il reportage
“Violentato dagli agenti”
Il calvario di Josué
nella caserma cilena
dal nostro inviato
Marco Mensurati
santiago — C’è un macigno enorme
a intralciare la strada che separa il
presidente Sebastián Piñera dalla
normalizzazione del Paese. Questo
macigno è la testimonianza di Josué
Mauriera Ramirez, uno studente al
terzo anno di Medicina, la cui storia,
contenuta in una dettagliata denun-
cia dell’Istituto nazionale per i dirit-
ti umani, sta indignando l’opinione
pubblica cilena. Nel tinello di una ca-
sa minuscola, nel quartiere Vittoria
— non proprio Beverly Hills — è Jo-
sué stesso, seduto sul bordo del diva-
no, a raccontare a Repubblica, uno
per uno, gli incredibili fatti della not-
te del 21 ottobre. Cominciando dalla
fine. «Adesso — dice aspirando rumo-
rosamente una Kent leggera — vivo
sotto la scorta dell’Istituto naziona-
le per i diritti umani. Quando sono
uscito dal carcere un carabiniere mi
si è avvicinato e mi ha detto “io sono
un tuo vicino di casa e tu sei un uo-
mo morto”. Credo sia il primo caso
al mondo di uno che ha la scorta per
difendersi dalla polizia».
L’incendio al market
Tutto comincia lunedì scorso, secon-
do giorno di coprifuoco, alle due del
mattino. Il supermercato Santa Isa-
bel sta bruciando. È a due isolati di
distanza da casa di Josué, il quale in-
sieme a sua cugina Marjory scende
per andare a dare una mano. Josué
sente qualcuno gridare aiuto, entra
ma non fa nemmeno in tempo a capi-
re cosa stia succedendo che i carabi-
neros fanno irruzione, urlando.
«Quando li vedo, mi getto a terra, a
pancia in su, e alzo le mani». È l’ini-
zio dell’incubo. «Mi tirano su da ter-
ra e cominciano a picchiarmi in te-
sta con il manganello e con i pugni.
Lo fanno così violentemente che
svengo. Quando riprendo conoscen-
za sono nella camionetta dei carabi-
neros, ammanettato, e loro mi stan-
no ancora picchiando». I referti me-
dici parlano di frattura del naso,
trauma cranico e svariate lesioni al-
la testa.
L’angolo cieco
«Mi portano alla comisaria 51 del
quartiere Pedro Aguirre Cerda. Mi
trascinano vicino ai bagni. In Cile per
legge le caserme devono essere vi-
deosorvegliate. Ma nei bagni è vieta-
to. Era l’unico angolo cieco. E rico-
minciano a pestarmi». José mostra le
ferite che ha sul corpo: lividi, contu-
sioni, tagli netti, «di coltello», specifi-
ca. «Ad ogni calcio io facevo in modo
di spostarmi di qualche centimetro
verso la zona coperta dalle telecame-
re». Per questo tra gli atti dell’indagi-
ne ci sono anche alcune immagini.
«Dopo un po’, mi caricano su una se-
conda camionetta per portarmi in un
ospedale dove, dopo una visita di
due minuti, mi refertano due lesioni
lievi».
La carabiniera “gordita”
«Protesto, sono uno studente di Me-
dicina, le visite non si fanno così.
Ma non serve a niente. Mi ritrovo di
nuovo in una camionetta e poi di
nuovo in caserma. Lì ad aspettarmi
c’è una carabiniera, si chiama Luna
— conosco il suo nome perché poi
mi ha denunciato. Lei non la dimen-
ticherò mai: è giovane, ha il rosset-
to, la faccia paffuta, la treccia lun-
ga. È gordita, cicciottella. Comincia
a darmi gli schiaffi sul viso, poi pas-
sa ai pugni. Io ho le manette. Quan-
do ha finito sono a pezzi. Mi spedi-
sce su un’altra camionetta verso un
distaccamento del commisariato, a
3 chilometri di distanza, in un posto
dove registrano le impronte digita-
li».
L’interrogatorio e lo stupro
Appena arriva lì, Josué si trova da-
vanti altri tre agenti. Uno di loro si
identifica come il capo: «Hai picchia-
to la nostra collega, eh? Sei doppia-
mente maricón (gay, ndr), ti piace
picchiare le donne, eh? Che succe-
de se adesso ti chiudo in una stanza
e ti ammazzo?», gli chiede. Josué è
basito, non sa che rispondere: «Tu
sei maricón?», gli chiede il poliziot-
to. «Sì, sono omossessuale», dice.
