La Stampa - 01.11.2019

(Barry) #1

PAOLO COLONNELLO


MILANO


C


on una sentenza di
secondo grado che
conferma una deci-
sione già espressa
dal tribunale e ribalta un
orientamento sin qui seguito
dalla giurisprudenza nazio-
nale, la sezione famiglia del-
la Corte d’Appello di Milano
ieri ha confermato una deli-
bera della giunta regionale
lombarda del 2015 (giunta
Maroni) che vietava alle don-

ne di religione musulmana
di indossare il burqua e il ni-
qab (i veli che coprono intera-
mente il viso) nei luoghi pub-
blici della Lombardia, ovve-
ro uffici amministrativi, ospe-
dali e Asl. Ufficialmente per
questioni di sicurezza, ovvia-
mente, non certo religiose.
Canta vittoria il centrodestra
che si vede riconosciuta quel-
la che in realtà fin dall’inizio
era da considerarsi una batta-
glia di principio; affilano le
armi per l’ultima battaglia in
Cassazione le associazioni
umanitarie che si erano costi-
tuite contro la decisione del

Pirellone ritenendola discri-
minatoria.
In attesa che la Suprema
Corte decida cosa fare, è chia-
ro che la sentenza di ieri fissa
un precedente importante e
soprattutto ribalta l’orienta-
mento fin qui seguito ed
espresso da una decisione
del Consiglio di Stato che nel
2008, avverso un’ordinanza
simile a quella della Lombar-
dia del sindaco di un paesi-
no, Azzano Decimo, aveva
decretato come l’uso del ve-
lo, anche integrale, per moti-
vi religiosi non fosse da ricon-
siderare tra i divieti previsti

dall’articolo 5 di una legge
“emergenziale” del 1975
(terrorismo/anni di piom-
bo) meglio nota come “legge
Reale”, per i travisamenti in
pubblico.
Nella sentenza milanese in-
vece, il principio sembra esse-
re stato invertito. Tutto na-
sce dalla decisione della
Giunta regionale di votare
una delibera con la quale, in
tutti i luoghi della regione e
negli enti pubblici controllati
dal Pirellone, venivano espo-
sti cartelli che riportavano
“per ragioni di sicurezza” il
divieto d’ingresso “con il vol-
to coperto”, seguiti da tre im-
magini di teste con casco, pas-
samontagna e burqa. Decisio-
ne presa all’indomani dei gra-
vi attentati in varie parti d’Eu-
ropa. Ebbene, secondo i giu-
dici milanesi di primo e se-
condo grado, in questa deli-
bera non c’è nulla di discrimi-
natorio «anzitutto per la sua
genericità e per avere corret-
tamente messo in relazione
la impossibilità di identifica-
re una persona, in quanto
con il volto coperto, in deter-
minati luoghi pubblici con
problemi di ordine pubblico
e sicurezza (che i gravissimi

attentati avevano reso ancor
più evidenti...) senza che vi
sia stata violazione di riserva
di legge, avendo richiamato
la delibera espressamente la
legge 152/1975 (c. d. legge
Reale, dal nome del suo auto-
re)». Unica concessione ai ri-
correnti delle varie associa-
zioni è sulla grafica dei cartel-
li definita dai giudici «una
modalità comunicativa piut-
tosto grezza» e soprattutto
dalle incerte conseguenze
dal momento che, a differen-
za degli uffici regionali, «ne-
gli ospedali non vi sono tor-
nelli né personale addetto
all’identificazione e non è no-
to se vi siano o meno provve-
dimenti amministrativi che
disciplinano l’ingresso nelle
strutture sanitarie». Così l’i-
dentificazione, che dovreb-
be essere istantanea per con-
sentire alle donne musulma-
ne di mostrare il volto e poi
coprirlo, non potrà essere
completa. In questa incertez-
za, la Corte d’Appello ha così
preferito liquidare le spese di
causa compensandole tra le
parti, senza cioè condannare
le associazioni umanitarie
per il ricorso. –
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

La Corte d’Appello dà ragione alla legge della giunta regionale del 2015


Nei luoghi pubblici


della Lombardia


il burqa resta vietato


Le voci della comunità musulmana: “Non fa parte dell’islam. E sono poche le donne che scelgono di coprirsi il volto”

“Sul velo integrale una sentenza giusta


È un compromesso tra fede e sicurezza”


