la Repubblica - 12.11.2019

(Ron) #1

  1. Sulla ridefinizione del piano
    industriale penderebbe anche un
    dilemma giuridico, tra chi sostiene
    la necessità di una nuova gara o,
    quantomeno, di un avviso pubblico
    sulla modifica del vecchio deal, e
    chi esclude questo vincolo. Dal pun-
    to di vista del sistema Paese, la fine
    o la riduzione dell’area a caldo rap-
    presenterebbe un duro colpo: oggi
    il 70% della produzione Ilva è desti-
    nata ad impieghi (automotive – Fca
    in primis - elettrodomestici, latta
    alimentare...) che esige l’utilizzo di
    acciaio senza impurità, dunque
    quello degli altiforni alimentati
    con i minerali (i forni elettrici, inve-
    ce, usano il rottame). Il 65% dell’ac-
    ciaio prodotto nel mondo è da ciclo
    integrale e nessun Paese industria-
    lizzato ci ha mai rinunciato, inve-
    stendo però (a differenza dell’Ita-
    lia) in tecnologie e ristrutturazioni
    che hanno reso le fabbriche am-
    bientalmente sostenibili. Dunque,
    con la fine dell’area a caldo di Ta-
    ranto l’Italia abdicherebbe dal ruo-
    lo di seconda potenza siderurgica
    europea e la manifattura nazionale
    dipenderebbe ancora di più dall’im-
    port di acciaio. ArcelorMittal, inve-
    ce, continuerebbe a contare su
    quelli degli altri stabilimenti euro-
    pei. Tale scenario vedrebbe il gover-
    no impegnato a far fronte agli esu-
    beri con consistenti ammortizzato-
    ri sociali, oltre che con il “cantiere
    Taranto” annunciato sempre da
    Conte. E il ministro dell’Economia
    Gualtieri, escludendo nazionalizza-
    zioni ma non eventuali supporti di
    Cdp, parla di «piano industriale
    adattato alle circostanze congiun-
    turali». L’altra strada del bivio è l’u-
    scita di scena di ArcelorMittal: già
    attivate le procedure giudiziarie,
    con la multinazionale che deposita
    oggi in tribunale l’atto di citazione
    per il recesso dal contratto e con la
    contromossa dei commissari che
    presentano un ricorso cautelare ur-
    gente per fermare la progressiva
    fermata degli impianti (l’azienda
    avrebbe già sospeso lo scarico delle
    materie prime sulle banchine). In
    questa prospettiva, dopo l’automa-
    tico ritorno alla gestione commissa-
    riale, lo Stato dovrebbe cercare nuo-
    vi soggetti industriali e finanziari
    pronti a rilevare l’Ilva: si spiega così
    il dialogo (non del tutto interrotto)
    con l’indiano Jindal e contatti con
    Fincantieri, gruppo pubblico tra i
    clienti della stessa acciaieria taran-
    tina. Sullo sfondo “suggestioni cine-
    si”, guarda caso proprio nelle ore in
    cui il gigante Jingye rileva British
    Steel, l’Ilva inglese. ©RIPRODUZIONE RISERVATA


Gentile ministro,
durante la mia recente visita a
Taranto, ho potuto constatare
come la vicenda dello stabilimento
industriale ex Ilva costituisca solo
un aspetto, seppure di assoluto
rilievo, di una più generale
situazione emergenziale in cui
versa la città e la sua popolazione.
Il rilancio dell’intera area
necessita di un approccio globale
e di lungo periodo. La politica
deve assumersi la responsabilità di
misurarsi con una sfida
complessa, che coinvolge valori
primari di rango costituzionale,
quali il lavoro, la salute e
l’ambiente, tutti meritevoli della
massima tutela, senza che la difesa
dell’uno possa sacrificare gli altri.
Per questo, reputo necessario
aprire un “Cantiere Taranto”,
all’interno del quale definire un

