la Repubblica - 12.11.2019

(Ron) #1

Lo scenario


Il Califfato, la Turchia


e il ritiro americano


perché il Kurdistan


è pronto a esplodere


kLe proteste
Un manifestante
si prepara
a lanciare
una pietra
durante gli
scontri tra forze
irachene e
manifestanti
anti-governativi
a Bagdad ©RIPRODUZIONE RISERVATA

AP

I punti
Le ragioni
delle tensioni

di Pietro Del Re

Puntuale, come accade dopo ogni at-
tacco andato a buon fine, è arrivata
la rivendicazione dello Stato islami-
co anche per l’attentato contro i cin-
que militari italiani e i tre peshmer-
ga colpiti domenica scorsa a Kirkuk.
Un comunicato stringato, con il con-
sueto uso retorico di parole quali
«crociati», è stato diffuso ieri attra-
verso l’agenzia di propaganda
Amaq. Recita così: «Con l’aiuto di
Dio, soldati del Califfato hanno col-
pito un veicolo 4X4 con a bordo
esponenti della coalizione interna-
zionale crociata ed esponenti
dell’antiterrorismo peshmerga nel-
la zona di Kifri, con un ordigno, cau-
sando la sua distruzione e ferendo 4
crociati e 4 apostati». Parole che
chiariscono la matrice dell’atto ter-
roristico, ma che lasciano molti in-
terrogativi. Primo dei quali è sapere
se l’ordigno artigianale era davvero
rivolto contro il nostro contingente.
Intanto, il contrammiraglio Fabio

Agostini, capo del Dipartimento
pubblica informazione e comunica-
zione dello Stato Maggiore della Di-
fesa, intervenuto a Circo Massimo,
su Radio Capital ha dichiarato che le
condizioni dei cinque militari italia-
ni sono stabili: «Hanno trascorso
una notte serena, le loro condizioni
sono stabili. Questo induce a un cau-
to ottimismo. Nessuno di loro è in
pericolo di vita, ma le condizioni ri-
mangono critiche». Purtroppo un
militare dell’Esercito ha subito l’am-
putazione della gamba sopra il gi-
nocchio e un militare della Marina
quella di parte del piede. Si teme
per un terzo che ha fratture impor-
tanti agli arti inferiori. Un quarto ha
lesioni interne con emorragie, è sta-
to operato. Il quinto ha subito trau-
mi ma è in condizioni migliori.
Gli italiani sono impegnati nell’at-
tività di addestramento e formazio-
ne delle forze di sicurezza irachene
e curde. Domenica erano impegnati
insieme ai peshmerga in un’opera-
zione anti-Isis: la perlustrazione di
abitazioni dove era stata segnalata

la presenza di terroristi. «L’attività
operativa ha permesso di individua-
re materiali e rifugi dell’Isis. Nel ri-
torno verso la base il nostro team è
stato oggetto di un’esplosione», ha
aggiunto il contrammiraglio Agosti-
ni. Non si sa ancora se da un ordigno
improvvisato o azionato a distanza.
Il Consiglio supremo di difesa,
presieduto al Quirinale dal presiden-
te della Repubblica, Sergio Mattarel-
la, ha ieri fatto un punto di situazio-
ne sulle principali aree di crisi. «An-
che il recente attacco al nostro con-
tingente in Iraq - si dice nel comuni-

cato del Colle - conferma che il terro-
rismo transnazionale resta la princi-
pale minaccia per l’Italia e per tutta
la comunità internazionale. È neces-
sario continuare a garantire la no-
stra presenza nelle principali aree
di instabilità».
Oltre che in Iraq, l’Isis rialza la te-
sta anche nel Kurdistan siriano. E lo
fa assassinando un prete cattolico
armeno e suo padre nella provincia
nord-orientale di Deir ez-Zor. Poche
ore dopo l’esecuzione, è giunta an-
che la rivendicazione del duplice
omicidio.

Il ritorno maledetto dell’Isis, ovvia-
mente. E prima, lo stupefacente ri-
tiro americano. L’offensiva cinica
della Turchia. E le sconfitte conti-
nue, dolorose, dei curdi costretti a
scoprirsi militarmente e la popola-
zione ad arretrare persino, per so-
pravvivere. Dentro un quadro di ri-
volte popolari sanguinose, dovute
a ragioni politiche e sociali. Com-
plete di rivendicazioni territoriali,
disfide religiose, ambizioni impe-
riali, strategie economiche. Tutti
motivi che, mescolati insieme, in
una zona ad alta tensione, fanno og-
gi del Nord della Siria, del Sud-Est
della Turchia, del nord Iraq, insom-
ma del Grande Kurdistan, la regio-
ne più esplosiva del mondo.
La zona dove sono state colpite
domenica le Forze speciali italiane,
ad esempio, è un’area dell’Iraq a ri-
schio elevato di conflitti armati,
scaturiti da motivi politici, econo-
mici e sociali irrisolti. Un’area di
grande complessità, mai pacificata
dalla fine della guerra in Iraq nel
2003 con la sconfitta di Saddam
Hussein e la tripartizione di fatto in
nord curdo, centro sunnita e sud
sciita.

