la Repubblica - 01.11.2019

(Michael S) #1
to in Cecoslovacchia, Caputová ave-
va solo sedici anni e rappresenta ap-
pieno la nuova generazione formata
dall’esperienza della cosiddetta Eu-
ropa post Muro. Il mese prossimo a
Bratislava ci sarà molto da festeggia-

re. Dopo Bratislava andrò in treno a
Praga attraversando il confine ora
internazionale tra Slovacchia e Re-
pubblica Ceca, in tempo per assiste-
re a una manifestazione che si pre-
annuncia imponente contro il terri-

bile duo Babiš e Zeman. A organiz-
zarla sarà il movimento a guida stu-
dentesca “Un milione di momenti
per la democrazia”, nel trentesimo
anniversario dell’avvio della Rivolu-
zione di velluto del 1989. Hanno già
tenuto un grande raduno quest’esta-
te al parco Letná, sede della mag-
gior manifestazione pacifica di pro-
testa del 1989. Benjamin Roll, uno
degli organizzatori, un gioviale, bar-
buto studente di teologia, mi ha rac-
contato che suo padre all’epoca era
tecnico del suono e ha, letteralmen-
te, amplificato la voce di Václav Ha-
vel. Quindi anche in Repubblica Ce-
ca c’è motivo di sperare.
Sarò presente a Berlino per il tren-
tesimo anniversario della caduta
del muro, e soggiornerò nell’alber-
go che fu il Grand Hotel vetrina del
regime comunista, e oggi fa parte
della catena Westin. Per quanto
sconvolgenti, gli esiti elettorali di
AfD non costituiscono una minaccia
alla democrazia tedesca. Non si può
dire lo stesso del regime di Legge e
Giutizia in Polonia, perché il partito
di Jarosław Kaczyński intende segui-
re l’esempio ungherese. Porta avan-
ti un’orbánizzazione à la polonaise,
ma si trova a fronteggiare il potere
dei media indipendenti, forti partiti
di opposizione, grandi città governa-
te dall’opposizione e la forte mobili-
tazione della società civile. L’Unghe-

ria è di gran lunga la realtà peggiore.
Lo scorso anno Freedom House l’ha
declassata, unico tra gli stati mem-
bri dell’Ue, a paese “parzialmente li-
bero”. Dopo un’attenta analisi ho so-
stenuto che l’Ungheria non è più
una democrazia, neppure illiberale,
ma piuttosto un regime definito dai
politologi “autoritarismo competiti-
vo”. Eppure persino in questo caso
l’opposizione è riuscita a conquista-
re la carica di sindaco di Budapest. Il
risultato è frutto dell’efficace unio-
ne dei partiti dell’opposizione — fino-
ra non realizzata in Polonia né, ahi-
mè, in Gran Bretagna contro la Bre-
xit. La conquista di Budapest non re-
stituisce all’Ungheria un’identità de-
mocratica. Dopo tutto in Turchia
l’opposizione, unita, ha conquistato
la municipalità di Istanbul, ma nes-
suno sano di mente farebbe mai pas-
sare la Turchia di Recep Tayyip Erdo-
gan per una democrazia. Però un po’
di luce si intravede. Inevitabilmente
la maggior parte dei commentatori,
me incluso, si domanda “cosa è anda-
to storto?”. Ma se la generazione po-
st Muro in Europa centrale lotta in di-
fesa delle libertà con cui è cresciuta
e l’Ue si schiera a sostegno della de-
mocrazia nei suoi stati membri c’è ra-
gione di credere che il quarantesimo
anniversario, nel 2029, ci offrirà an-
cora occasione di festeggiare.
(Traduzione di Emilia Benghi)

Il libro


L’Ungheria è ormai


un regime


di autoritarismo


competitivo


jOggi e ieri Sopra: lungo la East
Side Gallery, il chilometro di Muro
rimasto in piedi, agosto 2019;
A sinistra: una Trabant attraversa il
confine il 9 novembre 1989; la porta
di Brandeburgo l’11 novembre 1989


  1. Storia
    della primavera
    europea d i
    Timothy Garton
    Ash torna in
    libreria per
    Garzanti, con un
    nuovo capitolo


