Panorama - 16.10.2019

(Darren Dugan) #1
16 ottobre 2019 | Panorama 19

padani più nostalgici.
Il mormorio sale. Ro-
berto Brazzale guida l’o-
monima azienda di Zanè,
nel vicentino. È il più anti-
co gruppo caseario italia-
no. Un colosso alimentare
da 150 milioni di euro di
fatturato, che fa burro e
formaggi da sette gene-
razioni. Brazzale non ha
mai nascosto le sue sim-
patie indipendentiste. Due
anni fa s’è perfino speso
per il Referendum sull’au-
tonomia: incontri, conve-
gni, dibattiti. Ora si sente
tradito. «Ogni velleità è
stata frustrata» racconta.
«Il progetto che ha trasfor-
mato la Lega da federali-
sta a centralista c’ha reso
orfani. E sottotraccia c’è
un malcontento forte e
trasversale: operai, partite
iva, imprenditori».
Brazzale giura che,
fuori dai consessi confin-
dustriali, gli ormai iconici
capannoni schiumano di
delusione. Come quella
che ha vomitato a Propa-
ganda live il Poiana di Pen-
nacchi: veneto di Casale di
Scrodisia, il paese dove ad
aprile 2014 trovano un al-
tro «Tanko», pronto a muoversi alla volta
di Venezia, nel solco dei Serenissimi.
L’enfatica geremiade di un irriducibile
indipendentista. Pure il Poiana smocco-
la. Gli hanno parlato di secessione, poi
di federalismo, dopo di autonomia, ha
perfino votato al Referendum. E adesso?
Non gli resta che tornare nel suo capan-
none, per ricominciare a costruire quel
«carro allegorico». Blindato. I
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di qualche stratificato dissapore. Zaia
avrebbe mal digerito la salvinizzazione
del partito nella sua regione. Lo scorso
luglio viene defenestrato il segretario
della Liga, il fedele Toni Da Re. Proce-
dura inedita: nessun Consiglio federale,
avvicendamento in sordina. Arriva un
commissario: il fedelissimo del Capi-
tano, Lorenzo Fontana, allora ministro
della Famiglia. Quindi? «Lo scenario è
in movimento» ammette sibillino uno
stimato palafreniere del governatore. E
Zaia si guarda bene per adesso da an-
nunciare la sua ricandidatura. Va bene:
i soliti retroscenismi. Ma chi avrebbe
scommesso due anni fa sulla rinuncia di
Roberto Maroni a correre nuovamente
per la guida della Lombardia? Nessuno,
appunto. Nel mentre, anche nella regio-
ne dell’Alberto da Giussano, proliferano
movimenti e comitati. Nel nome della
mai assopita indipendenza.


«Il fallimento dell’autonomia ha
aperto nuovi spazi» ragiona il polito-
logo Paolo Feltrin, storico studioso della
Liga Veneta. «È una pentola che conti-
nua a sbuffare. In un anno e mezzo non
è stata portata in Consiglio dei ministri
nemmeno una proposta. Del resto, un
partito nazionale è in contraddizione
con una forte autonomia del Nord».
La tesi è questa: Salvini non poteva
scontentare i neoelettori appena gua-
dagnati da Roma in giù. La Lega adesso
è un partito sovranista, da Agrigento a
Bolzano.
Perché Salvini è riuscito in una delle
più straordinarie imprese della storia
repubblicana: trasformare una scialup-
pa di salvataggio in un traghetto, che
naviga attorno al 30 per cento. Ribaltare
le coordinate di un movimento così
radicato nelle regioni settentrionali è
stata un’impresa ardita. E conquistare
milioni di voti al Sud ha avuto uno spia-
cevole corallario: disilludere i veneti e i


Assalto
a San Marco
Un’immagine
del «Tanko» usato
dai Serenissimi
la notte dell’
maggio 1997
per compiere
l’assalto
al campanile
di San Marco.
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