di Liana Milella
John Cabot insieme a Giovanni
Princi. Princi è un amico di Anasta-
siya, di buona famiglia e con un
precedente specifico per stupefa-
centi. Non lontano c’è Domenico
Costanzo in piedi, più altri ragazzi
che sono fuori dal pub. L’indagine
però non si focalizza solo su que-
sto, si allarga: ha l’ambizione di ri-
salire la filiera della droga, per rin-
tracciare chi a San Basilio — il quar-
tiere frequentato dagli arrestati e
teatro della più grande piazza di
spaccio di Roma — sia il “grossista”
da cui si riforniva Del Grosso. E se,
oltre alla marijuana, gli avesse mes-
so in mano anche il revolver cali-
bro 38, non ancora ritrovato.
La trattativa
Dove, però, la ricostruzione si scon-
tra ancor di più con l’omertà di al-
cuni dei protagonisti è nella fase
della trattativa. Nello zaino rosa c’e-
rano mazzette da venti e da cin-
quanta euro, per una cifra comples-
siva che oscilla — secondo un’ipote-
si degli investigatori, visto che le
mazzette sono sparite — tra 10.
e 20.000 euro. Non servivano certo
ad acquistare un paio di spinelli
per passare la serata. Non è nem-
meno certo che “la merce” fosse
marijuana, perché con quella cifra
si può prendere anche un discreto
quantitativo di cocaina. Chi ha di-
retto le danze? Chi ha contattato,
insomma, Del Grosso? Anastasiya,
Princi o Luca, il salutista che face-
va il personal trainer? Lo stabilirà
solo l’analisi dei tabulati dei cellula-
ri, non ancora conclusa. Tuttavia al-
cune testimonianze fanno ragione-
volmente ritenere che mercoledì
scorso non fosse la prima volta che
i due gruppi — quello degli amici di
Luca e Anastasiya frequentatori
del John Cabot e quello di Del Gros-
so — si avvicinavano. No, il caso
non può dirsi ancora chiuso.
ROMA — «Non servono pene e f
sanzioni, ma un potente
investimento nell’educazione.
Non solo in quella rivolta
specificamente al tema della
droga. E occorrerebbe anche
affrontare seriamente le cause del
disagio giovanile». L’ex pm di Mani
pulite Gherardo Colombo,
impegnato da anni a spiegare ai
ragazzi cos’è e perché bisogna
rispettare la Costituzione, espone
il suo punto di vista sugli
stupefacenti dopo l’omicidio di
Roma.
Perché è favorevole alla
legalizzazione delle droghe
leggere?
«Io le chiedo: perché è libero il
commercio di alcol e tabacco e
non è invece libero il commercio
della marijuana? Ci vorrebbe
coerenza, anche alcol e nicotina
creano dipendenza, fanno danni
enormi, e tuttavia ciascuno di noi
può andare a comprare sigarette,
vino e superalcolici, questi anche
al supermercato. Non capisco il
perché della differenza».
Forse per la semplice ragione
che fumo e alcol sono considerati
di uso normale, al contrario della
droga, anche quella leggera.
«Ma comunque il loro abuso fa
male. La criminalizzazione del
commercio delle droghe leggere
non incide sulla loro diffusione. E
crea notevoli pericoli ai ragazzi
che per fare uso di queste sostanze
utilizzano il commercio
clandestino, trasformandosi a
volte anche loro in piccoli
spacciatori. Mi verrebbe da dire
che la criminalizzazione è essa
stessa criminogena. Perché in
qualche misura induce a
comportamenti che altrimenti
non sarebbero tenuti, specie in un
periodo in cui è difficile trovare
lavoro».
Non ha proprio dubbi sul via
libera legale alle droghe
leggere?
«Sono convinto che la
regolamentazione (cosa diversa
dalla liberalizzazione) toglierebbe
mercati importanti alla
criminalità organizzata e
gioverebbe alle casse dello Stato.
Secondo me il problema della
diffusione di sostanze nocive
andrebbe affrontato non con la
minaccia di pene o di sanzioni
amministrative, come si verifica
per i consumatori di marijuana,
ma attraverso un potente
investimento educativo, e prima
ancora intervenendo sui motivi
sociali che spingono i ragazzi ad
usare sostanze. Occorrerebbe
anche trovare la strada per
impedire che l’uso di sostanze
stupefacenti sia incentivato
attraverso subdole forme di
promozione molto ben
mascherata».