piano strategico, che offra ristoro
alla comunità ferita e che, per il
rilancio del territorio, ponga in
essere tutti gli strumenti utili per
attrarre investimenti, favorire
l’occupazione e avviare la
riconversione ambientale.
I processi di ristrutturazione o
riconversione del tessuto
industriale e delle infrastrutture di
una determinata area geografica -
come dimostrano alcune
esperienze in Italia e in Europa - si
portano a compimento solo
attraverso politiche coordinate e
sinergiche, che coinvolgano tutti

gli attori istituzionali - in primis il
Governo -, le associazioni di
categoria, i comitati locali e tutte
le forze produttive del Paese.
A tal fine, in vista del prossimo
Consiglio dei ministri di giovedì 14
novembre, ti invito, nell’ambito
delle competenze del tuo
dicastero, ad elaborare e, ove fossi
nella condizione, a presentare
proposte, progetti, soluzioni
normative o misure specifiche, sui
quali avviare, in quella sede, un
primo scambio di idee. La
discussione potrà quindi
proseguire all’interno della cabina

di regia che ho intenzione di
istituire con l’obiettivo di
pervenire, con urgenza, a
soluzioni eque e sostenibili.
Al riguardo, ti anticipo che il
ministro della Difesa, Lorenzo
Guerini, mi ha comunicato
l’intenzione di promuovere un
intervento organico per il rilancio
dell’Arsenale, mentre il ministro
per l’Innovazione, Paola Pisano,
mi ha rappresentato la volontà di
realizzare un progetto di ampio
respiro, affinché Taranto possa
diventare la prima città italiana
interamente digitalizzata.
Confidando nella tua
collaborazione, ti ringrazio fin
d’ora per il contributo che potrai
offrire alla definizione di un
progetto che considero
prioritario per l’azione di
governo.

Il retroscena

Conte si prepara al peggio


Ma promette al Pd


“L’azienda non chiuderà”


Ha garantito a Zingaretti


che risolverà la questione


dello scudo penale


I dubbi del segretario dem


“Non faremo mai cadere


il governo, ma se non diamo


una vera alternativa


non abbiamo senso”


La lettera


“Cari ministri, Taranto è una emergenza


Giovedì presentate le idee per rilanciarla”


di Giuseppe Conte

Il premier scrive ai componenti del governo


chiedendo a tutti di collaborare: “Situazione


complessa, serve un piano strategico”


Roma — È il silenzio di ArcelorMittal
a spaventare il governo. A far teme-
re a Giuseppe Conte che tutte le con-
tromosse studiate siano inutili da-
vanti a un colosso cui non possono
far paura le parole del premier sulla
«causa legale del secolo». A far tre-
mare la maggioranza, che non rie-
sce più a nascondere le divisioni pro-
fonde che la percorrono.
La strategia dell’esecutivo, per ora,
è stata quella di mostrare che ci so-
no alternative sul campo: le ha fatte
trapelare il ministro dello Sviluppo
Patuanelli dopo l’incontro con il pro-
prietario delle acciaierie di Piombi-
no Sajjan Jindal; le ha confermate lo
stesso presidente del Consiglio, che
adesso cerca nuovi progetti per Ta-
ranto, in modo da coniugare diritto
al lavoro e diritto alla salute. Per que-
sto, Conte invia ai ministri una lette-
ra in cui chiede a ciascuno di metter-
si all’opera. Promette, di fatto, una ri-
conversione. Che, seppure ambizio-
sa, risponde alle domande che ha
sentito per le strade di Taranto. Non
risponde però alla necessità di accia-
io dell’industria italiana. Ed è per
questo che, nonostante i timori e le
difficoltà, riportare al tavolo della
trattativa ArcelorMittal rimane il
piano A. Nella speranza che il rinvio
di qualche ora del deposito della
causa di recesso del colosso indiano
al tribunale di Milano sia un segnale
di fumo positivo (anche l’atto urgen-
te dei commissari che dovrebbe
bloccare quel recesso, dimostrando-
ne la non validità, non è ancora sta-
to depositato).
In queste ore Conte vedrà i parla-
mentari pugliesi e cercherà di son-
dare quante sono le possibilità di te-
nere la maggioranza unita, nel caso

