di Marco Patucchi
roma — La drammatica serata di
Giuseppe Conte a Taranto, vener-
dì, assediato dai cittadini avvelena-
ti dall’Ilva e dagli operai a rischio di-
soccupazione, ha lasciato il segno.
Nel governo, certo, ma anche a Lon-
dra dove sono i Mittal, padre e fi-
glio, i patron di ArcelorMittal. Or-
mai tutti hanno capito che non esi-
stono scorciatoie. Non si tratta so-
lo, per la politica, di arrivare alle
prossime elezioni o, per l’azienda,
di ricalibrare un piano industriale.
Così nelle ultime ore e in attesa di
un secondo incontro evocato ma
mai confermato, si è andato deli-
neando un bivio netto: da un lato
l’addio definitivo di ArcelorMittal,
con relativa battaglia giudiziaria (la
«causa del secolo» evocata dal pre-
mier) e ricerca di un nuovo partner
industriale che guidi l’acciaieria do-
po la nuova parentesi della gestio-
ne commissariale; in alternativa,
una permanenza della multinazio-
nale ma in una forma completa-
mente ripensata (oltre che con la
garanzia, politicamente molto com-
plessa, dello scudo penale). Una sor-
ta di “mini-Ilva” che, proprio per
guadagnare il consenso sociale, po-
trebbe ridimensionare la produzio-
ne da ciclo integrale (gli altiforni)
se non addirittura rinunciarvi con-
centrandosi solo sulla laminazione
e la gestione del porto. Una soluzio-
ne, quella del completo spegnimen-
to dell’area a caldo, che “costereb-
be” esattamente i 5000 esuberi (sul
totale dei 10.700 addetti attuali)
messi sul tavolo della trattativa da
ArcelorMittal, mentre in caso di
parziale riduzione si ragionerebbe
su circa 2500. Numeri ai quali, è be-
ne ricordarlo, andrebbero comun-
que aggiunti circa 1800 operai rima-
sti nell’amministrazione straordi-
naria in attesa di essere riassorbiti,
sulla base degli accordi, in Ilva nel
di Giuliano Foschini
bari — Nella guerra governo-Arcelor
Mittal potrebbe aprirsi una seconda
partita giudiziaria. Non civile. Ma pe-
nale. «Ci sono questioni giudiziarie
che vanno chiarite, qualcuno dovrà
verificarle» ha detto infatti ieri il pre-
sidente della regione Puglia, Miche-
le Emiliano. Il riferimento era all’in-
tervista a Repubblica del ministro
delle Autonomie, Francesco Boccia,
nella quale parlando delle perdite
di Mittal, aveva detto: «È possibile
che il più grande gruppo mondiale
dell’acciaio faccia peggio delle strut-
ture commissariale italiane? È stra-
no. Ecco perché bisogna capire se so-
no vere quelle perdite. Capire da chi
sono state comprate materie prime
con prezzi fuori da mercato. Se per
esempio fossero state comprate da
altre aziende della galassia Arce-
lor...».
Un sospetto che è stato rafforzato
anche dalle parole di altri e alti espo-
nenti del Movimento 5 Stelle. Come
il deputato pugliese Nunzio Angio-
la, ordinario di economia aziendale.
e vicino al presidente Conte. che a
proposito del disimpegno di Mittal
dice: «La società ci deve spiegare
con precisione quali sono le variabi-
li che hanno determinato il rilevan-
tissimo scostamento tra i volumi
previsti e realizzati (praticamente il
50% in meno). Vogliamo le stime
analitiche degli impatti delle varia-
bili macroeconomiche e aziendali
(Brexit, dazi eccetera). Vogliamo in-
formazioni sulla politica dei prezzi
e sulla scontistica. È necessario sape-
re - continua - se e in che misura il
portafoglio clienti delle società del
gruppo è cambiato e se i clienti de-
gli stabilimenti italiani sono stati tra-
sferiti ad altre società del gruppo».
Anche Angiola torna sulla questio-
ne prezzi: «Servono informazioni in
merito alle politiche di transfer pri-
cing tra società del gruppo e in parti-
colare sulle loro possibili variazioni.
