la Repubblica - 28.10.2019

(Ben Green) #1
alla colazione alla
collezione potreb-
be essere il titolo
della storia di una
piccola tavola fon-
do oro di Cima-
bue venduta ieri
(lotto n. 87) in un’asta senza troppe
pretese, e non da Christie’s o Sothe-
by’s come vorrebbe il copione. Le
pretese le aveva chi ha lottato per il
micro capolavoro arrivando ad offri-
re ventiquattro milioni di euro
(24.180.000, tasse comprese), quat-
tro volte la stima massima di catalo-
go. L’opera è stata battuta a Senlis,
nord di Parigi, dove la casa d’aste Ac-
teon ha la sua sede, ma prima è stata
mostrata con orgoglio nel munici-
pio della città. Ora è probabile che fi-
nisca in un caveau o sulle pareti di
qualche collezione privata.
Che l’opera non andrà in un mu-
seo lo potrebbe confermare il fatto
che a vincere la battaglia delle offer-
te è stato un giovane, Francesco Or-
tenzi, che pare agisse a nome di Fa-
brizio Moretti, uno dei più importan-
ti mercanti di arte antica del mon-
do. Per conto di chi si sia mosso Mo-
retti e dove finirà l’opera rimane per
ora un mistero, speriamo in mani
buone e raffinate capaci, in futuro,
di assicurarla a un museo.
A lottare contro Ortenzi è stato in-
vece Eric Torquin lo stesso studioso
che ha capito e stabilito che l’opera
era di Cimabue. Ma, a parte i detta-
gli tecnici e i pettegolezzi per addet-
ti ai lavori, la storia ha dell’incredibi-
le oggi che con internet tutti sanno
o possono sapere tutto. Se un tuo
vecchio zio ti ha lasciato un Picasso
e tu non sai proprio nulla di arte ba-
sta che vai su Google e immediata-
mente saprai chi è Picasso e quanto
possono indicativamente valere le
sue opere. Difficile quindi che il mer-
cante d’arte o anche solo l’amico
esperto possano fregarti portandosi
via il quadro con la scusa che è una
crosta e rivenderlo per milioni. Ma
questo clamoroso ritrovamento di
un Cimabue nella vecchia cucina di
una signora francese di novant’anni
nella cittadina di Compiègne nel
nord del Paese, dimostra che anche
internet, almeno per quel che ri-
guarda la storia dell’arte, ha il suo
tallone di Achille, il tempo.
La proprietaria e i suoi parenti

consideravano il piccolissimo pan-
nello, di 26x20 centimetri, che rap-
presenta il Cristo deriso, effettiva-
mente importante, ma mai si sareb-
bero immaginati che fosse di Cima-
bue e anche se avessero voluto sco-
prire su internet di chi fosse non
avrebbero trovato nulla. Tant’è che
per goderselo di più lo avevano ap-
peso in cucina, nemmeno in salotto,
sopra i fornelli. Non si sa se la giova-
ne esperta Philomene Wolf, della
piccola casa d’aste Acteon, chiama-
ta a stimare il contenuto della casa,
o Eric Turquin, abbiano annusato la
piccola tavola di pioppo dipinta. Si-
curamente anni di cucina francese
devono aver dato al dipinto oltre
che una patina grassa anche un aro-
ma squisito. Particolare questo che
metterà in crisi conservatori e re-
stauratori talebani che, consideran-
do molte opere d’arte malati termi-
nali con un sistema immunitario a
pezzi, obbligano incredibili capola-
vori a lunghi periodi nel buio di ca-
veau con temperature da camera
iperbarica. Il Cimabue che vanta cir-
ca settecento anni, molti passati so-
pra il soffritto, è in perfette condizio-
ni. Ora, questa salute di ferro, chiara-
mente solleva dubbi sulla autentici-
tà dell’opera ma Turquin non ne ha
e chiaramente nemmeno chi lo ha
acquistato. A sostenerlo nella sua te-
si non sono però altri storici dell’ar-