KARIMA MOUAL


ROMA


«V


ietare il bur-
qa nei luoghi
pubblici? In-
tanto chia-
miamolo con il suo vero no-
me, il niqab» precisano i rap-
presentanti della comunità
musulmana in Italia, osser-
vanti o meno, nel commenta-
re la notizia arrivata da Mila-
no, dove la Corte d’Appello
ha ritenuto corretta la delibe-
ra della regione Lombardia
che vieta l’ingresso nei luo-
ghi pubblici alle donne con il
volto coperto dal velo. Un di-
vieto che per una volta mette
d’accordo non pochi musul-
mani, di diverse età e paesi di
origine.
«Il velo integrale per le don-
ne, detto impropriamente
burqa, non ha nulla a che fa-
re con l'islam - spiega Tahar
Lamri, scrittore algerino in
Italia da trent'anni -. Anzi è
vietato durante la preghiera
e durante il pellegrinaggio al-
la Mecca. Allah vuole vedere
in faccia i fedeli».
Le donne che in Italia por-
tano il niqab, velo integrale
che lascia scoperti solo gli oc-
chi, sono ancora poche, an-
che se non ci sono dati preci-
si. Sono donne musulmane
provenienti da paesi arabi,
ma anche italiane convertite
all’islam. Soprattutto negli
ultimi anni, con la crescita
delle comunità musulmane
provenienti dall’Asia, si ag-
giunge un nuovo islam. Sem-
pre più spesso capita di im-
battersi, per esempio nella

nostra capitale, in donne co-
perte di veli colorati, ma pur
sempre coprenti. Il corpo, e
pure il volto.
Come affrontare questa di-
versità? Kyare Khaled, 28 an-
ni, di origine egiziana, ha vis-
suto tra Egitto e Italia. Fino a

pochi anni fa portava il velo.
Kyare conosce molto bene an-
che quello integrale, dato
che in Egitto molte donne lo
portano. «Rispetto alla narra-
tiva che c’è in Occidente sulle
donne che indossano i diver-
si veli perché obbligate da al-

tri, io ho vissuto una realtà di-
versa. Lo portavo perché ci
credevo. Le donne che cono-
scevo in Egitto con velo inte-
grale, lo portavano perché
convinte e devote musulma-
ne. La libertà che esiste su
questa scelta, qui non viene

accettata e raccontata. Ma
sulla sentenza non posso che
essere d’accordo. Siamo in
un paese non musulmano,
dove vigono altre leggi e biso-
gna rispettarle, provando a
trovare il compromesso più
adeguato».

Rosanna Sirignano, 31
anni, vive ad Avellino, è dot-
toranda in studi islamici e
mediatrice culturale, mu-
sulmana da 9 anni. Porta il
velo. «Le donne che in Italia
scelgono di coprirsi anche il
volto sono poche - spiega -.
Come chi porta solo il velo,
si trovano a vivere in un con-
testo dove è molto difficile
far comprendere l'impor-
tanza e il legame con que-
sto capo di abbigliamento.
L’unica alternativa è sfor-
zarsi per trovare un compro-
messo tra la libertà di co-
scienza e le esigenze dell'i-
stituzione statale».
Meno sicura della senten-
za è Noura Amzil, 43 anni,
mediatrice culturale, in Ita-
lia da più di vent’anni e
membro della federazione
islamica Regione Lombar-
dia. «Qui a Como ci sono al-
meno tre donne che porta-
no il niqab - racconta Noura
Amzil -. Una è italiana, la se-
conda egiziana e la terza

marocchina. Lo fanno per-
ché ci credono, e non mi sen-
tirei di vietarglielo. Perché
un conto è rendersi identifi-
cabile alla richiesta di un
agente, per questioni di si-
curezza. Altro è obbligare
la persona a toglierselo in
un luogo pubblico, nono-
stante resti comunque iden-
tificabile. Insomma si tocca
la libertà di scelta e di
espressione. Bisogna trova-
re un compromesso senza
estremismi».
«Compromesso» è la paro-
la che molti pronunciano,
forse anche grazie a iniziati-
ve dello stesso tenore pro-
mosse in vari paesi musul-
mani, dove il niqab era di-
ventato un problema diffici-
le da gestire. —
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FOTOGRAMMA


Il burqa fu introdotto in Afghanistan nel 1890 durante il regno di Habibullah Kalakānī, che lo impose alle donne del suo harem

IL CASO


Nel 2017 in Germania è sta-
ta approvata una legge che
vieta il velo per le dipenden-
ti pubbliche. In otto dei sedi-
ci Stati federali è vietato
anche per le insegnanti.

L’ITALIA CHE CAMBIA


REPORTAGE


Noura Amzil: “Attenti

agli estremismi,
il niqab non esclude

l’identificazione”

Dopo la Francia, il secondo
paese europeo che proibi-
sce l’uso in pubblico del ve-
lo integrale - burqa e ni-
quab - è il Belgio, con una
legge del luglio 2011.

Così in Europa

Dal 2017 nelle scuole della
Norvegia, comprese le
strutture educative dedica-
te agli immigrati, è vietato
ogni abbigliamento che co-
pre, anche in parte, il volto.

VENERDÌ 1 NOVEMBRE 2019LASTAMPA 17


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