pittura ad
olio, a cui la vicina Gent dedica il 2020 con mo-
stre in cui vedere, per la prima volta insieme, la
metà della sua produzione artistica (20 i dipinti
rimasti) e ammirare restaurata la sua opera più
famosa, il Polittico dell’Agnello Mistico. Al Mu-
seo di Belle arti si inaugura il primo febbraio
Van Eyck. An Optical Revolution, che fino al 30
aprile metterà a confronto i dipinti del maestro
fiammingo con opere di suoi contemporanei.
Protagonista sarà l’Agnello mistico, che a mag-
gio tornerà nella sua casa, la cattedrale di San
Bavone, e a fine ottobre sarà collocato nel Cen-
tro visitatori. Il restauro in corso della monumen-
tale opera sta rivelando la realtà di quanto dipin-
to da Van Eyck: gli occhi dell’agnello, che appari-
vano allungati, esprimono ora uno sguardo uma-
no, e le orecchie sono tornate due (nel tempo era-
no raddoppiate). Sempre al primitivo fiammin-
go sarà dedicata la mostra Van Eyck’s colours in
design al Design Museum (5 marzo - 6 settem-
bre). Antico e moderno insieme.
Come a Gent, che è riuscita a mescolare l’ani-
ma medievale di luoghi simbolo come Graslei
(la darsena delle erbe) e Korenlei (del grano) a
quella più contemporanea. Vale la pena fare un
giro nel quartiere di Patershol con le sue viuzze
antiche, percorrere i canali in barca fino al ca-
stello, davanti a cui si trova Sint-Veerleplein,
piazza in cui si accende un lampione ogni volta
che nasce un bambino, scegliere da Dreupelkot
il gin che si preferisce. E concedersi una o più
tappe culinarie nella città che rivendica di aver
inventato il giovedì vegetariano per gli universi-
tari e che non rinuncia - in un’offerta gastrono-
mica ampia - alle famose patatine, così croccan-
ti, raccontano, perché rigorosamente fritte due
volte e in grasso di animale.—
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C
he meraviglia il lago fuori
dall’altissima stagione! Che poesia il
lungolago, magari in una bella
giornata di sole, con la passeggiata
che si snoda guardando dall’altra
parte, sulla sponda varesina, la rocca
di Angera e le belle casette attorno a essa
(anche se la Guida dell’Espresso parla di «un
locale posto tra i vicoli che portano alle acque
del Verbano», sic !). E poi lo splendore di
sempre di questa antica casetta colorata di
giallo, con le persiane di una volta e i
balconcini con la ringhiera di ferro.
Ci torno dopo tanti anni e ci trovo, a dividersi
tra cucina e sala, la coppia che per qualche
tempo aveva mandato avanti le cucine
dell’Antico Verbano di Meina, un tempo
gioiellino alberghiero con ristorazione, oggi
solo residence accogliente.
Sono tornato alla Vecchia Arona incuriosito
dal piatto che la coppia aveva preparato per
Cookery, la manifestazione organizzata da
Marianna Morandi al fiabesco castello Dal
Pozzo d’Annone (ad Oleggio Castello, poco
prima di Arona). Mi aveva preso per la gola
quel «morbido di patate con toma d’alpeggio e
porro di Cervere»,piatto emblematico del
Piemonte intero, e ci sono ritornato.
Il locale di Sabrina e Gabriele Carbonati vi
offre per la stagione calda il piacere di qualche
tavolino fuori, sulla passeggiata (non è mai
troppo trafficata)e oggi salette intime, calde,
raccolte, dai tavoli a opportuna distanza gli
uni dagli altri. A mezzogiorno potrete avere
mini menu degustazione a 12-14-16 euro;
sempre quello a 40 e poi la carta (sui 60-70
euro a testa) con golosità ben assortite tra cui
pane e pasta fatti in casa.
E poi gustatevi il misto crudo di mare, il
baccalà a vapore con dolci peperoni arrostiti,
la punta di vitello, il flan di Bettelmatt (di
Massimo Bernardini di Viceno di Crodo) con
porcini croccanti, le linguine Senatore
Cappelli (dei Felicetti di Predazzo, Trento)con
crostacei, i ravioli di spezzatino, il coniglio in
tre modi, la torta di mele con gelato alla
vaniglia, il cremino al gianduia. La poesia è
completa quando, fuori, trovate un artista di
strada, Nik Grimaldi, a cantare Generale.—
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VOTO 14.5/20
HH HH H
H H HH H
H HHHH
HHHHH
Delizie in un incantevole angolo di lago
Vecchia Arona
Arona(Novara), lungolago Marconi 17
Tel.0322.242469
http://www.vecchiaarona.it
Chiuso mercoledì
Ultima prova:10-10-2019
Georgia —
ITINERARIO PER VIAGGIATORI CURIOSI
DOVE LA BIRRA È SOLO PER I NEMICI
Le strade sterrate piene di cani randagi di Tbilisi si sono trasformate in animate vie gastronomiche
Ma la vera bellezza del Paese del vino è a nord: tra monasteri che svettano sul panorama dell’Alto Caucaso
@LA STAMPA @BAS BOGAERTS
IL RISTORANTE
2
- L’ingresso del beghinaggio di Bruges, fondato nel 1245 da Margheri-
ta di Costantinopoli: fino al 1928 ha ospitato le beghine; 2. Rozenhoed-
kaai, il luogo più fotografato di Bruges; 3. Graslei, il pittoresco canale
del centro di Gent; 4. The Krook, il lato contemporaneo di Gent- Il monastero della Trinità di Gergeti a Stepan-
tsminda (ex Kazbegi); 2. Lobio, tradizionale
zuppa georgiana di fagioli; 3. Il Russian Geor-
gian Friendship Monument vicino al passo Jvari
- Il monastero della Trinità di Gergeti a Stepan-
@JAN D'HONDT
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© JAN D'HONDT
Pakhuis è un grande magazzino di Gent
trasformato dall’architetto Antoine Pinto in
un suggestivo ristorante/brasserie dal
sapore vintage e dall’atmosfera animata, con
soppalco in acciaio e tetto in vetro. La cucina è
gustosa e tra le proposte non mancano, ovviamente,
patatine fritte e ostriche (una volta all’anno il locale si
trasforma in mercato). Da provare. http://www.pakhuis.be
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GIOVEDÌ 14 NOVEMBRE 2019 LASTAMPA 39
tuttigusti