te, o almeno non solo loro, ma i tarli,
quelli che nel corso dei secoli si so-
no fatti succulenti apericena con i
boccocini di pioppo del dipinto aro-
matizzati alla cipolla. I canali sul “Ci-
mabue al vapore” corrispondono
esattamente a quelli riscontrati nel-
le altre due piccole tavole che face-
vano parte, a detta degli esperti, del-
lo stesso polittico composto da otto
pannelli, cinque dei quali perduti.
Dei due sopravvissuti uno è alla
Frick Collection a New York e l’altro
alla National Gallery a Londra. Que-
sta incredibile storia è esattamente

l’opposto del circo costruito attorno
al Salvator Mundi, considerato più o
meno di Leonardo, sponsorizzato e
pompato come un capolavoro dai
potenti del mercato dell’arte nem-
meno fossero i muscoli del ciclista
Lance Armstrong per vincere il
Tour de France. Nel caso del Cima-
bue cautela e modestia hanno inve-
ce prevalso sull’innegabile entusia-
smo. Tuttavia, a differenza del Leo-
nardo venduto da Christie’s per
quattrocentocinquanta milioni, an-
che chi non è esperto avrebbe potu-
to intravedere, nei pochi centimetri
quadrati del Cimabue, un gioiello,
un “Salvator Unto” si potrebbe dire,
vista l’ubicazione. Se il Leonardo mi-
lionario sarebbe perfetto come pro-
tagonista di un film di James Bond,
il Cimabue è più un personaggio per
una storia del commissario Maigret.
Una vecchietta, la sua modesta cuci-
na in una piccola cittadina di perife-
ria, una giovane esperta di una pic-
cola casa d’aste e un luminare un
po’ cupo ma potente fuori dai riflet-
tori della cronaca. Un boccale di bir-
ra, una baguette con formaggio e
prosciutto davanti e il caso è risolto,
il record d’asta raggiunto senza stra-
tegie di marketing o comunicazio-
ne. Non tutti sapranno che il vero no-
me di Cimabue era Cenni di Pepo.
Chissà che nella descrizione dello
stato di conservazione dell’opera
contenuta nel catalogo d’asta qual-
cuno non abbia scritto, vista la pro-
venienza culinaria, “cenni di pepe”.

In edicola a 50 centesimi


Grossman, Erri De Luca, Gipi


Robinson c’è, tutta la settimana


di Francesco Bonami


Cultura


arte record

Follia Cimabue

dalla cucina

al caveau

Battuto all’asta per 24 milioni di euro il “Cristo deriso”, piccola tavola


del pittore duecentesco tenuta sopra i fornelli da una anziana signora


francese. Il prezzo di partenza era 4 milioni. L’acquirente è un privato


E domani
Tocca ai capolavori
di Callisto Tanzi

Domani a Milano (Centro
Svizzero, in piazza Cavour), la
Pandolfini mette all’asta
quello che ormai è conosciuto
come il tesoro di Callisto
Tanzi, bottino del crac
Parmalat. Cinquantacinque
capolavori tra cui tele di
Monet, Cezanne, Matisse, Van
Gogh, Gauguin, Balla,
Boccioni, Chagall che a dieci
anni dalla scoperta in Svizzera
verranno vendute al migliori
offerente.

Una lunga e intensa intervista di Wlodek Goldkorn a David Grossman apre
il numero di Robinson in edicola questa settimana (sempre a 50 centesimi).
Un colloquio durante il quale lo scrittore israeliano parla soprattutto del
suo rapporto con le donne e del ruolo che, queste ultime, ricoprono nella
Storia e che Grossman ha indagato soprattutto nell’ultimo romanzo L a
vita gioca con me in uscita domani per Mondadori. Ma è davvero lungo
l’elenco delle buone letture offerte dal nostro supplemento culturale. Erri
De Luca, che proprio da questo numero inizia la sua collaborazione con
Repubblica, propone un racconto della nuova generazione europea che si
affaccia alla politica. E poi un bellissimo ricordo della poetessa milanese
Alda Merini, di cui quest’anno ricorrono i dieci anni dalla morte, a firma di
Alberto Rollo che ne dipinge l’anima pop. Infine recensioni, festival,
fumetti, le tavole inedite di Gipi in attesa di Lucca Comics (di cui siamo
media partner) e, perché no?, Halloween. Da non perdere. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

kMonet La Falaise du Petit
Ailly à Varegenville va all’asta

D


kLa copertina
È dedicata a David Grossman
intervistato da Wlodek Goldkorn

pagina. 34 Lunedì, 28 ottobre 2019

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