Il Sole 24 Ore - 05.11.2019

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30 Martedì 5 Novembre 2019 Il Sole 24 Ore


Norme & Tributi


Il certificato del produttore non salva l’installatore


La cabina di un autoarticolato precipi-


tata in settembre da un viadotto dell’A


Torino-Savona dopo che il new jersey


contro cui aveva sbattuto si era rotto in


modo poco comune (gli ancoraggi sono


rimasti intatti). E il bus con i turisti russi


ribaltatosi a maggio sulla superstrada


Firenze-Siena dopo aver colpito un


guard-rail metallico non vecchio; nel-


l’incidente è morta una donna. Sono gli


episodi più recenti che rilanciano i dub-


bi sulla sicurezza delle barriere in Italia.


Pare c’entri poco la scarsa manu-
tenzione: i due incidenti hanno coin-

volto barriere non vecchie. Andrà veri-
ficato se erano state montate dopo

l’entrata in vigore dell’articolo , com-


ma  del Dpr /, che ha sop-
presso l’obbligo (previsto dall’articolo

 del Dm Infrastrutture /) di


certificare la conformità dei dispositivi
di ritenuta, anche in riferimento ai ma-

teriali utilizzati, e la loro installazione,


dopo una verifica in contraddittorio,
effettuata alla fine della posa in opera,

dalla ditta installatrice.


Il Dpr ha sostituito l’obbligo del con-
traddittorio con una «certificazione del

produttore dei beni oggetto della cate-


goria attestante il corretto montaggio


e la corretta installazione degli stessi»:
un atto unilaterale, la cui responsabilità

è solo del produttore. Una scelta del le-


gislatore che desta perplessità e che in
ogni caso non è idonea a escludere

aprioristicamente la responsabilità an-


che del committente e dell’installatore,
in caso di incidente determinato dalla

ceduta di una barriera di sicurezza stra-


dale non adeguatamente montata o co-
stituita da materiali non conformi.

Il contraddittorio previsto dal decre-


to , infatti, aveva l’obiettivo di ga-
rantire un sistema di pesi e contrappesi

in un settore cruciale per la sicurezza


stradale, fondato sulla diretta respon-
sabilizzazione anche del committente,

che era onerato dalla legge di una espli-


cita funzione di controllo sull’operato


del produttore e dell’installatore: ne ap-
pare evidente la maggiore efficacia pre-

ventiva, rispetto alla mera certificazio-


ne ex post del produttore, oggi suffi-
ciente per il collaudo. L’articolo  au-

menta le possibilità che il produttore


del dispositivo di sicurezza rilasci una
certificazione non preceduta da con-

crete e adeguate verifiche tecniche, in-


vece altamente opportune anche in
corso d’opera. Una cosa, infatti, è effet-

tuare un incisivo contraddittorio tecni-


co tra committente e installatore: un’al-
tra svolgere un’ispezione visiva, da par-

te del produttore che non ha proceduto


alla posa del dispositivo, a opera finita.
Il mancato obbligo formale di con-

traddittorio non deve però trasformar-


si in un alibi per committenti e installa-


tori spregiudicati, nei cui confronti può
comunque scattare la responsabilità

penale. La prova della loro consapevo-


lezza in ordine all’inadeguatezza delle
verifiche svolte dal produttore prima

del rilascio del certificato previsto dal-


l’articolo  – dimostrabile, attraverso
perizie e testimonianze, anche in via lo-

gico induttiva ai sensi dell’articolo 


del Codice di procedura penale - può
tradursi, in caso di danno alle persone

o alle cose derivato da un problema del-


la barriera stradale, in una negligenza,
la cui conseguenza lesiva può essere

prevedibile ed evitabile: ne consegue
che la sua incidenza causale sull’evento

concorre con la colpa del produttore.


—Gu.Cam.


© RIPRODUZIONE RISERVATA

BARRIERE DI SICUREZZA


Il documento introdotto


nel  non garantisce


adeguate verifiche tecniche


Stretta sugli ammortamenti


delle concessionarie autostradali


Maurizio Leo


Tra le disposizioni contenute nella leg-


ge di Bilancio  ne è spuntata una


relativa alle modalità di “recupero fi-


scale” degli ammortamenti sui beni


gratuitamente devolvibili dei conces-


sionari autostradali che desta non po-


che perplessità. Le nuove norme preve-


dono che le quote deducibili di ammor-


tamento non possano eccedere l’% del


costo dei beni destinati a devoluzione


gratuita. A prescindere da tutto e a de-


correre dal periodo d’imposta .