Comincerebbe con una
campagna per educare i ragazzi?
«Comincerei dalla mancanza di
lavoro, dalla mancanza di senso
della comunità negli adulti,
dall’evasione fiscale e via dicendo.
Comunque non penso a una
campagna, e non penso solo agli
stupefacenti. La scuola, ma più in
generale gli adulti dovrebbero
sollecitare al rispetto delle regole
attraverso i comportamenti e il
dialogo. È necessario che i ragazzi
arrivino a condividere che usare
stupefacenti è dannoso e quindi è
opportuno astenersi per il proprio
bene».
Come risponde a chi sostiene
che così la droga sarebbe ancora
più diffusa soprattutto tra i
giovani?
«Già adesso la droga è diffusa. E
continua a diffondersi sempre di
più. Le politiche proibizioniste,
che vanno avanti da almeno 50
anni, non sono capaci di opporsi
efficacemente al fenomeno. Il
sistema non dà i frutti che
vengono vantati, è fallito e
continua a fallire. E crea un
indotto di altre trasgressività
molto elevato».
Marco Pannella si è battuto per
una vita. L’ex procuratore
Antimafia Franco Roberti è
favorevole, come ha detto a
“Repubblica”. Ma la questione
politicamente non decolla. Quasi
che tutti abbiano paura.
Perbenismo, ignoranza o paura
di perdere voti?
«C’è un po’ di tutto. Fede
incrollabile nella pena,
considerata unico mezzo per
determinare le persone a seguire
la legge in qualsiasi campo e
circostanza. E c’è chi si turba al
solo sentire la parola droga,
magari ricollegandosi, ed è vero
per alcune droghe pesanti, agli
effetti criminogeni che il loro uso
provoca. Ma c’è anche chi pensa
che liberalizzare le droghe leggere
possa far perdere voti, soprattutto
in un periodo strano come questo,
di moralismo molto spesso fasullo.
Oppure si ricorre ad argomenti
utilitaristici, come l’affermare
(secondo me senza fondamento)
che la depenalizzazione
comporterebbe l’aumento del
consumo».
Lei chi criticherebbe di più?
«Non si tratta di criticare, si tratta
di provare a lavorare soprattutto
su disagio ed educazione. Che
passa moltissimo anche attraverso
i comportamenti individuali. Mi
spiego. Se sto in una casa in cui si
fuma e si beve alcol
smodatamente, è ovvio che è più
difficile diventare consapevoli dei
danni dello stupefacente».
Quali sarebbero i vantaggi
concreti? L’omicidio di Roma non
si verificherebbe?
«La criminalità che contorna il
commercio clandestino subirebbe
notevoli ridimensionamenti».
La legalizzazione sottrarrebbe
mercato alle mafie?
«Se si trattasse di una
regolamentazione ben fatta, sono
convinto di sì».
Il procuratore di Catanzaro
Gratteri, all’opposto di Roberti,
dice che il traffico illegale
continuerebbe indisturbato.
«Io gli chiederei perché ne è così
sicuro. Magari ci sono degli
argomenti che non conosco. Però
gli suggerirei di verificare cosa
succede in Olanda, Paese
occidentale dalla cultura simile
alla nostra, in cui il commercio di
marijuana è regolamentato».
Da un governo M5S-Pd si
aspetterebbe un passo
coraggioso verso la
legalizzazione?
«Non me lo aspetterei, anche se
spero di sbagliarmi. Perché
sarebbe davvero utile, purché
insieme si provveda ad altro
(compresi controlli sulla qualità e
sulla provenienza della sostanza,
come si fa per gli alimenti). Ma
serve un apparato educativo forte
e, come pure dicevo, serve
eliminare o limitare le cause che
spingono i ragazzi a fare uso di
droghe. Magari utilizzando come
risorse proprio i proventi della
regolamentazione del commercio
di marijuana».
L’intervista
Colombo “Il proibizionismo
è inutile contro le droghe leggere
Ormai è tempo di legalizzarle”
Alcol e tabacco non
sono meno pericolosi
Non voglio
liberalizzare
ma regolamentare
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Interveniamo sulla
mancanza di lavoro e
sui motivi sociali che
spingono i giovani
a usare stupefacenti
Ex pm
di Mani pulite
Gherardo
Colombo,
73 anni
. Lunedì,^28 ottobre^2019 Cronaca pagina^17