Robinson in edicola sabato 2
novembre con Repubblica (e il
resto della settimana a 0,50
centesimi) è un numero speciale
dedicato al trentesimo
all’anniversario della caduta del
Muro di Berlino. Fin dal titolo
guarderemo Al di là del Muro: a
come si viveva, a cosa si
sognava, si sperava, si credeva
nell’altra Europa; ai suoi
protagonisti; alla cultura, alla
musica, ai ricordi dell’Est che
oggi fanno parte dell’ identità
europea. Andremo alla scoperta
della vita oltre Cortina con le
fotografie di Mauro Galligani,
tra i grandi inviati in quella parte
del mondo tra gli anni Settanta
e gli anni Novanta. E con le
nostre firme. Tra gli altri, Ezio
Mauro, che ha intervistato Lech
Walesa, protagonista della lotta
anti comunista polacca;
Bernardo Valli, che ha ripercorso
per noi i suoi ricordi di quella
notte del 9 novembre 1989;
Silvia Ronchey che analizza la
continuità tra Impero romano e
Impero zaristai; Simonetta Fiori
ha intervistato lo storico Charles
S. Maier e Enrico Franceschini il
politologo Garton Ash. Senza
trascurare i film, la musica e libri
che ci hanno fatto scoprire l’Est.

Da domani in edicola
Robinson vi porta
oltre “der Mauer”

di Cristina Nadotti

GETTY IMAGES

Rapporto Federculture


Libri, le famiglie


spendono di più


Ma gli italiani


leggono poco


Nel 2018 le famiglie italiane han-
no speso di più per comprare libri.
Tra le voci che risaltano nel 15° rap-
porto annuale Federculture, pre-
sentato ieri a Roma, c’è l’aumento
del 5 per cento della spesa per i li-
bri. Si tratta di uno dei dati che fan-
no ben sperare per la ripresa di tut-
to il settore culturale e ricreativo
dopo un decennio di difficoltà,
pur se a comprare volumi, più che
nuovi lettori, sono gli appassiona-
ti di sempre, visto che i cosiddetti
lettori molto forti (che affermano
di aver letto oltre dodici libri
nell’ultimo anno) sono cresciuti
del 2,8 per cento nel decennio.
Diminuiscono però gli italiani
che hanno letto almeno un libro
l’anno: 23 milioni nel 2018, cioè l’1
per cento in meno rispetto al 2017.
Nell’arco di 10 anni il decremento
è impressionante, meno 5,5 per
cento, che porta al 40 per cento i
lettori sulla popolazione totale.
Il rapporto, che quest’anno fa
proprio un approfondimento sul
decennio dal 2008, anno di inizio
della grande crisi economica, al
2018, rileva una ripresa significati-
va del consumo di cultura a parti-
re dal 2013. L’anno scorso la spesa
per ricreazione e cultura in Italia è
stata di 72,5 miliardi di euro, cioè
il 6,7 per cento delle spese com-
plessive delle famiglie. Rispetto al
2017 l’aumento è stato del 2,4 per
cento e anche questo dato è inco-
raggiante, perché si è speso in cul-
tura e attività ricreative più di
quello che si è speso per i consumi
generali, che sono cresciuti soltan-
to dell’1,9 per cento. A fronte dei
dati positivi sull’acquisto dei libri
e della spesa complessiva, il rap-
porto Federculture rileva una di-
minuzione costante, nell’ultimo
decennio, delle risorse pubbliche.
In 10 anni, sono stati persi infatti
circa 700 milioni di contributi da
parte di Regioni, Comuni, Provin-
ce. Nel 2008, la spesa pubblica per
il settore era di circa 6 miliardi e
550 milioni di euro, diventati 5 mi-
liardi e 849 milioni nel 2017. In rap-
porto alla spesa pubblica totale lo
Stato italiano spende perciò sol-
tanto l’1,7 per cento, una cifra dav-
vero esigua, che ci vale il terzulti-
mo posto in Europa. Riguardo al
Pil va appena meglio, se è lecito
usare un avverbio positivo, visto
che si parla dello 0,8 per cento; sia-
mo così quartultimi in Europa.

. Venerdì,1 novembre^2019 Cultura pagina^39

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