la Repubblica - 01.11.2019

(Michael S) #1
n principio c’era
soltanto una gi-
gantesca quercia
secolare e moren-
te, in una proprie-
tà terriera da
1400 ettari nel
Sussex, chiamata Knepp. I nobili
proprietari, Charlie Burrell e la mo-
glie Isabella Tree erano pronti, obbe-
dendo a tradizione e spirito di buon
vicinato, a sradicare i resti dell’albe-
ro per restituire decoro a quell’ango-
lo di parco. Decisero invece di farlo
invecchiare, lasciando che fossero
insetti, funghi e intemperie a finire
il lavoro, trasformando il tronco in
un rifugio per falchi e altri animali.
La scelta non consentì solo la rina-
scita della vita dalla morte: fu il pri-
mo atto di una rivoluzione venten-
nale che permise a un territorio, im-
poverito da secoli di allevamento e
agricoltura meccanizzata, di torna-
re alla natura selvaggia. Non quella
cara agli ambientalisti, interessati a
congelare l’ambiente allo stato at-
tuale, ma riportando l’orologio in-
dietro, anche di migliaia di anni, per-
ché fauna e flora a rischio e specie
fuggite potessero tornare; grandi
predatori inclusi.
L’inversione di pensiero che con-
siste nell’affidarsi al potere di auto-
guarigione degli ecosistemi si chia-
ma rewilding – rinaturalizzazione. È
sedersi dietro e lasciare che sia la na-
tura, con qualche controllo, a guida-
re l’auto. Ha un battistrada, l’attivi-
sta inglese George Monbiot, autore
di Selvaggi; il termine fu coniato ne-
gli anni Ottanta da Dave Foreman,
un fondatore del movimento ecolo-
gista radicale Earth First!. “Knepp
Wildland”, risultato di vent’anni di
battaglie con autorità e preconcetti,
è uno dei più imitati progetti com-
piuti di rewilding, l’avamposto di
una filosofia che affida alla natura le
redini della biodiversità.
Un suolo che vent’anni fa si pre-
sentava esaurito da secoli di aratu-
ra, erbicidi e macchinari e che non
dava più profitti ai proprietari, oggi
mostra una biodiversità tale da meri-
tare a Knepp l’appellativo di Oka-
vango o Serengeti d’Inghilterra. Gli
ecoturisti in visita a quest’area a sud

di Londra s’imbattono in pony di Ex-
moor, bufali e maiali allo stato bra-
do, cervi rossi e daini liberi di pasco-
lare. L’incredibile diffusione della
flora selvatica ha attratto gli insetti
e questi a loro volta uccelli quasi
estinti nelle isole britanniche.
La sfida che ha mutato il destino
di Knepp è rivisitata da Isabella
Tree (cioè Albero, nomen omen) in
un saggio autobiografico fondamen-
tale per conoscere una nuova solu-
zione per risanare l’ambiente: Wil-
ding (Picador). Il libro è uscito l’anno
scorso vendendo centomila copie;
da poco è stato pubblicato negli Sta-
ti Uniti. L’abbiamo intervistata.
Quali sono state le tappe
fondamentali di “Knepp
Wildland”?
«Ci sono state epifanie successive,
stimolate da pareri o esempi altrui.
Fu Ted Green (altro predestinato,
ndr), custode delle querce reali del
Parco di Windsor, a convincerci a
lasciar morire in pace la nostra
quercia. Con la straordinaria riserva
di Oostvaardersplassen, l’ecologista
olandese Frans Vera ha invece
dimostrato che liberare i grandi
erbivori avrebbe creato un habitat
naturale più ricco».