È una disposizione asistematica e
probabilmente incostituzionale. Con

una norma unica nel panorama fiscale


mondiale (sarà un caso?), si individua un
limite forfettario alla deduzione dei

componenti negativi senza considerare


i tipici elementi di determinazione delle
quote di ammortamento deducibili,

quali le caratteristiche dei beni e la loro


deperibilità economico-tecnica. Per di
più la percentuale individuata, oltre che

ridotta, è irrazionale (articolo  della Co-


stituzione). Non appare individuabile
alcun collegamento con i limiti di dedu-

cibilità fissati in tema di altri accantona-


menti (articolo  Tuir), posta la diffe-
rente finalità delle disposizioni. Sembra

che l’unico razionale vada ricercato nella


volontà di fare gettito: recuperare risorse
anche a costo di disarticolare le regole

sulla determinazione del reddito d’im-


presa, che è un reddito complessivo net-
to (articoli  e  Tuir).

Si tasserà, invece, un reddito non ef-
fettivo: tutti gli oneri che eccedono la

quota dell’% diventano non più recu-


perabili e, quindi, concorrono a formare
un reddito a cui non corrisponde una

reale maggiore ricchezza prodotta (ar-


ticolo  Costituzione). In effetti, l’onere
deducibile per definizione, l’ammorta-

mento sui beni strumentali, diventa un


ricavo tassabile. Ciò in spregio alla logi-
ca che aveva condotto all’introduzione

dell’ammortamento finanziario, fina-


lizzato a realizzare
un allineamento

tra risultanze di bi-
lancio e fiscali.

Inoltre, le quote di


ammortamento
non dedotte an-

nualmente non dovrebbero essere più


recuperabili, neppure in futuro: le con-
cessionarie sono normalmente società

di scopo che esauriscono, proprio con la


concessione, la capacità di produrre ric-
chezza e redditi imponibili potenzial-

mente abbattibili.


Tutto ciò a voler tacere della palese
discriminatorietà della disposizione,

che si rivolge ad un unico settore, di-


sincentivandone fortemente anche la
libertà di iniziativa economica (artico-

lo  Costituzione).
Le nuove disposizioni, oltre che asi-

stematiche e forse incostituzionali, non


mancheranno di avere pesanti ricadute
extra-tributarie. Si stravolge completa-

mente la logica alla base della pro-


grammazione degli investimenti (an-
che per la sicurezza). Peraltro, tratto co-

mune della quasi totalità dei rapporti


concessori autostradali in essere è la
sussistenza di un obbligo di riequilibrio

a carico dello Stato. Qui sembra confi-


gurarsi una modifica delle disposizioni
fiscali “selettiva” e quindi, in definitiva,

delle condizioni contrattuali, che do-


vrebbe determinare la rivisitazione dei
corrispettivi dovuti, quantomeno a ti-

tolo di valori di subentro. Quello che è


certo è che il profilo di convenienza del-
le nuove gare si modificherà sensibil-

mente e che, per effetto di questa di-


sposizione, potrebbero programmarsi,
per il futuro, molti meno investimenti

per lo sviluppo infrastrutturale.
Il legislatore è chiamato spesso a

scelte difficili. Si sa. È per questo che gli


è concesso molto in termini di discre-
zionalità tecnica. Il legislatore, però,

non può fare tutto ciò che gli pare,


cambiando le regole in corsa, per un
unico settore e, soprattutto, dimenti-

candosi completamente delle ordina-


rie procedure di determinazione del
reddito e della stessa Costituzione. Ciò

detto, bisogna uscire dalla logica della


penalizzazione e passare a quella del-
l’incentivo, un incentivo collegato a

obiettivi politici chiari. Ad esempio,


non sarebbe più logico sostituire una
norma irrazionale e forse incostituzio-

nale con una disposizione più intelli-


gente, che utilizzi la leva fiscale per in-
centivare comportamenti virtuosi (ad

esempio, gli investimenti in sicurezza)


e disincentivare comportamenti giu-
dicati negativi? Un legislatore attento

e autenticamente lungimirante pro-


babilmente farebbe così.