Dato che ArcelorMittal si è aggiudi-
cata una procedura ad evidenza
pubblica, speriamo vivamente di
non trovarci di fronte ad una delle
più grandi truffe degli ultimi anni».
Per il momento la magistratura
prende appunti. Senza muovere pas-
si ufficiali. Come d’altronde ha fatto
in questo primo anno di gestione di
Mittal del siderurgico. Il procurato-
re Carlo Maria Capristo, insieme
all’aggiunto Maurizio Carbone, ha
aperto alcuni fascicoli di natura am-
bientale che non hanno avuto gran-
de seguito: un po’ perché si trattava
di episodi di non primissimo livello
e un po’ perché lo scudo penale im-
pediva indagini più approfondite.
Diverso il discorso per la morte di
Cosimo Massaro, il gruista ucciso da
una tromba d’aria mentre era al lavo-
ro il 10 luglio scorso. Dieci sono gli in-
dagati tra cui la società ArcelorMit-
tal. C’è poi il caso dell’Altoforno nu-
mero 2 dove la procura ha chiesto in-
vece l’automatizzazione di alcune
operazioni, per evitare che ci siano
morti come quelle di Alessandro
Morricella, l’operaio investito da
una colata nel 2015. L’interlocutore
non è però Arcelor. Ma i commissari
con i quali si sta raggiungendo un’in-
tesa. Eppure Arcelor ha inserito il ca-
so di Afo2 come uno dei motivi del
disimpegno dall’Ilva.
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Ellekappa
Ipotesi A
ArcelorMittal lascia
del tutto Ilva e si
apre lo scontro
giudiziario tra la
multinazionale e il
governo. La
gestione della
fabbrica, con i suoi
10.700 lavoratori,
torna ai commissari
straordinari, mentre
il governo dovrà
cercare nuovi
soggetti industriali
e, eventualmente,
indire una nuova
gara. Non escluso
l’intervento di Cdp.
Ilva
ultimo
atto
Il caso
Da Emiliano ai 5S: “La multinazionale chiarisca i suoi conti”
Il piano
Come è la fabbrica oggi e le ipotesi
sul tavolo di ArcelorMittal
Primo piano La questione industriale
Ilva produce circa 4 milioni di tonnellate l’anno, 3 altiforni attivi,
10.700 dipendenti diretti e perdite di 2 milioni di euro al giorno
Sospetti sugli
scostamenti fra gli
annunci e i risultati
su costi e clienti
ArcelorMittal pronta all’addio. L’alternativa
è un forte ridimensionamento degli impianti
Ricorso dei commissari contro il gruppo
Il gruppo cinese Jingye
compra il produttore
siderurgico British Steel, le
sue acciaierie di Scunthorpe,
le fonderie nel Regno Unito e
le partecipazioni in Fn Steel Bv
(Olanda). La tv pubblica
inglese Bbc dice che
l’investimento è pari a 70
milioni di sterline (81,2 milioni
di euro). Il governo britannico
contribuirà al salvataggio con
garanzie sui prestiti. British
Steel, numero due nel Regno
Unito dietro Tata Steel, era
fallito a maggio per
mancanza di liquidità.
L’operazione
E i cinesi prendono
la British Steel
Ipotesi B
ArcelorMittal chiude
l’area a caldo e si
concentra solo sui
laminatoi e il porto: si
creano circa 5000
esuberi, per i quali il
governo
metterebbe in
campo
ammortizzatori
sociali e un piano per
il rilancio del
territorio di Taranto.
L’Italia esce dalla
siderurgia del ciclo
integrale (altiforni)
che produce l’acciaio
di migliore qualità.
Ipotesi C
ArcelorMittal riduce
l’area a caldo, senza
rinunciarvi
completamente.
Con parte degli
altiforni attivi gli
esuberi potrebbero
ammontare a circa
2.500 unità. Ma
resterebbero i
problemi ambientali
e il nodo dello scudo
penale. Anche in
questo caso con
l’ipotesi di
ammortizzatori
sociali e con il piano
per Taranto.
pagina. 2 Martedì, 12 novembre 2019