ci sia la necessità di reintrodurre
una forma di immunità penale per i
concessionari dell’ex-Ilva. I due
emendamenti al decreto fiscale pre-
sentati alla Camera dai renziani, per
tornare allo scudo così com’era, sa-
ranno probabilmente resi inammis-
sibili. Ma contribuiscono ad alzare
la tensione. Anche nel Pd. Nicola Zin-
garetti, prima di partire per gli Stati
Uniti, si è sfogato con alcuni compa-
gni di partito in un mini-summit che
potremmo chiamare delle Clarisse.
È successo sabato a Fara Sabina, vici-
no a Rieti, nel monastero delle suore
eremite dove si teneva un conve-
gno. Durante una pausa, hanno fat-
to il punto Luigi Zanda, il presiden-
te dell’Europarlamento David Sasso-
li, il segretario regionale del Lazio
Bruno Astorre, il deputato dem Fa-
bio Melilli. E il leader del Pd. Lì, Zin-
garetti ha espresso tutti i suoi dub-
bi: «Questo esecutivo è nato certo
per fare la manovra e risparmiare
agli italiani la tassa Salvini, i 23 mi-
liardi di Iva. È nato anche per ferma-
re l’avanzata della Lega. Ma per
quanto mi riguarda aveva anche e di-
rei soprattutto un altro scopo: co-
struire una vera e forte alternativa
alla destra, fuori dal Palazzo. Altri-
menti non ha senso». Perché, per dir-
la come Salvini, prima o poi si vota
alle politiche. Zingaretti, al pari di
Beppe Grillo, ha scommesso su un
incontro, per gradi naturalmente,
con i 5stelle. Un’intesa concreta ca-
pace di fare argine, nella società e
nelle urne, ai sovranisti. Ma finora
l’operazione assomiglia tanto a un
fallimento. Non solo per la sconfitta
in Umbria. E per l’ostilità di Luigi Di
Maio a nuovi tentativi nelle altre re-
gioni che andranno al voto.

La premessa del segretario pd è:
«Non sarà mai il mio partito a far ca-
dere il governo», ma gli incidenti ca-
pitano. Le elezioni del 26 gennaio in
Emilia possono avere l’effetto dello
sparo di Sarajevo che segnò l’inizio
della Grande Guerra. Matteo Renzi
rimane sullo sfondo, nello scenario
dipinto dal leader dem. Il punto è la
tenuta dei 5 Stelle. Sassoli condivi-
de, ma precisa: «I problemi si risolvo-
no, non si evocano». Una frase che ri-
corda il monito scritto alle spalle del-
la scrivania di Cesare Romiti alla
Fiat: «Siete parte del problema o ave-
te la soluzione?». La pratica 5 %telle
Zingaretti intende affidarla intera-
mente al premier. Sullo scudo pena-
le per l’ex-Ilva, il Pd non presenterà
alcun emendamento, in modo da
evitare altra confusione. Il presiden-
te del Consiglio ha garantito al lea-
der pd che ci avrebbe pensato lui.
Probabilmente, in questa fase dram-
matica e incerta, nominando un
nuovo commissario. Offrendo così
un minimo di garanzia ai lavoratori
di Taranto. Qualcuno dello staff ha
suggerito al segretario dem di stabi-
lire un contatto diretto con Grillo (il
canale con Davide Casaleggio già
esiste). Zingaretti è stato tentato da
una telefonata al fondatore M5S?
No, giurano al Nazareno. «Sarebbe
un’intromissione indebita. A me
non piacerebbe che lo facessero con
il Pd». Però una sponda con chi cre-
de alla nascita di un vero patto
Pd-5stelle serve. Persino Dario Fran-
ceschini, principale ispiratore del ri-
baltone giallo-rosso in agosto, ha
detto sconsolato ai fedelissimi:
«Troppi incoscienti in giro». Così ca-
pita l’incidente.
©RIPRODUZIONE RISERVATA

Primo piano La questione industriale


ANSA/LUCA ZENNARO

Il premier Conte
E’ stato a Taranto venerdì

di Annalisa Cuzzocrea
Goffredo De Marchis

. Martedì,^12 novembre^2019 pagina^3

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