© RIPRODUZIONE RISERVATA

MANOVRA 2020/1


Il limite di deducibilità all’%


oltre a essere ridotto


è a rischio incostituzionalità


Verrà tassato un reddito a cui


non corrisponde una reale


maggiore ricchezza prodotta


Procedibilità


d’ufficio confermata


dalla Consulta


Guido Camera


Il reato di lesioni stradali colpose
gravi e gravissime, nell’ipotesi “ba-

se” dell’articolo -bis, comma 


del Codice penale, rimane procedi-
bile d’ufficio. Lo ha stabilito la Con-

sulta, con la sentenza  del  ot-


tobre, respingendo la questione
sollevata dal Tribunale di La Spezia.

Ma non finisce qui: analoga que-


stione è stata sollevata dal Tribuna-
le di Milano, su ulteriori elementi di

potenziale irragionevolezza che de-


rivano dalla mancata previsione
della procedibilità a querela per i ca-

si in cui l’incidente derivi da una


violazione del Codice della strada
“semplice”, e non da una di quelle

più gravi previste dai commi , , 


e  dell’articolo  bis (abuso di al-
col o droghe, velocità eccessiva, in-

versione di marcia e sorpassi azzar-
dati, attraversamento di intersezio-

ni stradali con semaforo rosso).


La Consulta ha deciso sul caso di
un automobilista accusato di lesioni

stradali colpose gravi per mancata


precedenza a un motociclista, che
non aveva sporto querela. La proce-

dibilità di ufficio aveva tuttavia reso


inevitabile il processo: il giudice
aveva allora sollevato l’incostituzio-

nalità del Dlgs /, sostenendo


che il Governo avesse violato la dele-
ga dell’articolo , comma , lettera

a) della legge /, che aveva


previsto la procedibilità a querela
per i reati contro la persona puniti

con pena inferiore a quattro anni,


esclusi i casi in cui la persona offesa
sia incapace per età o infermità. Il

Tribunale aveva richiamato il parere


della commissione Giustizia della


Camera sul primo schema del Dlgs,


che sollecitava il Governo ad adotta-
re la procedibilità a querela, perché

la condizione di incapacità della vit-


tima, in cui conservare la procedibi-
lità d’ufficio, era riferita solo ai casi

di vulnerabilità antecedente al com-


portamento dell’imputato, da questi
sfruttata per commettere il reato.

Per la Consulta, il Governo ha


adottato «una interpretazione non
implausibile»: il ritorno alla procedi-

bilità a querela si sarebbe posto «in
aperta contraddizione con la scelta,

compiuta appena due anni prima, dal


Parlamento (...) di prevedere la proce-
dibilità di ufficio di tutte le fattispecie

di lesioni stradali».Ma i giudici delle


leggi riconoscono come «la formula
normativa utilizzata dal legislatore

delegante sia in radice ambigua»:


non è chiaro se l’incapacità debba es-
sere antecedenti al delitto o possa an-

che esserne conseguenza.


Si attende ora la decisione sulla
questione milanese, che evidenzia

altri profili: ipotesi di colpa lieve


(una banale distrazione) e danno
non grave (una lesione guaribile in

meno di due mesi) sono trattate co-


me una lesione gravissima (la per-
dita di un arto) causata da chi guida

sotto l’effetto di droghe. A ciò si ag-


giunga che «nella normalità le le-
sioni riportate a seguito di un im-

patto tra (o con) veicoli in nulla


compromettono la capacità di auto-
determinazione della vittima».

Quindi, se c’è colpa generica,


«subordinare le esigenze risarcito-
rie della vittima alla celebrazione

del procedimento penale non fru-


stra solo» i suoi interessi, «ma si ri-
solve altresì in un irragionevole di-

spendio di risorse processuali». E
sono stati depositati, a Camera e Se-

nato, disegni di legge per ripristina-


re la procedibilità a querela per
l’ipotesi “base”: anche ciò pare un

segnale di volontà del legislatore da


non sottovalutare.


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LESIONI STRADALI


Respinta la questione


sollevata a La Spezia


ma ne arriva una da Milano

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