La provincia in cui si è consuma-
to l’agguato, quella di Kirkuk, vive
di tensioni da almeno un secolo.
Ma con nodi tuttora presenti, e con-
traddizioni esplose quando la cadu-
ta del Raìs ha portato i curdi a chie-
dere l’indipendenza. Kirkuk, da lo-
ro ambita, è attualmente divisa fra
turcomanni (con mire evidenti da
parte di Ankara) e sciiti. Una città
dove le scarpe affondano nel petro-
lio, da quanto ce n’è. Zona pretesa
dai curdi come propria “capitale”,
ma contestata dall’Iraq. E dopo il re-
ferendum per l’indipendenza svol-
tosi nel settembre 2017, e gli scon-
tri armati seguiti, visto che il gover-
no centrale non lo ha riconosciuto,
l’area è tornata nell’incertezza.
Kirkuk non è il solo grumo di in-
stabilità. A Est c’è Suleimaniyah, al-
tro centro importante amministra-
to dai curdi. Ma soprattutto c’è la vi-
cina Mosul, sunnita, roccaforte
dell’Isis. E, ancora più a Sud nel Pae-
se, un’ampia area sottoposta al con-
fronto fra la minoranza sunnita e la
maggioranza sciita protetta dall’I-
ran.
Tensioni politiche locali, capaci
però di trasformarsi e farsi globali.
In Iraq da oltre un mese avvengono
proteste popolari per le riforme. In
piazza scendono decine di migliaia

di persone, sfidando una repressio-
ne che sta causando centinaia di
vittime. In una zona così destabiliz-
zata e ferita, jihadisti e qaedisti agi-
scono con facilità disarmante. Arri-
vando ora a colpire, per l’appunto,
“i crociati e gli apostati”, in questo
caso i militari italiani.
Nel Nord della Siria le cellule dor-
mienti del Califfato nero, fino a un
mese fa soffocate dall’alleanza

adesso saltata fra soldati americani
e curdi, si sono all’improvviso sve-
gliate. La morte del loro capo Al Ba-
ghdadi non ferma i progetti di rior-
ganizzazione. E qui tutta la fascia
che va dalla città di Qamishli a Est,
a quelle di Ras Al-Ayn e Kobane a
Ovest, viene ora sottoposta al rinno-
vato bombardamento turco delle
città curdo siriane. Se poi si passa
all’Iran, nella zona a ovest del Pae-
se città come Baneh sono epicen-
tro di rivendicazioni da parte cur-
da. E in Turchia, il Sud-Est compre-
so fra Van, Diyarbakir, Mardin e Ga-
ziantep, è territorio di uno scontro
quasi endemico che si consuma fra
esercito turco e guerriglieri del
Pkk, il Partito dei lavoratori del Kur-
distan, considerato movimento ter-
rorista da Europa e Stati Uniti.
L’instabilità cronica dell’Iraq, le
ambizioni imperiali della Turchia,
l’agitazione dei curdi nelle loro va-
rie realtà, il confronto sunniti-scii-
ti, il petrolio diffuso nel Nord Iraq,
il riposizionamento dei marines, il
grido dei jihadisti alla guerra santa,
diventano dunque ragioni che fan-
no del Kurdistan un’area in piena
ebollizione. Terribilmente perico-
losa, come si vede, pure per l’Euro-
pa e l’Occidente.

Sciiti e sunniti
Tutta l’area
intorno
a Mosul
a Est e poi
la regione
a Sud dell’Iraq
è attraversata
da tensioni
tra la minoranza
sunnita e la
maggioranza
sciita protetta
dall’Iran

Le zone più pericolose


LIBANO

IRAN

IRAQ

SIRIA

TURCHIA

Mar
Caspio

Kirkuk
Suleimaniyah

Baneh

Mosul

V a n
Diyarbakir

Gaziantep
Mardin

Ras Al-Ayn

Qamishli

Damasco Bagdad

Kobane

Kirkuk contesa
La caduta di
Saddam nel
2003 ha
riacceso la
richiesta di
indipendenza
dei curdi. Kirkuk
da loro pretesa
come capitale
è però divisa fra
turcomanni
(con mire di
Ankara) e sciiti

Primo piano La trappola mediorientale


iL’autobomba
Un’autobomba esplosa
di Qamishli, nel Nord
della Siria, teatro ieri
di un duplice attentato
dinamitardo

Iraq, l’Isis rivendica


l’attentato agli italiani


Ucciso un prete in Siria


Lo Stato islamico: “Colpiti crociati e apostati”. I militari in condizioni stabili


Il Consiglio di Difesa: le missioni continuano. Morto anche il padre del prelato


In piazza
Da oltre un
mese il Paese
è teatro di
proteste
popolari per le
riforme: migliaia
di persone
scendono
in piazza
sfidando
la repressione
Centinaia
le vittime

di Marco Ansaldo

“Il team aveva


individuato materiali


e rifugi dei terroristi.


Investito dalla bomba


al rientro”. A Deir


ez-Zor muore anche


il padre del prelato


pagina. 6 Martedì, 12 novembre 2019

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