Com’è avvenuta la
reintroduzione della flora e della
fauna?
«Dopo aver interrotto lo
sfruttamento della terra, la prima
trasformazione l’hanno fatta gli
insetti che ritrovavano distese di
erbacce, anche se non ho più il
coraggio di chiamarle così. Non
ostacolando la diffusione degli
arbusti spinosi, sono tornati uccelli
quasi estinti come tortore e usignoli,
attratti dai semi ricchi di proteine.
Per noi bambini quello delle tortore
era il canto dell’estate; è l’uccello di
Shakespeare e di Chaucer. Abbiamo
introdotto cervi e daini, ma sembrava
ancora un parco convenzionale. Per
liberare altri erbivori dovevamo
recintare una zona grandissima,
mancavano i soldi. Ci sono voluti altri
dieci anni ma oggi la biomassa di
Knepp è incredibile».
La vostra decisione fu dettata
anche da ragioni economiche...
«Nel 1999 eravamo vicini al
fallimento. Non era più possibile
sostenere i costi dell’allevamento e
dell’agricoltura intensiva. Le quote
latte del 1984 avevano provocato un
forte aumento di costi. Smettere fu
una libertà, simile a quando hai la

sensazione di aver fatto la cosa
sbagliata per anni. La conservazione
autodeterminata fu la soluzione ai
nostri problemi e a quelli di una terra
distrutta».
Come si sostiene Knepp?
«Riceviamo un sussidio dall’Unione
Europea: speriamo che ci sia ancora
dopo la Brexit. I nostri introiti
derivano da tre fonti. La vendita di
carne organica di manzo Longhorn è
una. È in crescita l’ecoturismo: i
visitatori arrivano a migliaia per
osservare fauna e flora. Altri proventi
derivano dall’affitto di vecchie stalle
e fienili ristrutturati come uffici.
Quest’ultima attività dà lavoro a 250
persone».
Quali sono i benefici personali
del rewilding?
«È bastato svegliarsi tra suoni
d’insetti e uccelli, scoprire che ogni
settimana si aggiungeva una specie,
per avvertire una riparazione
interna, un restauro dell’essere. È la
biofilia di E.O. Wilson: essere collegati
alla vita, sentire che cielo e terra sono
connessi con l’umano. Nel resto
dell’Inghilterra, ci sentiamo in un
deserto».
Descrive il suo Paese come il
meno selvaggio d’Europa. Perché?
«Abbiamo perduto i predatori secoli
fa per diventare una nazione di
giardinieri. A Knepp ci siamo
scontrati con la nozione, tipica di un
Paese che ha sofferto l’isolamento in
guerra, che ogni centimetro debba
essere sfruttato per la sussistenza. È
una memoria radicata. L’opinione
pubblica però è con noi: nel 2015
mio marito ha creato “Rewilding
Britain” con l’intento di ripristinare
processi ecologici naturali in 300
mila ettari entro il 2030. A Knepp
siamo pronti a estenderci: i vicini ci
hanno affidato la loro terra per il
rewilding. Vogliamo seguire il fiume
Adur fino al mare».
C’è un legame tra Rewilding e
soggetti come Extinction
Rebellion?
«Sì, perché noi mostriamo un modo
concreto per attuare quel tipo di
cambiamento».
Si definirebbe un’attivista?
«Sì, nel senso pratico del termine».

Verdedì


FRANCESCO GUIDCINI/IPA/FOTOGRAMMA

Verdedì, il nuovo
appuntamento
del venerdì
si ispira ai Fridays
for Future,
(i venerdì
per il futuro),
le manifestazioni
per il clima
di milioni
di giovani

il pianeta da salvare

Istruzioni


per tornare


selvaggi


In un saggio autobiografico Isabella Tree


racconta la storia di Knepp, tenuta inglese


avamposto di una nuova filosofia, il rewilding


di Michele Neri


I


La proprietà che vent’anni
fa sembrava esaurita
da secoli di aratura ed
erbicidi oggi è chiamata
la Serengeti del nord

La saggista inglese Isabella Tree

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Cultura

La proprietà che


vent’anni fa


sembrava esaurita


da secoli di aratura


ed erbicidi oggi viene


chiamata


la Serengeti del nord


. Venerdì,1 novembre^2019 pagina^37

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