«Tu sei maricón?», ripete quello.
«Sì... ». Ma Josué non fa in tempo a fi-
nire la frase che in tre gli saltano ad-
dosso e ricominciano a pestarlo, ur-
lando «Ammettilo, ammettilo». «Sì
soy maricón», urla disperato. «Entra
nella stanza altra gente, non so
quanti, da dietro mi tirano su, mi ab-
bassano i pantaloni e mentre due di
loro continuano a picchiarmi uno
mi stupra con il manganello». La vio-
lenza è stata accertata, giorni dopo,
dai medici legali incaricati dall’Isti-
tuto.
Il desaparecido
Dopo lo stupro, il ragazzo viene ri-
portato nella comisaria 51. Dove a
forza di botte gli fanno firmare un
documento nel quale ammette di es-
sere stato arrestato “all’atto di ruba-
re cinque spugne per i piatti” dal su-
permercato. Poi viene messo in cel-
la di sicurezza. Il mattino dopo ver-
rà processato. Il pm chiede 60 gior-
ni di carcere preventivo. L’avvocato
d’ufficio rilancia con 30, «l’indagato
è incensurato», è la linea difensiva.
Il giudice decide per 45. Josué fini-
sce in carcere ma ai genitori, che nel
frattempo erano stati avvertiti dalla
cugina Marjory, i carabineros dico-
no che Josué è stato rilasciato. E co-
sì, il nome del ragazzo finisce per in-
grossare la lista dei desaparecidos.
Cominciano giorni di angoscia per
amici e parenti che non hanno più
sue notizie. Fino a quando da dentro
il carcere, grazie all’aiuto di una ban-
da di narcotrafficanti, «ma simpati-
ci», Josué non riesce ad avvertire un
avvocato.
Lo sciopero della fame
Ma uscire dal carcere non è così sem-
plice. Il mercoledì, José comincia lo
sciopero della fame e della sete. Il
giorno dopo minaccia il suicidio. Al-
la fine l’avvocato incaricato dall’Isti-
tuto riesce a convincere i giudici e a
tirare fuori il suo assistito. Che, ades-
so, a mezzo stampa presenta il con-
to a Pinera: «Ha delle responsabilità
politiche», dice. E dice anche che
vuole chiedere i danni a tutti gli
agenti. Di cui ha nomi e cognomi:
«Per fortuna la carabiniera Luna,
per proteggere se stessa dalle mie
inevitabili accuse ha deciso di de-
nunciarmi per lesioni. E nella de-
nuncia c’erano tutti i loro nomi. Non
è stata proprio ben consigliata, di-
rei. All’atto che mi è arrivato c’era al-
legato il documento del medico che
le certificava le lesioni: alle noc-
che».
Il video sul sito
Il racconto
dello studente
Josué Mauriera
Ramirez raccolto
dal nostro
inviato
a Santiago
del Cile
Marco Mensurati
“Quando
sono uscito
dal carcere
dopo aver
fatto
lo sciopero
della fame
un
carabiniere
mi ha detto:
sono un tuo
vicino
di casa e tu
sei un uomo
morto”
RODRIGO GARRIDO/REUTERS
La scheda
Un Paese
nel caos
Le proteste
Partono il 18
ottobre dopo
l’annuncio
dell’aumento
dei prezzi
dei mezzi di
trasporto. I cileni
manifestano
anche per l’alto
costo della vita
Il racconto
dell’orrore
“Mi hanno
trascinato
vicino
ai bagni,
l’unico posto
senza
telecamere
Una
carabiniera
ha iniziato a
darmi pugni
Io avevo
le manette”
I morti
Iniziano
saccheggi
incendi
e violenze
I morti sono 18
Per l’Istituto dei
diritti umani, 5
di questi sono
stati uccisi dalle
forze di sicurezza
Il governo
Il presidente
Piñera sospende
il coprifuoco e
ha chiesto a tutti
i suoi ministri
di “mettere
a disposizione i
propri mandati”
per formare un
nuovo governo
jLo studente
Josué Mauriera Ramirez, picchiato e
abusato dalle forze dell’ordine,
mostra i lividi sul corpo
Gli scontri
Manifestanti
nella città
di Valparaiso
lanciano oggetti
contro un’auto
della polizia, che
li aveva attaccati
con i lacrimogeni
. Lunedì,^28 ottobre^2019 Mondo pagina^13